𝐈𝐥 𝐫𝐞𝐯𝐢𝐯𝐚𝐥 𝐝𝐢 𝐝𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐞 𝐬𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚
C’era un sacco di gente, al cinema Farnese in Roma e anche fuori, domenica scorsa, per ascoltare un revival d’altri tempi: un confronto civile tra destra e sinistra, animato da Marco Revelli e da me, in un ciclo d’incontri organizzato da Domenico De Masi e Giacomo Marramao per la Scuola de Il Fatto, moderato da Luca Sommi.
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Il revival di destra e sinistra
di Marcello Veneziani
Pubblicato il 07 Marzo 2023
C’era un sacco di gente, al cinema Farnese in Roma e anche fuori, domenica scorsa, per ascoltare un revival d’altri tempi: un confronto civile tra destra e sinistra, animato da Marco Revelli e da me, in un ciclo d’incontri organizzato da Domenico De Masi e Giacomo Marramao per la scuola de Il Fatto, moderato da Luca Sommi.
L’arrivo di Elly Schlein alla guida del Pd ha galvanizzato i poli, accentuando le differenze tra sinistra e destra. La piazza si mobilita, il conflitto si radicalizza; ma la beffa è che se oggi il Pd fosse al governo seguirebbe la stessa linea seguita dalla Meloni, segnata da Draghi, le direttive europee, la Nato e la guerra. Tanto odio di piazza per poi allinearsi al Potere.
Esiste, però, un diffuso modo di pensare di destra e uno di sinistra. Anzi, ci sono almeno due destre e due sinistre: una destra e una sinistra liberali, individualiste ed euro-atlantiste e una destra e una sinistra sociali, comunitarie (o solidariste) e critiche verso il modello capitalista-americano. Pur con queste divaricazioni interne, tentiamo la sintesi su due grandi linee contrapposte, con qualche semplificazione inevitabile.
Per cominciare, la destra valorizza il principio di prossimità, la sinistra valorizza il principio di universalità (o globalità): la destra assegna importanza ai legami di vicinanza – famigliari, territoriali e nazionali – e ai confini; la sinistra invece punta su una solidarietà globale in chiave internazionalista, oltre i confini.
La destra è conservatrice, per la continuità, le eredità, la tradizione e il comune sentire, consolidato dall’esperienza e imperniato sulla natura, la realtà, la storia e la difesa della civiltà. La destra è albero, con le sue radici; la sinistra è rizoma, struttura aperta e fluida, non radicata.
La sinistra punta all’emancipazione individuale di massa, alla liberazione dai legami, è progressista, e il suo riferimento storico è ravvicinato (la Liberazione, la Costituzione). Se sul piano spaziale la destra predilige la vicinanza e la sinistra la lontananza, sul piano storico si invertono le parti: la destra si radica nel lontano (la Tradizione, la Civiltà), la sinistra nel vicino (l’Italia nata dalla Resistenza).
L’antifascismo è stato un tema discriminante per la sinistra ma con gli anni si è trasformato da rivendicazione storica e fondativa in mobilitazione permanente contro l’Ur fascismus, il fascismo elevato a categoria eterna e assoluta del male. L’antifascismo ha così sostituito l’anticapitalismo: il nemico non è più il capitalista ma il fascista (che non esiste).
Viceversa il tema discriminante della destra fu l’anticomunismo o, l’anti-totalitarismo giacobino. Del comunismo sopravvive nella sinistra la pretesa di abolire la realtà, negare la natura, cancellare la storia, rimuovere la tradizione in una ideologia correttiva della realtà (il politically correct).
Sui temi dell’uguaglianza, del lavoro e della difesa dei più deboli, è avvenuto un testacoda, uno scambio di ruoli: la destra, pur provenendo da una visione elitaria, ha oggi una più spiccata vocazione sociale, popolare e rappresenta le periferie disagiate. La sinistra, pur provenendo da una storia di lotte per l’uguaglianza, in difesa dei ceti proletari e operai, si radica ora nei ceti benestanti, nell’impiego pubblico, nella scuola, nei centri storici.
Invece sul piano dei valori vale la contrapposizione canonica perché l’orizzonte di principi della destra è la salvaguardia del senso religioso, famigliare e nazionale (tradotto nel mazziniano trinomio di Dio, patria e famiglia). La sinistra, invece, nel nome dell’accoglienza dei migranti e della solidarietà alle minoranze svantaggiate, ripropone il tema dei diritti e dell’inclusione.
Un’altra linea di sensibile contrapposizione è sui temi della biopolitica, la vita, la nascita, la morte. La destra è realista e difende l’uomo qual è sempre stato, in natura, con i suoi limiti naturali; la sinistra difende il diritto di mutare il destino: l’individuo è ciò che desidera essere. La destra teme l’horror vacui, cioè il vuoto e l’ignoto; la sinistra persegue il cupio dissolvi, vuole sciogliere i legami. La sinistra è liquida, o fluida, la destra è solida, cioè identitaria; ma oggi rischiano di diventare ambedue gassose.
La destra preferisce parlare di persone anziché di individui: la persona è un individuo con un volto, una storia, una provenienza, un’anima, un’identità e una comunità. La sinistra si batte invece per i diritti individuali in una prospettiva solidale e globale.
La radicalizzazione delle idee può giovare alla politica e alla cultura, a patto che non si radicalizzi l’odio e la pretesa di cancellare l’avversario o costringerlo nei propri canoni. Come invece, purtroppo avviene.
Un patto tra destra e sinistra sarebbe auspicabile se non fosse la convergenza verso il centro moderato, indebolendo le differenze, fino a confluire entrambe nel liberal-liberismo globale; semmai riconoscendo le differenze e rispettandole reciprocamente. L’avversario non va delegittimato o demonizzato, ma riconosciuto nella sua alterità. C’è un campo di idee della destra e uno della sinistra, e non vanno negati riducendo le idee altrui a loschi interessi e disegni eversivi. Rappresentano legittimamente due modi antagonisti di pensare.
Ci sono pure idee che appartengono ad ambo i versanti, ma declinate diversamente o con diversa priorità; e ci sono questioni pratiche da affidare al buon senso e alla efficacia delle soluzioni.
C’è invece un punto in cui sarebbe auspicabile un fronte comune tra destra e sinistra: nel rivendicare il primato della politica a governare i cambiamenti, rappresentando gli interessi generali, le idee, le passioni civili, anziché subordinare e neutralizzare la politica a vantaggio dell’economia, la finanza, la tecnocrazia, e gli interessi privati. A entrambe tocca il compito di fronteggiare la deriva atomista, economicista, narcisista del nostro tempo, riprendendo motivi pubblici e comunitari.
Infine, ultima mozione: va accantonata la pretesa di essere i migliori e di rappresentare il bene e il giusto. Sappia la sinistra quel che pensa la destra, e viceversa. Conoscersi è riconoscersi, e dunque accettarsi, sfidarsi e rispettarsi. Sarà mai possibile?
La Verità – 7 marzo 2023