La costrizione
È tutta questione di… libertà.
Gli esseri umani hanno sviluppato la capacità di obbligare altri esseri umani ad agire contro la loro volontà o comunque non spontaneamente. Questo obbligo è una costrizione e può avvenire attraverso la minaccia, l’intimidazione, la pressione etico-morale oppure la violenza.
Esiste un codice della strada che, come qualsiasi corpus legis, agisce con la minaccia di una punizione rispetto ad un divieto. La presenza di leggi che devono essere rispettate esprime proprio questo tipo di coercizione che si definisce sistemica, perché fa parte delle regole che caratterizzano un sistema sociale nel suo complesso e si strutturano nel modus vivendi di ogni cultura.
Alcune volte, la ricompensa (di cui abbiamo trattato in un precedente articolo) e la coercizione sono due facce della stessa medaglia.
Per esempio, gli studenti si devono impegnare a fondo, anche quando il farlo costa loro fatica, perché sanno come sia possibile trovare un buon impiego, con tutti i benefici che vi si accompagnano, se riescono a laurearsi. Gli stessi studenti sanno anche che i voti scadenti possono pregiudicare il valore di una laurea e le prospettive di impiego. In questo ultimo caso siamo di fronte a una coercizione che possiamo definire implicita.
In alcuni casi sociali, la coercizione può essere alquanto sinistra, poiché implica minacce al sostentamento, alla libertà oppure all’integrità fisica delle persone.
Nelle culture repressive, coloro che non si piegano al volere dell’autorità possono perdere il lavoro, mentre coloro che vi si conformano avranno carriere sfolgoranti e remunerative. Quasi tutte le società autoritarie prevedono l’esercizio di un potere basato sulla coercizione, perché imprigionano, malmenano o uccidono chi si rifiuta di accettare le regole imposte.
La storia della nostra specie dimostra, comunque, che l’esercizio per un tempo eccessivamente lungo di una forza coercitiva è decisamente costoso e può suscitare reazioni, nella popolazione, di dura opposizione. Per questo motivo, l’esercizio della coercizione è spesso alternato con manifestazioni di apparente libertà, lasciata a coloro che restano comunque dominati da un potere autoritario.
A lungo andare, questo tipo di alternanza insinua, nel pensiero delle persone che subiscono la coercizione, l’idea di poter mantenere per un tempo ragionevolmente più lungo la possibilità di scegliere, senza sottostare all’esercizio di un potere indiscriminato. Ecco perché, è sempre meglio che i cittadini abbiano un discreto controllo del proprio comportamento, se vogliamo che una qualsiasi società possa mantenersi in vita e progredire.
Alessandro Bertirotti
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).