Il tempo delle verità
È tutta questione di… verità.
Penso cominci a farsi chiarezza nella mente dei cittadini italiani circa i livelli ai quali è giunta la politica partitica italiana (forse, è sempre stata così… ma ora appare in tutta la sua ineludibile miseria). E tutto questo grazie a Sergio Mattarella e Mario Draghi, i quali stanno lavorando assieme, e molto più di quello che può sembrare.
Le persone intellettualmente serie, ossia quelle che possiamo definire capaci di interpretare cognitivamente l’esistenza umana (anche con riflessioni antitetiche, ma pur sempre frutto di ragionamenti aristotelici), comprendono ora quanto marketing elettorale caratterizzi le dichiarazioni politiche dei rappresentanti parlamentari. Dicono ciò che all’occorrenza serve loro per rastrellare (utilizzo questo verbo con cognizione di causa…) il maggior numero di elettori creduloni. A loro, gli attuali politici e leader di partito, sostanzialmente, non interessa nulla di quello che dicono; nemmeno di passare alla storia come persone degne di essere ricordate, proprio perché non fanno uso della memoria, se non quando verificano il saldo del proprio conto corrente.
Andiamo quasi per ordine.
Il Movimento Cinque Stalle e il Partito para-Democratico (quest’ultimo acefalo e senza progetti futuribili per la Nazione) hanno un nuovo federatore, che si è presentato, senza grembiule, con un banchetto in Piazza Colonna, per vendere pesce marcio; la Lega, che gioca alla presentazione di ruoli europeisti (con Giorgetti, Zaia e forse Maroni) ed antieuropeisti estremi (Salvini e Borghezio) si sta rifacendo un look assai vicino alla vecchia Democrazia Cristiana, senza averne ovviamente lo spessore intellettuale; Forza Italia, con il senso della sopravvivenza mutuato dal loro fondatore Silvio Berlusconi, accetta qualsiasi cosa pur di sopravvivere a favore dei propri affari, legittimi o meno; Fratelli d’Italia, poiché deve far finta di essere coerente con un’idea stantia, inutile e desueta di patria, avrà forse un futuro europeo, in nome del ruolo internazionale che sta assumendo Giorgia Meloni; Italia Viva cercherà di prendersi più voti possibili, con qualche accordo internazionale che garantisca la sopravvivenza economico-finanziaria alla sua élite, che continua, invece, a vendere fumo politico, senza dichiarare di fare il lavoro sporco che gli altri non si sentono di portare avanti, come quello di fare cadere i governi.
Ecco, questa è la mia visione. Certo, condivisibile o meno. Porta, comunque, ad una ulteriore e finale considerazione: non penso sia utile andare a votare, mentre potrebbe essere, secondo le leggi statistiche dei grandi numeri, interessante ed innovativo proporre una Lotteria Nazionale, abbinata alla Befana oppure al Festival di Sanremo (facce diverse della stessa medaglia folclorica italiana), che mandi individui qualsiasi in Parlamento.
Sono sicuro che saremmo governati da una sorte migliore di quella che ci impongono con l’idea che esista una democrazia in cui è sovrano il popolo.
Ma, sovrano di cosa? Della demenza e del marketing elettorale in malafede?
No, grazie.
Preferisco una lotteria.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).