𝗜 𝗺𝗮𝘁𝗿𝗶𝗺𝗼𝗻𝗶 𝗳𝗶𝗻𝗶𝘀𝗰𝗼𝗻𝗼 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘁𝗼, 𝗹𝗲 𝗳𝗲𝘀𝘁𝗲 𝗻𝘂𝘇𝗶𝗮𝗹𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶
I matrimoni si abbattono di solito in agosto e non si possono disertare. Un matrimonio vuol dire che devi comprare un bel regalo per non sfigurare, perché poi si sa cosa hai regalato, soprattutto se fanno le liste nozze, c’è chi ancora espone i regali e comunque la voce gira. Devi farti un vestito nuovo perché se usi quello già messo nel matrimonio precedente fai la figura del pezzente o fai uno sfregio agli sposi, li consideri di seconda scelta. E se ne accorgono, paragonano, il paese è piccolo e la gente mormora.
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I matrimoni finiscono presto, le feste nuziali sono interminabili
I matrimoni si abbattono di solito in agosto e non si possono disertare. Un matrimonio vuol dire che devi comprare un bel regalo per non sfigurare, perché poi si sa cosa hai regalato, soprattutto se fanno le liste nozze, c’è chi ancora espone i regali e comunque la voce gira. Devi farti un vestito nuovo perché se usi quello già messo nel matrimonio precedente fai la figura del pezzente o fai uno sfregio agli sposi, li consideri di seconda scelta. E se ne accorgono, paragonano, il paese è piccolo e la gente mormora. Nè puoi mancare allo sposalizio, lui è venuto al matrimonio di tua cugina, lei venne al funerale di tua madre, siete mezzi parenti. Insomma ci devi andare, così niente vacanze. Tre matrimoni d’agosto per una famiglia costano una vacanza. A sud costa più il racket dei matrimoni che il pizzo alla malavita, la polizza all’assicurazione o le tasse. I matrimoni sono per le famiglie l’equivalente della finanziaria per i governi. A trarre profitto sono soprattutto i ristoranti, i venditori di bomboniere e minchiate varie, i negozianti di vestiti e i fiorai. Gli sposi e le loro famiglie assai meno perché, sì, incassano un fottìo di regali e di soldi in busta, ma le spese per un matrimonio sono pazzesche, sono la principale uscita nella vita di un meridionale.
Chi dice sposa dice spesa, matrimonio=patrimonio. Il tutto per far soffrire la gente. Un giorno intero di caldo e malesangue, messe lunghissime inflitte anche ai non praticanti; tempi, modi e luoghi che si ripetono scontati, controre di siesta saltate, attese infinite e sfinite per aspettare gli sposi dal giro-foto più filmino, pranzi che finiscono a cena, nausea da inerzia, bambini dormienti, nonni digerenti, zie vomitanti. Gli invitati sono violentemente colpiti dal giorno nuziale: i diabetici, gl’infartuati, gli intolleranti, i delicati di stomaco, chi ha vene varicose, gli astemi e i bevitori. Nozze deriva dal verbo nuocere: egli nozze, cioè fece del male a sé e a suoi… I matrimoni a sud si guastano già durante la festa, sono così lunghi che uno matura già nel pranzo infinito l’idea di separarsi. In proporzione, la festa di nozze dura più dei matrimoni. C’è un curioso incrocio di antico e moderno negli sposalizi sudisti: la festa resta antica e prolissa, il menàge nuziale invece è moderno e breve. Stai lì ore e ore a celebrare un matrimonio che poi dura uno o due legislature. Si soffre invano. Una perversione. E poi sposarsi era un investimento sui figli, ora neanche a sud nasce nessuno. A che pro spendere tanti soldi per una cosa che dura poco e figlia meno?
