La Francia reintroduce in sordina il reato di blasfemia
di Giulio Meotti 1 marzo 2020
Pezzo in lingua originale inglese: France Quietly Reintroducing the Crime of Blasphemy
Traduzioni di Angelita La Spada
Oggi, in Francia, utilizzare la libertà di espressione per criticare l’Islam è palesemente un atto assai pericoloso, anche per chi come Mila è minorenne.
La Francia sta rapidamente passando dalla laicità alla codardia; dalla libertà di espressione alla resa incondizionata. La Francia continua a cercare di tergiversare mentre l’islamismo trae profitto dal fatto che le élites abbandonano rapidamente i valori giudaico-cristiani.
Anche le organizzazioni femministe, così pronte a denunciare la “mascolinità tossica” e le “strutture patriarcali di dominio” sono rimaste in silenzio.
Attualmente, in Francia, il Paese della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che ha sempre santificato la libertà di espressione e il diritto di criticare la religione e le ideologie, qualcuno in seno al sistema giudiziario (…) sta reintroducendo in sordina e di fatto il reato di blasfemia.
Attualmente, in Francia, il Paese che ha sempre santificato la libertà di espressione e il diritto di criticare la religione e le ideologie, qualcuno in seno al sistema giudiziario sta reintroducendo in sordina e di fatto il reato di blasfemia. (Fonte dell’immagine: iStock. L’immagine è al solo scopo illustrativo e non ritrae alcuna persona menzionata nell’articolo.)
La Francia aveva appena ricordato il quinto anniversario del massacro al settimanale satirico Charlie Hebdo quando è piombata in un caso simile. Il 18 gennaio, Mila O., una sedicenne francese, ha espresso commenti offensivi sull’Islam in un video in diretta su Instagram.
“Durante la diretta streaming, un ragazzo musulmano le chiede un appuntamento che lei rifiuta di dargli dicendo di essere gay. Il giovane risponde accusandola di razzismo e definendola una ‘sporca lesbica’. In un altro video in streaming, successivo agli insulti ricevuti, Mila replica con veemenza asserendo che “odia la religione”.
E la ragazza dice tra l’altro:
“Conosci la libertà di espressione? Non ho esitato a dire quello che pensavo. Detesto la religione. Il Corano è una religione di odio. Non c’è altro che odio in esso. Questo è ciò che penso. Dico quello che penso (…) l’Islam è m*rda. (…) Non sono affatto razzista. Non si può essere razzista nei confronti di una religione. (…) Dico quello che voglio, dico quello che penso. La vostra religione è una m*rda. Il vostro Dio, gli metto un dito nel c*lo….”
Quello che l’adolescente ha detto potrebbe essere considerato un po’ gretto, ma ha diritto a dirlo? D’altronde, gli ebrei vengono definiti discendenti di scimmie e maiali senza che la “polizia del linguaggio” abbia un infarto.
A seguito delle sue dichiarazioni, Mila è stata presa di mira sui social network, dove il video è stato ampiamente condiviso; ha ricevuto numerose minacce di morte e la sua identità personale, l’indirizzo di casa e il nome della scuola che frequenta sono stati resi pubblici. La ragazza è stata costretta a lasciare la scuola per la propria incolumità.
Ora sotto scorta della polizia, Mila corre un pericolo talmente grave che nessuna scuola francese potrebbe al momento accoglierla. “Non posso mettere piede nel mio liceo e non posso nemmeno cambiare scuola perché tutta la Francia vuole la mia pelle”, ha detto. Per non aver compreso ciò che è chiaro a tutti – ossia che l’Islam è una “religione di pace” – questa ragazzina è minacciata di morte, di stupro e di essere sgozzata.
“Siamo in Francia o in Pakistan?” ha chiesto l’intellettuale francese Jacques Julliard. Benvenuti nella Francia del 2020, dove le riviste pubblicano titoli come “Mila, 16 anni, minacciata di morte per aver criticato l’Islam”. L’islamismo è dilagante tra i musulmani francesi. E dal momento che la Francia non lo combatte, la sua presa sul Paese non può che rafforzarsi.
