La morte del Cristianesimo a Betlemme
di Raymond Ibrahim 15 gennaio 2023
Pezzo in lingua originale inglese: The Death of Christianity in Bethlehem
Traduzioni di Angelita La Spada
Perché la persecuzione dei cristiani a Betlemme e in altre aree geografiche controllate dall’Autorità palestinese viene denunciata così poco, se non addirittura sottovalutata? Secondo il giornalista Khaled Abu Toameh, “gli attacchi dei musulmani ai cristiani vengono spesso ignorati dalla comunità internazionale e dai media, che sembrano far sentire la propria voce solo quando riescono a trovare il modo di incolpare Israele.
Nella foto: la Chiesa della Natività, a Betlemme. (Foto di Hazem Bader/AFP via Getty Images)
Dopo aver notato che “c’è stato un significativo aumento degli attacchi di matrice religiosa da parte dei musulmani palestinesi contro i cristiani a Betlemme”, un articolo del 21 novembre riporta questi esempi:
“Poco più di due settimane fa, un uomo musulmano è stato accusato di aver molestato delle giovani donne cristiane nella Chiesa greco-ortodossa degli Antenati, a Beit Sahour, nei pressi della città di Betlemme. Poco dopo, la chiesa è stata attaccata da una grande folla di uomini palestinesi che hanno lanciato pietre contro l’edificio mentre i fedeli si nascondevano terrorizzati all’interno e molti di loro sono rimasti feriti nell’attacco.
“L’Autorità Palestinese, responsabile della sicurezza nell’area, non ha fatto nulla.
“A ottobre, uomini armati non identificati hanno sparato contro il Bethlehem Hotel di proprietà cristiana, dopo che un video postato sui social media mostrava [sul palco della sala conferenze dell’albergo] le sagome di cartone di una stella di David e di una Menorah…
“Non ci sono stati arresti in relazione alla sparatoria.
“Probabilmente lo shock più grande per la comunità è arrivato ad aprile, in seguito all’arresto del pastore evangelico palestinese Johnny Shahwan da parte delle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese con l’accusa di ‘promuovere la normalizzazione’ delle relazioni con Israele…
“A gennaio, un gruppo numeroso di uomini mascherati, armati di bastoni e sbarre di ferro ha aggredito i fratelli cristiani Daoud e Daher Nassar mentre questi erano impegnati a lavorare il loro terreno, nei pressi di Betlemme. I tribunali palestinesi si sono adoperati per confiscare la fattoria, di proprietà della famiglia fin dai tempi dell’Impero ottomano”.
Secondo il rabbino Pesach Wolicki, direttore del Center for Jewish-Christian Understanding and Cooperation, la persecuzione dei cristiani palestinesi è un problema di lunga data:
“Purtroppo, questi recenti attacchi contro le chiese non sono una novità. I cristiani vengono attaccati a Betlemme da moltissimi anni. Ci sono stati attentati dinamitardi. Le aggressioni fisiche contro i cristiani sono quasi costanti. Avvengono con regolarità, sempre da quando l’Autorità Palestinese ha assunto il potere”.
Secondo Kamal Tarazi, un cristiano fuggito nel 2007 dalla Striscia di Gaza controllata da Hamas, “nel momento in cui [Hamas] ha preso il controllo [di Gaza], ha iniziato a perseguitarci, rovinando le nostre chiese e costringendo i cristiani a convertirsi all’Islam”. Prima di fuggire, Tarazi ha cercato di resistere alla conquista islamista e ha esortato musulmani e cristiani a unirsi contro Hamas. Di conseguenza, “sono stato incarcerato diverse volte”, ha affermato Tarazi. “Sapete cos’è una prigione di Hamas? È pura tortura.”
Le cifre confermano che i cristiani che vivono sotto l’Autorità Palestinese (AP) subiscono continui maltrattamenti che i musulmani non subiscono. Nel 1947, i cristiani costituivano l’85 per cento della popolazione di Betlemme, antica roccaforte cristiana. Nel 2016, i cristiani erano soltanto il 16 per cento della popolazione.
“In una società in cui i cristiani arabi non hanno né voce né protezione, non è una sorpresa che se ne vadano”, ha osservato Justus Reid Weiner, un avvocato che conosce la regione.
“La persecuzione sistematica degli arabi cristiani che vivono nelle aree palestinesi è stata accolta con un silenzio pressoché totale da parte della comunità internazionale, degli attivisti per i diritti umani, dei media e delle ONG”.