Le lunghe attese al ristorante, in crisi di ipoglicemia, mentre gli sposi vanno a farsi le foto alla villa comunale, sul mare, negli scorci suggestivi. E poi il mangiare prima con foga, poi per forza d’inerzia, a volte interrotti da giri di balli e rituali già noti, compresi gli agguati alla sposa o il regalo di un piatto allusivo, con la banana al centro e due pesche al suo fianco, presagio dell’impresa notturna. E tutti ridono della trovata anche se l’hanno vista in ogni matrimonio. È là, in quegli interminabili pranzi nuziali di otto ore, che la controra per un giorno scompare o si dilata in un tempo infinito, provocando crisi violente di sonno nei vecchi e poi nei bambini, che si addormentano sulla tavola. E vanno via dai matrimoni sulle spalle dei padri; mentre le madri, visibilmente sfatte, danno il braccio ai nonni, con preavvisi di coliche intestinali per l’abuso compiuto a tavola, e nell’altra mano stringono il bottino della festa, la bomboniera e i confetti.
Una volta mentre subivamo a occhi spenti la lungodegenza di un pranzo nuziale, tra giri di ballo e di pesci, vagheggiando la controra nel letto, crebbe come una liberazione euforica il pensiero del cognato della sposa: meglio i funerali dei matrimoni, proruppe. Tutti risalimmo dal torpore come scossi e lo guardammo come un mostro o un messia. Sì, meglio, spiegò, sentendosi investito dall’onere della prova. I funerali durano un’ora, non costano niente a chi ci va, e costano meno anche ai famigliari del defunto, che poi ci guadagnano sempre qualcosa dal morto e dal suo testamento; non ci sono regali da fare, non devi farti l’abito buono, vai a spasso dietro il feretro per una mezz’ora e scegli tu con chi passeggiare, non devi sopportare fotografi, consuoceri e bomboniere, e soprattutto sai che sono definitivi, non c’è il rischio di ripeterli. Qui invece i matrimoni s’incrinano già dopo la festa, sono revocabili e perfino replicabili, sai di partecipare a un rito abbreviato, con finale noir o comunque a schifìo; e c’è il rischio che gli sposi siano poi recidivi, perché la gente si fa così del male che si risposa. Il bello dei funerali è che sono per single, non ci sono le menate di coppia. Niente brindisi e balli, pose da cinema e obbligate euforie. Vuoi mettere come è comodo e dietetico un funerale, non si mangia e si fa jogging, si tace o appena di mormora, non ci sono testimoni con le loro firme, paggetti e damine, nè lanci di riso e confetti. Niente viaggi di nozze, tutto finisce lì. E poi se sei partito per le vacanze non ti possono precettare per il funerale, non possono dirti, ti avevo avvisato. Perché il bello dei funerali rispetto ai matrimoni è che sono a sorpresa. Il giorno prima magari il morituro sta bene o non dava segni di andarsene così in fretta… E tu non devi ipotecare agosto, perché non arriva la cartolina precetto in forma di partecipazione. Magari anche i matrimoni fossero a sorpresa, da un giorno all’altro, improvvisati come i funerali. Chi c’è c’è. E così ti risparmi i cugini venuti da lontano, assai controvoglia, il sollazzo con i cumpari e cumparielli…
E quel caldo bestiale che incafonisce la gente, umida, con la cravatta allargata o il sudore sotto le ascelle. Ma che schifo la gente dopo sei ore di matrimonio. E poi si sta troppo sotto canicola tra auto, chiesa, attese fuori, aperitivi all’aperto, solagnate…Si soffre più a un matrimonio che a un funerale, anche se ambedue profanano la controra. Lacrime di sudore, magari, ma pur sempre si getta il veleno, come dicono da noi. E poi verso chi ha scelto di sposarsi e di invitarti tu nutri un sentimento sottile di odio perché ti costringe a star lì e pagare; il morto no, non l’ha voluto lui, non ti chiede soldi. Chi muore è innocente, chi si sposa è colpevole. Così concluse tra gli applausi il cognato e finì con un brindisi nuziale al morto. La sposa, ignara e demente, rideva giuliva.
MV, Ritorno a sud, Mondadori (2014)