“Andiamo al punto: l’intellighenzia progressista vuole credere nella vita multiculturale, anche quando la realtà la nega e rivela una società in cui la diversità si traduce in frammentazione sociale e identitaria”, ha scritto il filosofo francese Mathieu Bock-Côté. Quando il multiculturalismo si trasforma in minacce alla libertà di espressione, i multiculturalisti si schierano pericolosamente dalla parte degli islamisti. Il caso Mila rappresenta tutte le crepe esistenti nella disintegrazione della società francese. Secondo la giornalista francese Dominique Nora:
“Alcune settimane dopo la commemorazione del massacro nella redazione di Charlie Hebdo, ‘l’affaire Mila’ mostra l’inquietante asimmetria che regna in Francia riguardo alla libertà di espressione, o più precisamente riguardo alla blasfemia”.
La storia di Mila avrebbe potuto esaurirsi nelle minacce di morte – come le minacce di morte contro Salman Rushdie sarebbero potute finire 31 anni fa – se tutte le autorità statali si fossero subito precipitate a sostenerla, e se la Francia come società avesse condannato all’unisono la barbara aggressione contro la studentessa. È successo il contrario. Evitare “la stigmatizzazione dei musulmani” è diventata la scusa ufficiale utilizzata dai politici per giustificare l’abbandono delle vittime di violente minacce islamiste, come nella vicenda della giovane.
Sono stati aperti ben due fascicoli, uno per le minacce di morte ricevute da Mila e l’altro contro la ragazzina per “incitamento all’odio razziale” (e successivamente archiviato). La polemica si è intensificata quando il delegato generale del Consiglio francese del culto musulmano, Abdallah Zekri, ha affermato che la sedicenne “se l’è cercata”: “Deve subire le conseguenze di ciò che ha detto. Chi semina vento raccoglie tempesta”. Gli islamisti testano quotidianamente la resilienza delle nostre società democratiche.
La querelle su Mila ha assunto una nuova dimensione quando il ministro della Giustizia Nicole Belloubet, dopo aver dapprima condannato le minacce di morte ricevute dalla ragazzina, ha dichiarato: “Insultare la religione è ovviamente un attacco alla libertà di coscienza, è grave”. Sfortunatamente per la Belloubet, ma fortunatamente per la Francia, questo non è (ancora) un crimine. La titolare del ministero francese della Giustizia ha ammesso in seguito il suo “errore”. Tuttavia, il danno è stato immenso. Ségolène Royal, ex ministro e candidata alle presidenziali, ci ha messo del suo asserendo che Mila ha mancato di “rispetto”.
“No, lei non è Mila, signora Ségolène Royal. Non ha coraggio”, le risponde con un tweet il filosofo Raphaël Enthoven. Martine Aubry, il sindaco socialista di Lille ha chiesto alla studentessa di “esercitare moderazione ed evitare questo tipo di discorsi, anche se le minacce sono inaccettabili”. La Francia sta rapidamente passando dalla laicità alla codardia; dalla libertà di espressione alla resa incondizionata. La Francia continua a cercare di tergiversare mentre l’islamismo trae profitto dal fatto che le élites abbandonano rapidamente i valori giudaico-cristiani.
C’è anche stato qualcuno, come lo storico delle religioni, Odon Vallet, che ha definito Mila “responsabile” di futuri attacchi terroristici.
Un ex vignettista di Charlie Hebdo, Delfeil de Ton, dopo il massacro dei suoi colleghi nel 2015, ha vergognosamente accusato Stéphane Charbonnier, il defunto direttore di Charlie, di aver “portato” alla morte la sua redazione con la satira su Maometto.
Il caso Mila ricorda quello del filosofo francese Robert Redeker, che nel 2006 pubblicò su Le Figaro un articolo molto critico sull’Islam. A causa di ciò, Redeker, che insegnava in una scuola pubblica secondaria di Toulouse, iniziò a ricevere minacce di morte per telefono, via e-mail e tramite al-Hesbah, un forum protetto da password legato ad al-Qaeda. “Non posso lavorare, non posso muovermi liberamente e sono costretto a nascondermi”, ha dichiarato il filosofo da un luogo segreto. “Quindi, in qualche modo gli islamisti sono riusciti a punirmi sul territorio della repubblica come se io fossi colpevole di un reato di opinione”. Quella era la “fatwa nel Paese di Voltaire”.
