La politica estera filo-iraniana e anti-israeliana della Germania
di Soeren Kern 11 settembre 2019
Pezzo in lingua originale inglese: Germany’s Pro-Iran, Anti-Israel Foreign Policy
Traduzioni di Angelita La Spada
La Germania, in effetti, è stata decisamente ostile a Israele negli ultimi anni. (…) La Germania continua a erogare annualmente milioni di euro a organizzazioni che promuovono il movimento anti-israeliano (per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) BDS e le campagne “legali”, l’antisionismo, l’antisemitismo e la violenza, secondo NGO Monitor.
Nel 2008, la cancelliera tedesca Angela Merkel dichiarò che la sicurezza di Israele “non è negoziabile” e, nel 2018, il ministro degli Esteri Heiko Maas disse di essere entrato in politica “a causa di Auschwitz”. In pratica, tuttavia, la Germania sembra costantemente dare priorità alle sue relazioni con i nemici di Israele.
Instex, un’iniziativa del ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, consentirebbe il commercio europeo con l’Iran nonostante le sanzioni statunitensi. Agevolerebbe un sistema di scambio con l’Iran basato sul baratto di prodotti farmaceutici e alimentari, ma Teheran ha ribadito più volte che Instex deve includere il commercio del petrolio affinché il meccanismo abbia un senso economico.
La Germania è stata decisamente ostile a Israele negli ultimi anni. Nel maggio del 2016, la Germania approvò una risoluzione delle Nazioni Unite particolarmente deplorevole che indicava Israele, in occasione dell’Assemblea annuale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), come unico violatore mondiale della “salute mentale, fisica e ambientale”. Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier si è ingraziato il regime iraniano e altri nemici di Israele. Nella foto: il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif incontra Steinmeier (all’epoca ministro degli Esteri tedesco) a Teheran, il 3 febbraio 2016. (Fonte dell’immagine: Tasnim/Wikimedia Commons)
Un alto diplomatico tedesco incaricato di guidare un sistema dell’UE che prevede una sorta di baratto che consentirebbe alle aziende europee di eludere sanzioni statunitensi all’Iran si è dimesso dopo aver rilasciato un’intervista in cui criticava l’esistenza di Israele ed elogiava il programma di sviluppo di missili balistici di Teheran.
L’episodio – l’ultimo di una serie di eventi che hanno messo a nudo il fondamento anti-israeliano della politica estera tedesca – è un’imbarazzante battuta d’arresto per il governo tedesco e complicherà i suoi sforzi per salvare l’accordo sul nucleare iraniano.
Il 71enne Bernd Erbel, ex ambasciatore tedesco in Iraq e in Iran, ha dichiarato che non assumerà la leadership di Instex, un meccanismo di pagamento per agevolare gli scambi commerciali con Teheran, dopo che il quotidiano Bild, l’8 agosto, aveva pubblicato i contenuti di una lunga intervista rilasciata da Erbel a Ken Jebsen, un giornalista radiofonico tedesco di origine iraniana che lo ha definito un “teorico della cospirazione” e un “antisemita”.
Nell’intervista di due ore e mezza, Erbel ha detto che Israele è stato fondato “a spese di un altro popolo” e ha affermato che “i palestinesi sono vittime delle nostre vittime”. Ha poi aggiunto che “se lo Stato ebraico fosse stato fondato in Prussia, allora il problema palestinese non sarebbe esistito”.
Secondo l’ex ambasciatore, lo Stato ebraico è “più che mai un corpo estraneo nella regione” e per motivi “psicologici” Israele è incapace di empatia.
Nell’intervista, Erbel ha difeso l’Iran dichiarando che “l’ultima volta che le truppe iraniane attraversarono il confine con un altro paese a fini di aggressione” fu nel XVIII secolo, quando l’Iran invase l’India. E Bild ha osservato che
“Le truppe iraniane sono in guerra in Iraq dal 2003, e dal 2011 in Siria, sostenendo i miliziani Houthi in Yemen e a Gaza, Hamas, la Jihad islamica palestinese e Harakat al-Sabireen; le Guardie rivoluzionarie insieme a Hezbollah nel sud della Siria lanciano razzi contro Israele – tutte queste azioni militari offensive da parte delle truppe iraniane all’estero non vengono menzionate da Erbel”.
