La Cina: Acquisire l’Europa
di Judith Bergman
1 febbraio 2022
Pezzo in lingua originale inglese: China: Buying Up Europe
Traduzioni di Angelita La Spada
Secondo Datenna [una società olandese che monitora gli investimenti cinesi in Europa], tra il 2010 e il 2020, uno sbalorditivo 40 per cento dei 650 investimenti cinesi realizzati in Europa sono stati effettuati da imprese o società “controllate dallo Stato totalmente o parzialmente , in maniera diretta o indiretta”.
Quando il presidente della Commissione per gli Affari esteri del Parlamento britannico, Tom Tugendhat, ha scritto che la proprietà cinese della fabbrica inglese di microchip, Newport Wafer Fab, “è fonte di grande preoccupazione economica e per la sicurezza nazionale”, il segretario agli Affari del Regno Unito Kwasi Kwarteng ha risposto che l’accordo era stato “esaminato approfonditamente”. Solo dopo notevoli pressioni il primo ministro britannico Boris Johnson ha accettato una revisione della sicurezza nazionale della vendita.
La Corte dei Conti europea, un’istituzione dell’Unione Europea che controlla le finanze dell’UE, ha riscontrato che ottenere un quadro degli investimenti cinesi nell’UE è difficile a causa della mancanza di dati completi perché pare che nessuno li registri.
Anche i sistemi capaci di bloccare gli investimenti esteri a causa di questioni di sicurezza nazionale sembrano mancare o semplicemente non vengono utilizzati a sufficienza.
I “meccanismi di filtraggio più rigorosi” chiaramente non fermano la Cina.
Ciò che sembra essere urgente ora in Europa è una comprensione più profonda della minaccia rappresentata dalla Cina, nonché la volontà politica di agire di conseguenza. È assolutamente necessaria un’azione per bloccare gli investimenti che servono su un piatto d’argento le risorse strategiche dell’Europa alle imprese statali cinesi, che il Partito Comunista cinese poi utilizza per portare avanti i propri fini espansionistici.
Da più di un decennio, la Cina acquista di nascosto società europee in settori strategici, in particolare quello tecnologico ed energetico. La Cina sembra utilizzare queste risorse europee per contribuire a realizzare le ambizioni del Partito Comunista cinese (PCC) di diventare una forza mondiale, tecnologicamente indipendente dall’Occidente e, alla fine capace di soppiantare gli Stati Uniti come superpotenza economica, politica e militare mondiale.
La Cina ha insabbiato i suoi acquisti europei spacciandoli per investimenti ufficialmente commerciali. Secondo Datenna, una società olandese che monitora gli investimenti cinesi in Europa, Pechino ha celato le imprese statali coinvolte negli investimenti dietro “livelli di proprietà, complesse strutture azionarie e operazioni eseguite tramite filiali europee”. Sempre secondo Datenna, tra il 2010 e il 2020, uno sbalorditivo 40 per cento dei 650 investimenti cinesi realizzati in Europa sono stati effettuati da imprese o società “controllate dallo Stato totalmente o parzialmente , in maniera diretta o indiretta, incluse alcune che operano in tecnologie avanzate”.
Quando, ad esempio, i cinesi hanno rilevato l’azienda italiana produttrice di droni Alpi Aviation, l’Aeronautica Militare aveva già mostrato l’importanza strategica dei droni della Alpi, utilizzandoli in Afghanistan. Nel 2018, una società registrata a Hong Kong, la Mars Technolog, acquistò il 75 per cento del capitale della Alpi Aviation. Le autorità italiane non erano al corrente della vendita e lo scoprirono solo nel 2021, aprendo in seguito un’inchiesta a riguardo, per poi riscontrare che la Mars Technology era solo una società di comodo che poteva essere ricondotta a due società statali cinesi. Una di esse era la China Railway Rolling Stock Corp, il più grande fornitore mondiale di attrezzature per il trasporto ferroviario. Lo scopo dell’acquisizione, a quanto pare, era l’appropriazione da parte dello Stato cinese della tecnologia dei droni di Alpi, tecnologia che subito dopo la vendita i cinesi hanno iniziato a trasferire in Cina. “È un caso da manuale”, ha affermato Jaap van Etten, amministratore delegato di Datenna. “Questa è la strategia dello Stato cinese, spinta dal governo cinese”.
