Avete presente il sogno antico di un mondo nuovo, di un mondo migliore?
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Il mondo irreale chiamato Metaverso
Avete presente il sogno antico di un mondo nuovo, di un mondo migliore? Una nuova terra da scoprire, una nuova società da fondare, un nuovo pianeta da conquistare, una nuova umanità da generare, tramite navigazioni, esplorazioni, rivoluzioni, ricerche. Beh, tutta questa attesa di un nuovo mondo, il paradiso in terra, ha assunto oggi le vesti del mondo virtuale, evoluzione di internet e si riassume in una parola magica anzi in una bacchetta magica: metaverso. La parola ha più di trent’anni ma il suo lancio dalla piattaforma del futuro è assai più recente, dopo la pandemia. A voler essere riduttivi Metaverso è l’erede di Facebook, anche se si è allargato ad altri vettori social e ai colossi della tecnologia e del web. E’ l’evoluzione di Internet e del mondo digitale, ma è soprattutto la spinta verso un mondo virtuale che prende il posto del mondo reale; l’identità si volatilizza, l’avatar sostituisce la persona reale, si entra in un mondo parallelo, senza ricorrere alla fantasy letteraria o all’uso di stupefacenti.
Oltre la curiosità per la novità e l’apertura verso le nuove conquiste dello sviluppo tecnologico, vogliamo interrogarci sul suo significato, sulla sua essenza e sugli effetti che produce sull’umanità? Non pendete dalle labbra del signor Zuckerberg, degli apostoli ed agenti entusiasti del nuovo mondo. Provate invece a sollevarvi di un piano per cogliere la portata complessiva di questa annunciata rivoluzione, che si è fatta anche spot pubblicitario, euforico ed escatologico, come le vecchie utopie del mondo nuovo, del mondo migliore. Proviamo a pensare il metaverso. Numerosi sono i testi che ne spiegano le meraviglie e gli universi che schiude, ne fanno la storia e quasi l’agiografia dei suoi pionieri e infondono quel crisma di ineluttabilità: questo è il futuro verso cui stiamo andando, e se non ci vai con le tue gambe, sarai trascinato, o travolto. Il fatalismo hi-tech.
Invece vorrei partire da un piccolo testo di un filosofo che prende apertamente posizione Contro Metaverso come dice già il titolo di un libretto di Eugenio Mazzarella, edito da Mimesis. Mazzarella insegnava filosofia teoretica a Napoli, e a qualcuno questo potrebbe bastare per non leggere il libretto: filosofia teoretica, quanto di più distante dal mondo reale. Ma il testo è una difesa della realtà, della presenza, del mondo di sempre dall’assalto di chi vorrebbe oltrepassarli e vanificarli. E smaschera l’uso distorto di alcune parole chiave: comunità, intelligenza artificiale, onlife, ossia la vita trasferita online.
Per cominciare l’espressione comunità globale è un ossimoro. Ogni comunità e un noi distinto dal resto, nasce da una delimitazione, un confine, da una prossimità elettiva e affettiva, non è globale. Ma poi, altro che di comunità si tratta, semmai di solitudine globale, di massa. E non ha come protagonista quel “noi” che è solo utente, cavia e consumatore.
Insomma, qual è il pericolo di Metaverso? La sostituzione. Il mondo reale, le identità, la vita e la natura, vengono sostituiti da questa Grande Bolla, bugia o illusione, in cui sparisce la realtà, e tutto ciò che la costituisce: la storia, il pensiero, la vita, la presenza, il corpo, per entrare in questo universo virtuale. Un “semplice” social network si trasforma in un universo parallelo in cui immergersi e abitare. La metanoia, ovvero la trasmutazione, l’accesso al cambiamento è permesso a chi si spoglia di sé e assume le vesti di un avatar, e va a vivere in questo altro mondo, ma restando comodamente sul sofà di casa. Finto viaggiare, finta socialità, vera solitudine domestica. Poi per edulcorare la pillola con le solite rassicurazioni buoniste e umanitarie, ti dicono che il teletrasporto restando a casa avvantaggia le persone svantaggiate, i disabili. Ma il problema è che rende disabili coloro che non lo sono, e disabilita al mondo reale per spostarsi nel mondo irreale. L’alibi dei disabili è un po’ come gli scafisti e le ong che per sbarcare clandestini si fanno scudo dei bambini.
In Metaverso scompare anche la differenza tra vivi e morti, si può vivere in video oltre la morte; ma vale anche l’inverso, morire in vita, perdere se stessi e traslocare in questo altrove virtuale.
Dietro tutto questo, ha ragione Mazzarella, si cela una pulsione neo-gnostica che disprezza il corpo, ha in odio la carne, detesta la realtà, la natura e i loro limiti. Sono evidenti i rischi di alienazione, dipendenza e perfino di schiavizzazione, abitando in questa materia senza materia, a suon di chip e di byte. Si perde la distinzione tra reale e virtuale, tra umano, macchina e natura. A tale proposito, fa bene il filosofo a smascherare l’abuso di termini chiave nell’infosfera come intelligenza artificiale: non c’entra nulla l’intelligenza che è intuizione, sensibilità, umanità, capacità di leggere dentro (intus legere) con la computazione automatizzata e artificiale. E’ un nome improprio per falsificare la realtà. L’intelligenza non è sostituibile.
Nel mondo della tecnica vige però la legge di Gabor: ciò che si può fare, si deve fare, e comunque si farà. E potremmo aggiungere un corollario: se non lo fai tu, prima o poi lo faranno altri, in altri paesi, e si prenderanno loro i vantaggi. Dunque è vano opporsi? La questione non è arrestare o frenare questi processi ma saperli bilanciare: a chi sostituisce il mondo reale coi mondi virtuali, si può opporre la riscoperta del mondo reale, tra storia e natura, tradizione e civiltà. Altri mondi abita già l’uomo in natura e in cultura, con il corpo, la mente e l’anima. Non lasciamoli atrofizzare.
(Panorama, n.4)