L’alto diplomatico ha elogiato i successi ottenuti da Hezbollah con il sostegno di Teheran nella guerra del Libano del 2006:
“Diversi paesi arabi manifestarono un incredibile entusiasmo per il fatto che per la prima volta Israele venne davvero insidiato. Era qualcosa di molto, ma molto insolito, ma estremamente importante, a livello psicologico, vedere l’esistenza di forze che si oppongono con successo a Israele. Era qualcosa che, ad esempio, fu fonte di giubilo negli ambienti più borghesi in Egitto. Pertanto, fu una novità”.
Erbel ha inoltre difeso il programma di sviluppo di missili balistici iraniano:
“Nel 2015, c’era una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che vietava all’Iran di testare i missili balistici. Dopo l’accordo sul nucleare, questa risoluzione venne modificata e si limita a chiedere che l’Iran eviti tali test se i missili possono essere dotati di testate nucleari. La richiesta può essere o meno ottemperata, dipende dalle condizioni generali, e le condizioni per l’Iran si sono notevolmente deteriorate dalla conclusione dell’accordo sul nucleare”.
Dopo la pubblicazione dell’intervista rilasciata a Bild, un portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha dichiarato che Erbel non avrebbe assunto la leadership di Instex per “motivi personali”. Il portavoce ha aggiunto che il ministero degli Esteri “non era a conoscenza” delle interviste di Erbel e che le sue opinioni erano personali e non rappresentano la posizione del governo.
La Germania, di fatto, è stata decisamente ostile a Israele negli ultimi anni. Nel 2018, ad esempio, su 21 risoluzioni delle Nazioni Unite contro Israele, la Germania ne ha approvate 16, astenendosi per quanto concerne le altre quattro. Nel maggio 2016, la Germania approvò una risoluzione dell’ONU particolarmente deplorevole, promossa dal gruppo dei Paesi arabi e dalla delegazione palestinese, che indicava Israele, in occasione dell’Assemblea annuale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), come unico violatore mondiale della “salute mentale, fisica e ambientale”.
In effetti, gran parte dell’establishment politico tedesco sembra essere fondamentalmente anti-israeliano. Nel marzo scorso, ad esempio, il Bundestag tedesco ha respinto in modo schiacciante una risoluzione presentata dal Partito Liberale Democratico (FDP) per spingere il governo della cancelliera Angela Merkel a ribaltare i precedenti delle votazioni contro Israele alle Nazioni Unite. Con 408 voti contrari, 155 favorevoli e 65 astensioni, il parlamento federale tedesco ha bocciato l’invito del FDP rivolto al governo di “prendere esplicitamente le distanze dalle iniziative unilaterali, motivate innanzitutto politicamente e dalle alleanze dei paesi membri delle Nazioni Unite contrari a Israele e proteggere Israele e i suoi legittimi interessi dalla condanna unilaterale”.
Nel giugno scorso, il Bundestag ha respinto una risoluzione non vincolante per mettere al bando Hezbollah, l’organizzazione appoggiata dall’Iran. La risoluzione, promossa dal partito conservatore Alternativa per la Germania (Afd), è stata respinta da tutti i partiti mainstream. L’autrice della risoluzione, la parlamentare dell’AfD Beatrix von Storch, ha dichiarato:
“Hezbollah è un’organizzazione terroristica. Il governo di Berlino afferma che è necessario distinguere tra un’ala politica e legittima di Hezbollah e una terrorista. Questo non ha senso per noi né per gli elettori.
“L’obiettivo di Hezbollah è la distruzione di Israele e degli ebrei, e non dovremmo offrire loro un rifugio sicuro per nascondersi in Germania e finanziare dal nostro paese la loro lotta armata in Libano contro Israele”.
L’ala “militare” di Hezbollah è stata messa al bando in Germania nel 2013, ma alla sua ala “politica” è consentito di raccogliere fondi nel paese. Alcuni paesi, tra cui Israele, Gran Bretagna e Stati Uniti e diversi Stati arabi sunniti, non ravvisano alcuna distinzione tra l’ala militare e quella civile di Hezbollah e hanno accusato il gruppo di destabilizzare il Medio Oriente.
Si ritiene che Hezbollah abbia più di mille operativi in Germania, secondo la BfV, l’agenzia di intelligence interna tedesca. Ma la Germania non dichiarerà il movimento di Hezbollah organizzazione terroristica perché, come asserito dal funzionario del ministero degli Esteri, Niels Annen, “ci concentriamo sul dialogo”.