I media internazionali non riportano mai gli episodi di persecuzione. Un arabo cristiano residente a Betlemme dietro anonimato ha rilevato che tutti i casi più recenti sopra elencati sono stati sottovalutati anche all’interno dello stesso Israele, per poi aggiungere:
“Non occorre tacere quanto accade, al fine di sensibilizzare il mondo ebraico e quello cristiano sulla situazione in atto a Betlemme. Ci sono episodi che si verificano costantemente, che si tratti di vicini in contrasto, o di persone nelle strade, o persino di organizzazioni e chiese. La maggior parte delle volte, la comunità musulmana sovrasta la minoranza, che è la comunità cristiana”.
Per quale motivo la persecuzione dei cristiani a Betlemme e in altre aree geografiche controllate dall’Autorità palestinese viene denunciata così poco, se non addirittura sottovalutata? Sicuramente non perché subiscono meno persecuzioni dei loro correligionari in tutto il mondo musulmano, dove avviene la maggior parte della persecuzione mondiale dei cristiani.
“Gli attacchi dei musulmani ai cristiani vengono spesso ignorati dalla comunità internazionale e dai media, che sembrano far sentire la propria voce solo quando riescono a trovare il modo di incolpare Israele”, ha scritto il giornalista musulmano Khaled Abu Toameh.
“Un’altra situazione preoccupante è data dal fatto che i leader della comunità cristiana in Cisgiordania sono riluttanti a ritenere responsabili degli attacchi l’Autorità Palestinese e i loro vicini musulmani. Hanno paura di ritorsioni e preferiscono attenersi alla linea ufficiale di ritenere Israele l’unico responsabile della sofferenza della minoranza cristiana.”
Open Doors, un’organizzazione per i diritti umani che monitora le persecuzioni dei cristiani, denuncia che i cristiani palestinesi subiscono un “elevato” livello di persecuzione:
“Purtroppo, chi si converte al Cristianesimo dall’Islam affronta la peggiore delle persecuzioni contro i cristiani ed è difficile per loro frequentare in sicurezza le chiese esistenti. In Cisgiordania sono minacciati e messi sotto forte pressione, a Gaza la loro situazione è così pericolosa che vivono la loro fede cristiana nella massima segretezza. (…) L’influenza dell’ideologia islamica radicale è in aumento e le chiese storiche devono essere diplomatiche nel loro approccio nei confronti dei musulmani”.
La situazione particolate dei cristiani palestinesi, i quali vivono in un’arena politicamente contesa dove “l’immagine pubblica” e le opinioni sono fondamentali, spiega altresì la mancanza di sensibilizzazione. Un articolo di Edy Cohen documenta altri casi di persecuzione dei cristiani. Tali episodi si sono verificati consecutivamente prima della pubblicazione del reportage e nessuno di essi è stato riportato dai cosiddetti “media mainstream”.
25 aprile: “I residenti terrorizzati del villaggio cristiano di Jifna, nei pressi di Ramallah (…) sono stati attaccati da uomini armati musulmani (…) dopo che una donna del villaggio ha presentato una denuncia alla polizia che il figlio di un importante leader di Fatah aveva aggredito la sua famiglia. In risposta, decine di uomini armati di Fatah si sono riversati nel villaggio, hanno sparato centinaia di colpi di arma da fuoco in aria, hanno lanciato molotov urlando imprecazioni e causato gravi danni alla proprietà pubblica. È stato un miracolo che non ci siano stati morti o feriti”.
13 maggio: “Vandali hanno fatto irruzione in una chiesa della comunità maronita nel centro di Betlemme, l’hanno profanata e hanno rubato attrezzature costose appartenenti alla chiesa, comprese le telecamere di sicurezza. (…) Questa è la sesta volta che la chiesa maronita di Betlemme ha subito atti vandalici e furti, tra cui un incendio doloso nel 2015 che ha causato ingenti danni e ha costretto l’edificio a rimanere chiuso per un lungo periodo”.
16 maggio: “[È] stata la volta della chiesa anglicana nel villaggio di Aboud, a ovest di Ramallah. I vandali hanno sfondato la recinzione, rotto le finestre della chiesa e vi hanno fatto irruzione. L’hanno profanata, cercato oggetti di valore e hanno rubato una grande quantità di attrezzature.”
Questi attacchi, avvenuti nel corso di tre settimane, calzano lo stesso modello di abusi che i cristiani subiscono abitualmente in altre regioni a maggioranza musulmana. Se la profanazione e il saccheggio delle chiese sono frequenti, lo sono anche le rivolte della folla contro le minoranze cristiane, le quali tendono ad essere trattate come dhimmi, ossia “cittadini” di seconda classe sotto il dominio islamico che dovrebbero essere grati di ricevere qualsiasi tipo di tolleranza. Quando i cristiani hanno osato difendere i loro diritti, come accaduto il 25 aprile, “i rivoltosi nel villaggio di Jifna, hanno chiesto ai residenti [cristiani] di pagare la jizya, una tassa individuale che nel corso della storia è stata imposta alle minoranze non musulmane sotto il dominio islamico. Le vittime più recenti della jizya sono state le comunità cristiane dell’Iraq e della Siria sotto il dominio dell’Isis”.
