Hamas, trentadue anni dopo

Hamas, trentadue anni dopo

di Khaled Abu Toameh 1 gennaio 2020

Pezzo in lingua originale inglese: Hamas, Thirty-Two Years Later
Traduzioni di Angelita La Spada

Ora che Hamas ha di nuovo – e chiaramente – ricordato al mondo che non è cambiato e continua a volere la distruzione di Israele, la domanda da porsi è: perché alcuni leader mondiali, governi e organizzazioni continuano ad abbracciare i leader del movimento?

Un’ulteriore domanda che dovrebbe essere posta, alla luce delle recenti dichiarazioni velenose anti-Israele rilasciate di recente dai leader di Hamas, è la seguente: perché le Nazioni Unite stanno cercando di convincere Hamas a partecipare alle elezioni legislative e presidenziali palestinesi?

Tutto ciò che serve è che Erdogan e il resto del mondo ascoltino le più recenti dichiarazioni dei leader di Hamas per capire che il movimento è più determinato che mai a raggiungere i propri obiettivi di cacciare gli ebrei “da tutta la Palestina” e rimpiazzare Israele con uno Stato islamico. (…) Cosa non capiscono dello slogan “MORTE A ISRAELE”? (…) C’è da chiedersi quale sia il loro reale motivo.

 

ISTANBUL, TURKEY - MAY 18: Turkey's President Recep Tayyip Erdogan salutes his supporters during a rally at Istanbul's Yenikapi fairground to show solidarity with Palestinians after Israels aggression against Palestinian civilians on the Gaza border on May 18, 2018 in Istanbul, Turkey. Israeli soldiers killed over 50 Palestinians on May 14, 2018 during violent demonstrations on the Gaza-Israel border coincided with the controversial opening of the U.S. Embassy in Jerusalem.   (Photo by Getty Images)

C’è un solo messaggio inviato dal recente incontro tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il leader di Hamas Ismail Haniyeh, nel corso di una settimana in cui Hamas ha reiterato la sua richiesta di eliminare Israele: la Turchia sostiene Hamas e appoggia il suo programma e la sua ideologia. Nella foto: Erdogan a un raduno anti-israeliano, che indossa una sciarpa con le bandiere della Turchia e dell’Autorità Palestinese, il 18 maggio 2018, a Istanbul. (Foto di Getty Images)

Il movimento palestinese Hamas ha celebrato il 32esimo anniversario della sua fondazione ricordando a tutti il suo obiettivo principale: la distruzione di Israele. Questo messaggio è la prova che Hamas non ha modificato – né mai lo farà – il suo statuto, originariamente pubblicato nel 1988. È inoltre un messaggio potente a coloro che potrebbero illudersi di credere che Hamas si sia trasformato in una fazione palestinese non violenta.

Questo statuto, noto anche come Patto del Movimento di Resistenza Islamico, afferma che “la [nostra] lotta contro gli ebrei è molto grande e molto seria” e chiede di sostituire Israele con uno Stato islamico. “Non c’è soluzione per il problema palestinese, se non il jihad (la guerra santa)”, lo statuto precisa. “Iniziative, proposte e conferenze internazionali sono solo una perdita di tempo e sforzi inutili. Rinunciare a qualunque parte della Palestina significa rinunciare a una parte della religione [dell’Islam]”.

Trentadue anni dopo, i leader di Hamas hanno dimostrato ancora una volta di continuare a impegnarsi più che mai a dare attuazione al loro statuto, in particolare per quanto attiene al desiderio di rimpiazzare Israele con uno Stato islamico.

A questo proposito, Hamas ha il merito di essere chiaro in merito alle sue vere intenzioni. Nelle dichiarazioni rilasciate in occasione dell’anniversario della nascita di Hamas, i leader del movimento hanno nuovamente dimostrato di non usare mezzi termini.

Ibrahim Yazouri, uno dei fondatori di Hamas e della sua ala militare, Izz ad-Din al-Qassam, ha dichiarato in un’intervista rilasciata al Palestinian Information Center, affiliato a Hamas:

“Hamas e la sua ala militare continueranno a perseguire la loro politica fino alla liberazione della Palestina. Ci stiamo avvicinando al giorno della liberazione. Entro pochi anni, a Dio piacendo, la Moschea di al-Aqsa, Gerusalemme occupata e tutta la Palestina saranno liberate. Hamas continuerà a usare tutti i mezzi per liberare la Palestina. La grande vittoria si avvicina e dobbiamo essere più pazienti”.

Quando i leader di Hamas parlano della “liberazione di tutta la Palestina”, in realtà, ribadiscono il loro impegno a distruggere Israele.

Inoltre, quando i leader di Hamas parlano dell’uso di “tutti i mezzi per liberare la Palestina”, si riferiscono a varie forme di terrorismo, inclusi gli attentati suicidi e gli attacchi missilistici contro Israele. Secondo Hamas, questi sono gli unici mezzi per poter raggiungere il proprio obiettivo.

Hamas non riconosce – e non riconoscerà mai – il diritto di esistere di Israele. Come il movimento afferma nel suo statuto, “la terra di Palestina è un sacro lascito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell’Islam fino al giorno della resurrezione. Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa o di cedere anche un singolo pezzo di essa”.

Le dichiarazioni rilasciate dai leader di Hamas in occasione del 32esimo anniversario della fondazione del movimento sono identiche al contenuto del loro statuto: esse ribadiscono l’ideologia estremista e pericolosa del movimento.

Tra gli altri, Osama al-Mazini, un alto dirigente di Hamas nella Striscia di Gaza, ha dichiarato: “Hamas promette di rimanere fedele alla sua gente e ai suoi principi. Il nemico codardo comprende solo il linguaggio della forza e della polvere da sparo”. Al-Mazini ha inoltre esortato gli ebrei a “lasciare la Palestina” e ha avvertito che Hamas ha addestrato migliaia di attentatori suicidi per espellere gli ebrei “da tutta la Palestina”.

