𝐈𝐥 𝐝𝐨𝐧 𝐂𝐡𝐢𝐬𝐜𝐢𝐨𝐭𝐭𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐢 𝐯𝐞𝐥𝐞𝐧𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐮𝐜𝐢𝐧𝐚
Nessuno di voi avrà mai sentito parlare di Enzo Caldarelli, ed anch’io che sono stato suo amico per diversi anni, non l’ho capito bene e a volte dubito che sia mai esistito.
Continua a leggere⤵️
Il don Chisciotte contro i veleni della cucina
Nessuno di voi avrà mai sentito parlare di Enzo Caldarelli, ed anch’io che sono stato suo amico per diversi anni, non l’ho capito bene e a volte dubito che sia mai esistito. Ma per i pochi che l’hanno conosciuto, Enzo era un personaggio leggendario, una via di mezzo tra un elfo, un folletto, un mago caduto da una stella, e rimasto malconcio per la caduta; era uno che abitava in un suo magico mondo a una piazza anche se poi invitava gli amici alle sue giostre conviviali.
Per cominciare, il mago Enzo aveva un’età indefinita, tra i trenta e i settant’anni, camminava curvo come un vecchio ma guardava e sognava come un adolescente. A volte sembrava mangiafuoco, con lo sguardo torvo, ma poi era dolce e lieve come un babà. Se fate un sondaggio tra quelli che l’hanno conosciuto, non riuscite a capire nulla della sua vita privata e soprattutto della sua attività. Ognuno vi darà la sua versione. Nessuno ha mai saputo come vivesse Enzo, considerando che i sogni difficilmente garantiscono il vitto e l’alloggio. Ma viveva alla grande e non era un malfattore. Anche dove viveva era un problema: nacque a Napoli, respirava in costiera amalfitana, viveva a Barcellona, lavorava in Thailandia e si spostava come un pendolare nel sud est asiatico di resort in resort; da ragazzo andava negli States. Se vai alle Maldive scopri che lui è nell’isola accanto, la più esclusiva. Se vai in un ristorante europeo e lui lo sa, a fine pranzo esce lo chef e ti dice che sei loro ospite perché sei amico di Enzo. Perché Enzo era grande amico dei più grandi chef del mondo e forse l’unico che li metteva insieme e li faceva cucinare uno a fianco dell’altro in memorabili serate. Ma lui mangiava poco e non beveva niente.
Ma soprattutto era un crociato contro la sofisticazione alimentare, contro l’industria del cibo, contro la somministrazione di veleni, sia su larga scala sia nei ristoranti d’élite. Era la bestia nera di molte guide e di molti giornalisti gastronomici. Difendeva la purezza, che non è il bianco ma il vario secondo natura. Anzi, a suo parere tutto ciò che è bianco nuoce alla salute: il sale, lo zucchero, la farina bianca, il latte. Ne ha fatte di crociate coi suoi amici chef e da solo, coinvolgendo anche me e altri ignari suoi amici: riusciva a far passare in mezzo mondo inchieste contro i cibi velenosi in molti network, da noi anche su Striscia la notizia. Ma la grande stampa lo ignorava, troppo pazzo, troppo pericoloso.
Il suo allievo perfetto era Rocco Iannone, un formidabile cuoco di Cava de’ Tirreni, che combatte, a costo di perdere stelle sul campo, la sua battaglia contro il cibo avvelenato e i giornalisti gastronomici complici, che lui mette alla porta nei suoi ristoranti. Solo cibi genuini, a chilometro zero, solo prodotti naturali raccolti da lui, dal suo vecchio padre e da suo figlio bambino, nel loro orto. A Enzo, ora Rocco intitolerà i suoi dieci ettari di verde coltivato, con un ristorante tutto in legno a Penta di Fisciano, vicino la costiera amalfitana. Natura pura e meritato omaggio.
Da Enzo venivano tutti, da Heinz Beck a Gianfranco Vissani, da “don Alfonso” Iaccarino ai maggiori chef d’Europa, alcuni specialisti mondiali di dolci, altri di panetteria, altri di fantastici incroci. Tutto purché naturale, niente cucina molecolare o roba simile. Dall’età di 12 anni, viaggiava da solo nel mondo per vedere all’opera i maggiori chef. A sedici anni era conosciuto da tutti i big.
Ricordo suoi memorabili eventi in Algarve o a Camp Nou a Barcellona, dove violinisti e scrittori si alternavano a esibirsi con gli chef sugli spalti d’onore o nello stadio riservato solo a pochi. O quando voleva organizzare una corrida su un roof-garden di un noto hotel di Londra. E poi eventi al Monastero di Pedralbes e nei luoghi magici della montagna, del mare, a Barcellona, a Ravello, a Capri. Mi chiedeva continuamente di registrare interviste su cibo e filosofia, letteratura, di cui non ho mai saputo traccia e mi chiedeva testi che finivano in qualche misteriosa ricetta. I temi preferiti erano Etica ed Estetica, il puro e l’impuro. Da lui ho conosciuto attrici e attori, scrittori e giornalisti, musicisti e critici d’arte, e tanti tanti chef. E tutti ci interrogavamo tra noi: ma Enzo come vive, perché fa queste cose, noi che c’entriamo, che ritorno ha? Mistero. Don Chisciotte va preso così nella sua follia; però i suoi Mulini a vento erano deliziosi.
Era un gastro-tradizionalista. Dobbiamo tornare alle origini, diceva, la cucina di oggi ha perso la sua etica. Siamo nell’epoca dei falsi, delle fake news gastronomiche, magari travestite di bio e valli degli orti. Senza etica, gli suggerii e lui lo ripeteva nelle interviste, l’estetica diventa cinismo superficiale, e senza estetica l’etica diventa moralismo compiaciuto. In realtà, diceva, gli acquisti si fanno per telefono e non al mercato; i prodotti sono figli dell’industria alimentare cattiva e hanno ben poco a che vedere con la salute e la natura. Ma la più massiccia contraffazione viene dalla cattiva industria alimentare che ha perso il rapporto diretto con la natura e il sapere artigianale.
Con lui bevevo vini e intrugli squisiti, e cibi indimenticabili e strani ibridi tra la cucina e il pensiero o l’arte o lo sport o la musica. Mi mandava prodotti unici, persino pastiere senza zucchero. Negli ultimi tempi mi cercava, voleva vedermi, aveva problemi di salute di cui non avevo capito la natura e la gravità, chiedeva aiuti impossibili per risolvere problemi inspiegabili.
Poi l’altro giorno è morto che non aveva cinquant’anni, almeno credo. E’ morto in costiera tra le braccia della sua compagna thailandese; è morto d’improvviso, misteriosamente, mentre mangiava in camera da un famoso ristorante. Non ha avuto il tempo nemmeno per rinsavire in extremis, come invece fu per don Chisciotte.
La Verità (12 giugno 2022)