Peggio ancora, come spesso accade quando le minoranze cristiane vengono attaccate nelle nazioni a maggioranza musulmana, “nonostante le grida di aiuto dei residenti [cristiani] [a Jifna], la polizia dell’AP non è intervenuta durante le ore di caos. Non ha arrestato alcun sospetto”. Allo stesso modo, nei due attacchi alla chiesa, “nessun sospetto è stato arrestato”.
Sebbene i cristiani palestinesi subiscano lo stesso tipo di persecuzioni inflitte ai loro correligionari in altri Paesi musulmani, tra cui attacchi alle chiese, rapimenti e conversioni forzate, la persecuzione dei cristiani palestinesi “non ha ricevuto alcuna copertura nei media palestinesi. In effetti”, prosegue Cohen, “in molti casi è stato imposto un totale obbligo di silenzio”.
“L’unica cosa che interessa all’AP è che episodi di questo tipo non trapelino ai media. Fatah esercita regolarmente forti pressioni sui cristiani affinché non denuncino gli atti di violenza e di vandalismo di cui sono frequentemente vittime, in quanto tale pubblicità potrebbe danneggiare l’immagine dell’Autorità Palestinese come attore capace di proteggere la vita e la proprietà della minoranza cristiana sotto il suo governo. Men che meno l’AP vuole essere dipinta come un’entità radicale che perseguita le minoranze religiose. Tale immagine potrebbe avere ripercussioni negative per i massicci aiuti internazionali, e in particolar modo europei, che l’Autorità Palestinese riceve”.
La principale fonte di guadagno dell’AP e dei suoi sostenitori, soprattutto nei media, consiste nel ritrarre in genere i palestinesi come vittime di ingiuste aggressioni e di discriminazioni da parte di Israele. Questa narrazione sarebbe compromessa se la comunità internazionale venisse a sapere che sono i musulmani palestinesi a perseguitare i loro connazionali cristiani, esclusivamente per motivi religiosi. Potrebbe essere difficile provare simpatia per un popolo dichiaratamente oppresso quando ci si rende conto che sono essi stessi a opprimere le minoranze intorno a loro, solo per fanatismo religioso.
Poiché sono così sensibili a questa potenziale difficoltà, “i funzionari dell’AP esercitano pressioni sui cristiani locali affinché non denuncino tali episodi, che minacciano di smascherare l’Autorità Palestinese mostrandola come un altro regime mediorientale legato a un’ideologia islamica radicale”, conclude Cohen.
Anche alcuni cristiani palestinesi sono complici. Mitri Rehab, un accademico palestinese e pastore luterano che vive a Betlemme, afferma nel suo recente libro, The Politics of Persecution, che qualunque persecuzione i cristiani possano subire in Medio Oriente non ha nulla a che fare con l’Islam, ma solo con le azioni occidentali o israeliane. Nel suo tentativo di incolpare tutto il resto, offre persino una sezione nel suo libro dedicata al “cambiamento climatico [che] avrà un impatto sulla comunità cristiana”.
Infine, l’Autorità Palestinese non si limita a sopprimere le notizie di persecuzione contro i cristiani, ma pubblicizza attivamente un’immagine falsa. Nonostante il rapido calo del numero dei cristiani a Betlemme, “il fatto che l’AP continui ad assicurarsi che ci sia un sindaco cristiano a Betlemme è solo una facciata”, afferma il rabbino Wolicki.
“È una farsa utilizzata per convincere il mondo che Betlemme, culla del Cristianesimo, è ancora una città cristiana. Non lo è. È musulmana a tutti gli effetti”.
Questo Natale è importante ricordare che, a causa delle continue ma taciute persecuzioni, il Cristianesimo sta per scomparire nel luogo della sua nascita, che è Betlemme, teatro della Natività. È un silenzio che conferisce alla canzone natalizia “Silent Night”, un significato minaccioso. “La persecuzione”, afferma il report più recente, “minaccia l’esistenza della più antica comunità cristiana del mondo”.
Raymond Ibrahim, autore di , Defenders of the West: The Christian Heroes Who Stood Against Islam, is a Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute, è Shillman Fellow del David Horowitz Freedom Center e Judith Friedman Rosen Writing Fellow del Middle East Forum.