I nostri colori
È tutta questione di… educazione permanente.
Se voglio conoscere più approfonditamente un albero, devo aver avuto la possibilità di vedere o toccare molti alberi simili e diversi tra loro.
Per la nostra mente è di fondamentale importanza stabilire similitudini, dunque somiglianze e differenze, in sostanza, variazioni fra le cose. Senza questa capacità di differenziazione tutto ci apparirebbe talmente uguale da non stimolare in noi nessun desiderio di conoscenza.
La curiosità si educa, nel senso che, durante l’infanzia, è possibile stimolare e potenziare nel bambino la sua disponibilità all’essere curioso senza, per questo, renderlo intrusivo. Il bambino nasce già fornito di questa caratteristica mentale, perché l’evoluzione della nostra specie è proprio avvenuta grazie ad essa.
Se però durante la crescita il bambino vive in un ambiente che stimola in lui la curiosità, ossia la voglia di scoprire le cose oltre un dato visibile, la sua mente si pone nella condizione di interrogare il mondo costantemente.
Consideriamo, ad esempio, il piacere che tutti i bambini dimostrano nell’utilizzare i colori per disegnare. Ora, se io metto a disposizione del bambino solo tre colori, il rosso, il blu ed il nero, egli utilizzerà solo quelli. Se gli faccio vedere dei disegni in cui compaiono colori diversi da questi tre, egli comincerà a chiedermi se esistono, da qualche parte, altri colori, oltre quelli che utilizza lui. Mettergli dunque a disposizione ulteriori colori, grazie allo stimolo che egli ha ricevuto vedendo un disegno colorato diversamente, rappresenta per lui la possibilità di sviluppare la propria curiosità verso i colori in generale.
Questa possibilità è stata sollecitata nel bambino dal nostro stimolo, grazie al quale egli compie delle vere e proprie opera zioni cognitive: analizza i colori accostandoli fra loro per vedere quali sono quelli uguali, quelli simili e quelli diversi; accosta i colori che ha in mano con quelli che vede nel mondo attorno a sé; comincia a prendere in seria considerazione la possibilità di imitare con un disegno colorato quello che vede.
Vi sembra una constatazione banale?
Direi assolutamente di no, visto che proprio in questo modo non solo stabilisco un processo cognitivo, ma sviluppo la curiosità che, a lungo andare, può anche trasformarsi in azioni d’amore.
Siamo davvero sicuri che il nostro attuale stile di vita ci metta nelle condizioni di avere a disposizione molti colori rispetto alla realtà che sperimentiamo?
Ho quasi la sensazione di vivere in un mondo monocromatico.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).