A febbraio scorso, in occasione del 40° anniversario della Rivoluzione islamica, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier si è congratulato, “anche a nome dei miei compatrioti”, con il regime iraniano, che cerca di distruggere Israele. La mossa, giustificata da gran parte dell’establishment tedesco come “usanza diplomatica”, ha suscitato indignazione nell’opinione pubblica tedesca.
Con l’hashtag “#non nel mio nome”, il ricercatore esperto di islamismo Ahmad Mansour ha twittato:
“Lo stesso Steinmeier non si è rifiutato di congratularsi con Trump? Perché fissa standard diversi per l’Iran? L’Iran è il campione mondiale di esportazione dell’antisemitismo, è attivamente coinvolto nell’uccisione di ebrei, di migliaia di persone in Siria, e di omosessuali nel proprio paese”.
Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale degli ebrei di Germania, ha osservato:
“Per quanto concerne il telegramma di congratulazioni del presidente tedesco per l’anniversario della rivoluzione iraniana, la diplomazia di routine sembra aver soppiantato il pensiero critico. (…) Se fosse necessario congratularsi per questo anniversario, il presidente avrebbe potuto almeno trovare parole di critica al regime”.
Steinmeier si era già ingraziato i nemici di Israele. Nel gennaio del 2006, da ministro degli Esteri tedesco, sollecitò la formazione di un governo a Gaza guidato da Hamas. Nel giugno del 2008, presiedette una conferenza a Berlino che invocava la distruzione di Israele.
Nel dicembre del 2016, Steinmeier appoggiò una risoluzione delle Nazioni Unite che invitava Israele a porre fine “immediatamente e completamente” a ogni attività concernente gli insediamenti “nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est”. La risoluzione affermava che le Nazioni Unite non avrebbero accettato “alcuna modifica” rispetto alle linee del cessate il fuoco tracciate il 4 giugno 1967, “che includono Gerusalemme”.
Nel maggio del 2017, durante la prima visita di Steinmeier nello Stato ebraico da presidente tedesco, lo statista redarguì pubblicamente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e in seguito depose una corona di fiori sulla tomba del defunto leader palestinese Yasser Arafat, acerrimo nemico di Israele.
Nel settembre del 2018, dopo mesi di tentativi, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, Richard Grenell, riuscì a fare pressione su Berlino per impedire all’Iran di prelevare 300 milioni di euro in contanti dai conti bancari in Germania per compensare l’effetto delle sanzioni statunitensi. “L’Iran è il principale Stato sponsor del terrorismo a livello globale”, ha dichiarato Grenell. “Dobbiamo essere vigili”.
Intanto, la Germania continua a erogare annualmente milioni di euro a organizzazioni che promuovono il movimento anti-israeliano (per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) BDS e le campagne “legali”, l’antisionismo, l’antisemitismo e la violenza, secondo NGO Monitor.
Nel 2008, la cancelliera tedesca Angela Merkel dichiarò che la sicurezza di Israele “non è negoziabile” e, nel 2018, il ministro degli Esteri Heiko Maas disse di essere entrato in politica “a causa di Auschwitz”. In pratica, tuttavia, la Germania sembra costantemente dare priorità alle sue relazioni con i nemici di Israele.
Instex (Strumento a sostegno degli scambi commerciali) è stato creato il 31 gennaio 2019 da Germania, Francia e Regno Unito per salvare il Piano Congiunto di Azione Globale (JCPOA), noto come accordo sul nucleare iraniano, dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo e hanno reimposto le sanzioni a Teheran. Il presidente americano Donald J. Trump, criticando l’accordo sul nucleare, ha rilevato che “in pochissimi anni, saranno in grado di costruire armi nucleari”.
Instex, un’iniziativa del ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, consentirebbe il commercio europeo con l’Iran nonostante le sanzioni statunitensi. Agevolerebbe un sistema di scambio con l’Iran basato sul baratto di prodotti farmaceutici e alimentari, ma Teheran ha ribadito più volte che Instex deve includere il commercio del petrolio affinché il meccanismo abbia un senso economico.
Sette mesi dopo la sua creazione, Instex rimane non operativo, in parte perché l’Iran non è ancora conforme agli standard giuridici internazionali per prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York.