Quindici anni dopo, l’affaire Mila mostra come gli islamisti abbiano avuto davvero successo.
A difesa della ragazza, si sono comunque levate alcune voci coraggiose. In un articolo apparso sul Journal du Dimanche, l’ex avvocato di Charlie Hebdo lawyer Richard Malka ha scritto: “Il caso di Mila o il trionfo della paura”.
“Non c’è reazione da parte dei ministri e delle principali associazioni femministe o lgbt, delle artiste e delle ‘progressiste’. Girate la testa, fischiettate, guardate le vostre scarpe prima di scegliere indignazioni alla moda che sposerete con tanto più ardore purché non vi espongono ad alcun rischio”.
Malka ha inoltre scritto che “nessuna associazione per i diritti umani protesta o esprime solidarietà alla ragazza la cui vita è precipitata nella clandestinità”. Anche le organizzazioni femministe, così pronte a denunciare la “mascolinità tossica” e le “strutture patriarcali di dominio” sono rimaste in silenzio.
Oggi, ci sono molti Paesi in cui le persone vengono uccise per aver osato criticare l’Islam. Nella Repubblica islamica del Pakistan, un Paese che punisce con la morte la blasfemia, i giudici hanno condannato alla pena capitale e poi assolto Asia Bibi per questo “crimine”. Attualmente, in Francia, il Paese della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che ha sempre santificato la libertà di espressione e il diritto di criticare la religione e le ideologie, qualcuno in seno al sistema giudiziario – in nome di un antirazzismo militante e maldestro – sta reintroducendo in sordina e di fatto il reato di blasfemia. “L’affaire Mila: si pretende di creare un reato di blasfemia nel diritto francese?” chiede un appello pubblicato da Le Figaro.
Oggigiorno, in Francia, utilizzare la libertà di espressione per criticare l’Islam è palesemente un atto assai pericoloso, anche per chi come questa liceale è minorenne. Chi si dissocia da Mila indossa maschere di sottomissione.
Franz-Olivier Giesbert, influente commentatore ed ex direttore di Le Figaro, ha accusato il ministro della Giustizia Belloubet di placare gli islamisti e ha paragonato le sue azioni a quelle del regime di Vichy che collaborava con Hitler. “La Francia è ancora la Francia?” chiede Giesbert in un editoriale scritto per il news-magazine Le Point.
“A volte ci si meraviglia. Nelle repubbliche islamiche come il Pakistan o l’Iran [i commenti della Belloubet] sarebbero normali. Ma non sono normali in Francia, il Paese dell’Illuminismo dove c’è un diritto alla blasfemia”.
Se si contano tutti i giornalisti, i vignettisti e gli scrittori francesi che sono attualmente sotto protezione della polizia per aver criticato l’Islam, allora, sì, la Francia si sta trasformando nel nuovo Pakistan, . Éric Zemmour, autore di Le Suicide Français, ovunque vada è seguito da due poliziotti; “Riss”, il direttore di Charlie Hebdo, e i vignettisti superstiti vivono sotto scorta della polizia, così come Philippe Val, ex direttore di Charlie, che ha deciso di pubblicare nel 2006 le vignette su Maometto. La giornalista Zineb Rhazoui è sempre accompagnata da sei poliziotti. Già nel 2002, due noti scrittori, Oriana Fallaci e Michel Houellebecq, erano finiti alla sbarra.
Cinque intellettuali francesi di punta – Elisabeth Badinter, Elisabeth de Fontenay, Marcel Gauchet, Jacques Julliard e Jean-Pierre Le Goff – hanno pubblicato su L’Express un appello pro-Mila, lamentando “la vigliaccheria della giustizia e della politica sui temi della libertà di espressione quando riguardano l’Islam. Pagheremo cara questa codardia”.
Dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo, Papa Francesco ha detto: “Se qualcuno insulta mia madre si aspetti un pugno”, e ha dato la colpa ai vignettisti del loro stesso omicidio. Gli islamisti stanno vincendo la battaglia ideologica e noi ci comportiamo da codardi. La sedicenne Mila deve essere uccisa perché riceva solidarietà in modo che i vigliacchi possano gridare: “Je suis Mila” giusto per ventiquattr’ore?
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.