«Il divario Nord Sud sarà colmato nel 2020»: il titolo (vero) del 1972 che racconta l’Italia
di Corinna De Cesare 01 gen 2020
Sui libri di scuola, a noi bambini del Sud nati negli anni ‘80, si raccontava sempre e in maniera approfondita «la questione meridionale». Lo ricordo perché rimase una costante di tutto il mio percorso scolastico, evidenziata a più riprese da maestri e professori che si alternarono tra i banchi di scuola e che su quel capitolo di storia investivano sempre più tempo e veemenza rispetto agli altri. Il tono di voce era diverso e noi, distratti dalla crescita e dai giochi, lontani dal mondo degli adulti da cui però eravamo inesorabilmente attratti, quel tono di voce difforme lo notavamo eccome. Gli occhi tornavano a rivolgersi alla cattedra: la storia parlava di noi. Dei nostri nonni in mezzo ai campi, delle emigrazioni in Germania, America, dei nostri parenti partiti chissà dove e mai tornati, diventati nel corso delle generazioni inconsapevoli protagonisti di divertenti leggende di famiglia. Restava solo il ricordo dei nomi buffi: zio Peppino, don Pasquale, mbà Giuseppe. Spesso, restavano solo i soprannomi.
Il rapporto
Svimez, dal 2000 in 2 milioni hanno lasciato il Sud: la metà sono giovani
di Redazione Economia
Per questo, quando nei giorni scorsi ho visto sui social network la pagina del Corriere del 1972 con la previsione del professor Pasquale Saraceno (espressa in un rapporto per l’allora ministero del bilancio), ci ho creduto subito. Poteva essere un fake ma all’improvviso, come una madeleine di Proust, mi sono subito ricordata delle mie vecchie lezioni di scuola, i libri sottolineati, i rapporti Svimez che si sono succeduti nel corso degli anni anche quando ormai anche io ero diventata adulta, emigrata a mia volta ma non ancora finita in qualche leggenda famigliare. E così, dopo i botti di Capodanno, per deformazione professionale, ho voluto verificare. La pagina è vera, pubblicata sul Corriere della Sera del 13 Settembre 1972. Il titolo, la data di pubblicazione, il divario, tutto vero. Tranne la sfortunata previsione del 2020. Perché ora che ci siamo davvero, nel 2020, lo possiamo dire con franchezza: il divario non solo c’è ma si è pure allargato come ha raccontato bene il preciso rapporto Svimez, pubblicato appena due mesi fa. «Nell’ultimo ventennio, la politica economica nazionale ha disinvestito dal Mezzogiorno, ha svilito anziché valorizzare le sue interdipendenze con il Centro-Nord. Il progressivo disimpegno della leva nazionale delle politiche di riequilibrio territoriale ha prodotto conseguenze negative per l’intero Paese».
il report
Rapporto Svimez: «Pil sotto lo zero nel Mezzogiorno, spettro recessione»
di Redazione Online
Lo svantaggio meridionale è diventato così molto marcato anche per la spesa in formazione, ricerca, sviluppo e cultura. L’assistenza sanitaria? Chi ha problemi di salute o si deve operare, spesso va al Nord: circa il 10% dei ricoverati per interventi chirurgici acuti si sposta dal Sud verso altre regioni. Ma le differenze Nord/Sud raggiungono vette inconcepibili sull’offerta di scuole per l’infanzia e la formazione universitaria. Senza contare il tasso di attività e occupazione femminile: nel 2018 il Sud ha perso ulteriore terreno, superata perfino da Ceuta e Melilla, dalla Guyane francese e dalla Macedonia. «E così dall’inizio del nuovo secolo — ha raccontato Svimez — hanno lasciato il Mezzogiorno 2.015 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati». Tra loro ci sono anche io.
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