Musa Abu Marzouk, vicepresidente “dell’Ufficio politico” di Hamas, ha colto l’occasione per definire Israele un “progetto sionista”. Ha evidenziato la necessità che i palestinesi oppongano “resistenza al progetto sionista per liberare la Palestina, tutta la Palestina”.

Ancora una volta, le dichiarazioni di Abu Marzouk mostrano che anche lui mantiene il pieno impegno ad attuare lo statuto di Hamas. “Hamas è uno degli anelli della catena del Jihad per far fronte all’invasione sionista”, afferma la Carta del movimento.

“Le organizzazioni sioniste controllano vaste risorse materiali, che consentono loro di compiere la propria missione tra le società, al fine di attuare obiettivi sionisti e seminare concetti che possono essere utili al nemico. Quelle organizzazioni operano [in una situazione] in cui l’Islam è assente e alienato dal suo popolo. Pertanto, i musulmani devono adempiere al loro dovere di far fronte ai piani di questi sabotatori. Quando l’Islam si riapproprierà [dei mezzi] per guidare la vita [dei musulmani], spazzerà via quelle organizzazioni [sioniste] che sono nemiche dell’umanità e dell’Islam”.

Le celebrazioni dell’anniversario di Hamas nella Striscia di Gaza, che hanno attirato decine di migliaia di palestinesi, sono coincise con i tentativi compiuti dall’Egitto, dal Qatar e dalle Nazioni Unite per raggiungere un cessate-il-fuoco a lungo termine tra Hamas e Israele. Sono state anche un momento di intense discussioni sulla disponibilità di Hamas a partecipare alle nuove elezioni per la presidenza dell’Autorità nazionale palestinese e per il rinnovo del Consiglio legislativo palestinese.

La grande affluenza ai raduni pro-Hamas nella Striscia di Gaza è indice della popolarità del movimento tra i palestinesi. I diecimila palestinesi che hanno partecipato a tali manifestazioni sembrerebbero condividere i principi e l’ideologia del movimento, soprattutto per quanto concerne l’annientamento di Israele. Anche loro evidentemente credono che la forza e il terrorismo siano le uniche lingue che Israele comprende. Anche loro hanno inneggiato a favore della “liberazione di tutta la Palestina” dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo.

Ora che Hamas ha di nuovo – e chiaramente – ricordato al mondo che non è cambiato e continua a volere la distruzione di Israele, la domanda da porsi è la seguente: perché alcuni leader mondiali, governi e organizzazioni continuano ad abbracciare i leader del movimento?

Durante una settimana in cui Hamas rinnova il suo appello a eliminare Israele, perché il presidente turco Recep Tayyip Erdogan incontra il leader di Hamas Ismail Haniyeh? Quale messaggio invia un incontro del genere ai palestinesi e al resto degli arabi e dei musulmani?

Esiste un solo tipo di messaggio: la Turchia appoggia Hamas, il suo programma e la sua ideologia. Non sorprende che il leader di Hamas abbia elogiato “l’appoggio offerto dalla Turchia al popolo palestinese”, dopo l’incontro con Erdogan.

Un’ulteriore domanda che dovrebbe essere posta, alla luce delle recenti dichiarazioni velenose anti-Israele rilasciate di recente dai leader di Hamas, è la seguente: perché le Nazioni Unite stanno cercando di convincere Hamas a partecipare alle elezioni legislative e presidenziali palestinesi?

Che senso ha fare pressione su Hamas affinché partecipi al voto previsto fin quando il movimento conferma il proprio impegno a distruggere Israele? Invece di sollecitare Hamas a partecipare alle elezioni, sarebbe meglio se le Nazioni Unite chiedessero a Hamas di rinunciare al proprio statuto e a smettere di invocare la distruzione di Israele.

La comunità internazionale ha già provocato danni consentendo a Hamas di candidarsi incondizionatamente alle elezioni legislative palestinesi del gennaio 2006.

In modo disastroso, la comunità internazionale non ha chiesto a Hamas di rinunciare alla violenza, di riconoscere il diritto di esistere di Israele e di impegnarsi a osservare tutti gli accordi firmati tra israeliani e palestinesi, come condizione preliminare per la partecipazione a quelle elezioni, e questa omissione ha portato alla vittoria di Hamas.

I leader di Hamas sono stati furbi. Hanno partecipato alle elezioni sotto l’egida di quegli stessi accordi di Oslo che rifiutano di riconoscere. In altre parole, Hamas ha usato gli accordi di Oslo, che respinge, come mezzo per assumere il controllo del Parlamento palestinese.

Ora sembra che la comunità internazionale stia per bissare la sua disastrosa decisione di consentire a Hamas di partecipare alle elezioni. Non è poi così difficile comprendere le reali politiche e le posizioni di Hamas: il movimento le indica chiaramente.

Tutto ciò che serve è che Erdogan e il resto del mondo ascoltino le più recenti dichiarazioni dei leader di Hamas per capire che il movimento è più determinato che mai a raggiungere i propri obiettivi di cacciare gli ebrei “da tutta la Palestina” e rimpiazzare Israele con uno Stato islamico. Lo ascoltano da 32 anni. Cosa non capiscono dello slogan “MORTE A ISRAELE”?

Coloro che abbracciano Hamas non fanno altro che legittimare la sua ideologia estremista e facilitare il suo obiettivo di distruggere Israele, questa volta assumendo il potere attraverso elezioni avallate dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e da altri attori internazionali. C’è da chiedersi quale sia il loro reale motivo.

Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme. È Shillman Journalism Fellow al Gatestone Institute.