Il minestrone Bonafede
È tutta questione di… ignoranza.
Prescrizione, prescrizione… Si sta parlando molto della riforma di questo istituto, e che il M5S vuole introdurre.
Quale migliore occasione per informarsi presso la fonte diretta, se non seguire la puntata di “Agorà” (la trasmissione che va in onda su RAI 1) del 18 luglio, durante la quale il ministro della Giustizia era invitato a parlare? In effetti, Bonafede è intervenuto (al minuto 26:16) della puntata, parlando proprio di prescrizione, e ha detto che ci si può permettere “che i reati cadano in prescrizione come lo yogurt”. Ho proseguito nella visione della trasmissione, ma quella frase mi aveva colpito.
Non è necessario essere giuristi per sapere che la scadenza stampigliata sulla confezione dello yogurt ci mette in guardia sulla durata della freschezza del prodotto. Serve ad indicarci il giorno entro cui possiamo tranquillamente consumarlo, senza timore che al suo interno si verifichi la produzione di batteri patogeni. Il che non significa che sia vietato mangiare uno yogurt successivamente alla data di (sua) scadenza. Semplicemente, ci accolliamo la responsabilità di un mal di pancia o di un’intossicazione alimentare. E mi sono dunque accorto che nelle parole del ministro vi era qualche cosa che non tornava, concettualmente.
Eh sì! Perché, pochi minuti prima, il ministro aveva affermato che per effetto della prescrizione, un reato cessa di esistere e proprio per questo motivo, deplorava i casi in cui le persone offese dal reato (ma anche gli imputati) non possono vedere accertate le responsabilità penali, allorché intervenga proprio la prescrizione del reato. Quindi, se con la prescrizione il reato cessa di esistere, il paragone con lo yogurt che c’entra? Me lo son chiesto, perché dopo la data di scadenza, lo yogurt continua ad esistere e possiamo anche avventurarci a mangiarlo. A nostro rischio e pericolo, ma possiamo.
Allora, mi sono documentato ed ho compreso che quel paragone non è solo improprio, ma fuorviante e direi ignorante. Certo, non possiamo stupirci, data la tradizione alla quale questi politici ci stanno abituando da qualche anno.
Se, durante un processo penale non interviene una sentenza irrevocabile di condanna, entro il tempo che corrisponde al massimo edittale della pena prevista per quel reato, quest’ultimo si estingue per intervenuta prescrizione. In sostanza, quel reato non esiste più, sparisce dal mondo giuridico e anche da quello fattuale. E non ci sarà più modo di accertare se colui che era imputato di quel reato ne fosse effettivamente l’autore. Dovrebbe esser lui stesso a rinunciare alla prescrizione, per continuare in quell’accertamento. Ma, chi è tanto pazzo da rinunciare alla prescrizione? Solo chi sa di essere inequivocabilmente innocente e sa di poterlo provare in modo inoppugnabile. Ossia, una percentuale ridottissima di imputati.
Dunque, l’unica cosa che accomuna la prescrizione alla scadenza dello yogurt è il passare del tempo. Ma il decorso del tempo non produce, sul reato, lo stesso effetto che produce sullo yogurt. Una volta prescritto, il reato scompare e non se ne può parlare più. Una volta scaduto, lo yogurt esiste ancora e posso ancora avventurarmi a mangiarlo.
Mi sono ulteriormente documentato ed ho scoperto che, nell’ambito del diritto, esiste un qualcosa i cui effetti si possono paragonare alla scadenza dello yogurt.
Si chiama “decadenza”, ed è un istituto che nasce nel diritto privato. Nel suo ambito, il decorso del tempo rileva, in quanto è possibile esercitare un diritto entro il periodo di tempo che, caso per caso, la legge concede. Una volta che quel termine temporale è scaduto, quel particolare diritto non è più esercitabile, e se proviamo comunque ad esercitarlo, incontreremo qualcuno che ci dirà “impossibile per intervenuta decadenza”. A nostro rischio e pericolo, come nel caso dello yogurt.
Detto questo, dopo aver tanto applaudito al fatto che abbiamo un ministro dell’istruzione che sa cosa sia l’insegnamento ed anche un ministro della sanità che è un medico, il M5S potrebbe fermarsi (eventualmente e persino ragionando), su quanto è importante comunicare con le persone (che non guardando tutte Il Grande Fratello…) in maniera appropriata?
Quello che ci attendiamo, dai ministri e dai parlamentari pentastellati, è una informazione corretta finanche negli esempi, perché sono stati i primi a lamentarsi della ministra Fedeli, del Guardasigilli Orlando, tacciandoli di incompetenza. Parlare in televisione ad un vastissimo pubblico significa educarlo, e ciò obbliga all’uso dei concetti tecnici in modo proprio e non erroneo, esattamente come quando si insegna in aula dalla scuola elementare sino al master universitario. Se alleviamo studenti insegnando loro che la prescrizione è paragonabile alla scadenza dello yogurt, possiamo ritrovarci magistrati che proseguono processi prescritti.
Se, poi, è questo quello che vogliamo… continuiamo così, ché la strada è quella giusta.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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