Il nuovo oracolo
È tutta questione di… bellezza.
Il grande Socrate, assieme all’oracolo di Apollo, a Delfi, sono espressioni della grandiosità intellettuale ed esistenziale dell’antica Grecia.
Entrambi si concentrano su quel tipo di ragionamento umano che può avere concrete conseguenze nella vita quotidiana, e che entra a far parte della speculazione filosofica antica. Nelle loro indicazioni si scopre, forse, la presenza del primo metodo di vita (occidentale) che viene consigliato all’umanità, se vuole progredire nel terreno della conoscenza e del miglioramento.
L’iscrizione “Conosci te stesso” del Tempio di Delfi è alla base della moderna neuroscienza, come se non ci fossimo tanto discostati da questo proponimento e fosse valido, con una strumentazione più raffinata e tecnologica, continuare ad affermare la stessa identica esigenza.
Ci deve essere qualche cosa che allora non funziona, altrimenti avremmo, a quest’ora, trovato una concreta soluzione di fronte al mistero della nostra esistenza! Eppure, ora come anticamente, sembra che l’umanità, apparentemente concentrata in una progressiva analisi dettagliata dei propri comportamenti, non abbia di se stessa conosciuto un granché.
Omicidi di massa, embarghi, corruzione dilagante, menefreghismo generale, morti quotidiane di fame e di abbandono, perversioni sessuali rivolte a rovinare definitivamente le nuove generazioni, abbandoni di massa, e così via. Potrei non fermarmi e continuare a lungo ad annoverare i misfatti da noi commessi, l’unica specie sulla terra che, pur disponendo di una coscienza, con un’assenza quasi costante e continua, rivela distacco e non volontà di interazione con certi aspetti di degrado della nostra società.
Mi sembra legittimo chiedersene le ragioni, specialmente dal mio punto di vista, ossia quello antropologico e mentale assieme. Non è facile rispondere ad un quesito di questa portata e non voglio nemmeno arrogarmi la pretesa di trovare una risposta univoca alla domanda. Anzi, cercherò in poche parole di applicare la possibile risposta alla cultura occidentale, appunto quella di derivazione classica.
Penso che Socrate, nelle parole di Platone, e l’oracolo di Apollo abbiano sbagliato nella sostanza. Forse, a quell’epoca, in nome della necessità di sviluppare una coscienza collettiva e personale legata alle grandi domande dell’umanità, l’imperativo di conoscere se stessi fosse fondamentale. Nel senso che andava a porre le fondamenta del pensiero successivo. Però, continuare a credere, come fa qualche psicoterapeuta o qualche sociologo, che per migliorare il nostro stile di vita sia necessario concentrarsi sulla conoscenza di se stessi ritengo sia fuorviante e persino dannoso.
Ecco perché, secondo me, non siamo davvero migliorati nella sostanza, rispetto ai nostri antenati. Perché continuiamo a pensare ancora troppo al nostro personale inferno, ad inferas, mentre non riusciamo minimamente a pensare all’inferno degli altri.
Penso, e con sempre maggiore forza, anche grazie ai viaggi che ho compiuto in giro per l’Italia e il mondo, e che mi hanno permesso di conoscere molte normalità e anormalità, che come per Damasio esiste un Errore di Cartesio, per me esiste un Errore di Socrate.
Dobbiamo smettere di credere che sia necessario studiare la nostra mente, come se questa fosse il risultato dei nostri pensieri, e uno studio di questo tipo potesse rivelarci i processi del nostro ragionare. In fondo, anche Socrate, con l’arte della maiuetica, nel momento in cui l’applicava ai suoi discepoli, riusciva a studiare se stesso considerando la propria vita nello specchio rappresentato dagli altri.
Il nuovo oracolo mondiale, situato in un altro sistema solare, oppure nel Sole, che illumina tutti, dovrebbe dunque essere: conosci gli altri e conoscerai te stesso!
Ma come posso fare a realizzare questa probabilità?
Rispondo con Paul Feyerabend, dal suo Dialogo sul metodo: “E che ne dici della necessità di scoprire la verità? Ci fa dimenticare che una vita senza mistero è arida e che certe cose, per esempio i nostri amici, andrebbero più amati che capiti sino in fondo”.
Forse, nel nostro attuale caso, è possibile che persino l’amare i nostri nemici, come qualcuno ci suggerisce da tempo, sia oltre tutto più importante e legato ad un vera e propria evoluzione della specie.
Lo penso e me lo auguro.
P.S. Questi concetti sono più ampiamente esposti nel mio La mente ama. Per capire ciò che siamo con gli affetti e la propria storia, Il Pozzo di Micene – Lucia Pugliese Editore, Firenze, 2020 (Va edizione).
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).