Più di recente, i cinesi hanno rilevato Newport Wafer Fab, il più grande produttore britannico di semiconduttori, noti anche come microchip, essenziali nel settore dell’elettronica, dalla produzione degli smartphone alle armi high-tech. Nel luglio 2021, Nexperia, ufficialmente una società olandese, ha acquistato Newport Wafer Fab. La Nexperia, invece, è di proprietà di Wingtech Technology, una società cinese che ha stretti legami con lo Stato cinese. Secondo Datenna, il 30 per cento di Wingtech Technology appartiene ad enti governativi cinesi. Ciononostante, il governo britannico non sembrava aver compreso la minaccia. La vendita è andata avanti, malgrado le proteste del segretario agli affari del Regno Unito Kwasi Kwarteng. Quando il presidente della Commissione per gli Affari esteri del Parlamento britannico, Tom Tugendhat, ha scritto che la proprietà cinese dell’impianto di microchip britannico “è fonte di grande preoccupazione economica e per la sicurezza nazionale”, Kwarteng ha risposto che l’accordo era stato “esaminato approfonditamente”. Solo dopo notevoli pressioni il primo ministro britannico Boris Johnson ha accettato una revisione della sicurezza nazionale della vendita.
La Corte dei Conti europea, un’istituzione dell’Unione Europea che controlla le finanze dell’UE, ha riscontrato che ottenere un quadro degli investimenti cinesi nell’UE è difficile a causa della mancanza di dati completi perché pare che nessuno li registri.
Anche i sistemi capaci di bloccare gli investimenti esteri a causa di questioni di sicurezza nazionale sembrano mancare o semplicemente non vengono utilizzati a sufficienza. Solo 18 Paesi europei – tra cui Germania, Francia e Spagna – hanno introdotto o aggiornato i meccanismi nazionali di filtraggio degli investimenti esteri, ma a quanto pare non sempre vengono utilizzati. Dal 2012, ad esempio, l’Italia ha utilizzato i suoi meccanismi soltanto quattro volte, due delle quali negli ultimi nove mesi.
Secondo Datenna, il meccanismo di filtraggio degli investimenti esteri della Spagna è “uno dei più rigidi in Europa”. Nonostante questo, la Cina ha cercato lo stesso di prendere piede nel settore energetico e nucleare spagnolo.
Nel 2020, due società spagnole, l’Empresarios Agrupados e la Ghesa, che progettano e costruiscono centrali nucleari, sono state rilevate dalla China Energy Construction Group Planning and Design. Quella società, guarda caso, è strettamente collegata, tramite la sua società madre, China Energy Engineering Group, alla Commissione per la Supervisione e l’Amministrazione dei beni dello Stato cinese (SASAC), un’entità del governo cinese. La SASAC possiede quasi il 100 per cento delle azioni della China Energy Engineering Group, la società madre dell’acquirente cinese delle due società spagnole di progettazione nucleare. Secondo quanto riferito, si è trattata di una delle più grandi acquisizioni cinesi di sempre di società di infrastrutture spagnole. Inoltre, sempre nel 2020, la Reuters ha riferito che il colosso statale cinese dell’energia e delle infrastrutture, China Three Gorges, aveva accettato di acquistare 13 impianti solari spagnoli.
I “meccanismi di filtraggio più rigorosi” chiaramente non fermano la Cina.
Ciò che sembra essere urgente ora in Europa è una comprensione più profonda della minaccia rappresentata dalla Cina, nonché la volontà politica di agire di conseguenza. È assolutamente necessaria un’azione per bloccare gli investimenti che servono su un piatto d’argento le risorse strategiche dell’Europa alle imprese statali cinesi, che il Partito Comunista cinese poi utilizza per portare avanti i propri fini espansionistici.
Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica. È Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute.