Giorgia, Elly e la Cappa

𝐆𝐢𝐨𝐫𝐠𝐢𝐚, 𝐄𝐥𝐥𝐲 𝐞 𝐥𝐚 𝐂𝐚𝐩𝐩𝐚
Intervista a cura di Michele De Feudis per La Gazzetta del Mezzogiorno

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Giorgia, Elly e la Cappa
di Marcello Veneziani
Pubblicato il 31 Marzo 2023
Intervista a cura di Michele De Feudis per La Gazzetta del Mezzogiorno

Marcello Veneziani, l’Italia politica vive l’inedita dicotomia tra due donne leader, Giorgia Meloni e Elly Schlein. Oltre il particolare in rosa, quali le maggiori contrapposizioni tra i due mondi che rappresentano?

«Rappresentano dal punto di vista ideologico due mondi opposti: l’uno legato all’idea di tradizione, senso della famiglia e legame nazionale, l’altra il mondo transgender, l’internazionalismo e il radicalismo antifascista. O se vogliamo semplificare in slogan: Dio, patria e famiglia contro gay, migranti e Bella ciao. Il paradosso è che se passiamo dai “valori” alla realtà politica ambedue devono sposare la stessa linea: euro-atlantica, Nato, direttive Ue e linea economica Draghi. Un bel paradosso…».

Il governo della destra ha tagliato il traguardo dei sei mesi a Palazzo Chigi. Luci e ombre?

«È presto per delineare un giudizio, allo stato attuale prevalgono l’allineamento e la prudenza. Non si vede ancora un segno tangibile di svolta. Capisco le enormi difficoltà, le forti pressioni anche mediatiche e la carenza di una classe dirigente. Se deviasse dal percorso probabilmente non sarebbe al governo»

A Rimini ha espugnato la platea della Cgil: inizia a evaporare, anche grazie a Landini, la pregiudiziale antifascista verso Giorgia premier?

«C’è ancora, nonostante le sue nette abiure, sono pronti a fargliela pesare in ogni occasione, e non basteranno mai i suoi cambiamenti. Certo, la sua leadership ha meno contrasti, almeno fino a che perdura il consenso».

Il rapporto con l’Ue è sempre più determinante: dall’immigrazione alla controversia per il Mes, che margine di autonomia ha l’esecutivo italiano?

«Minimo. Il potere è una matrioska e la politica è la bambola più piccola dentro assetti sovrastanti di tipo economico, militare e sovranazionale. La politica ormai decide poco, il potere non coincide col governo».

In questo contesto il ministro Fitto ha il dossier Pnrr. Premesso che sono risorse che andranno restituite, quale il senso della partita?

«È una partita ancora in corso ma allo stato attuale oltre le dichiarazioni e i propositi, i margini di manovra e di modifica sono ristretti. Ci vogliono spalle troppo larghe e determinazioni molto forti per sottrarsi ai diktat europei. Davide contro Golia».

L’Italia e la guerra: è immaginabile una postura differente del Paese nelle dinamiche internazionali, richiamando un proprio ruolo geopolitico come nella Prima repubblica?

«Sarebbe auspicabile almeno la ripresa della linea italiana e mediterranea che fu di Moro, Craxi e Andreotti di una maggiore, seppur relativa indipendenza (che quei leader pagarono caro), e una posizione di non appiattimento sulla linea dei “falchi” americani. Magari con il voto negli Usa quello scenario può cambiare».

Che sinistra disegnerà Schlein da qui alle Europee?

«Per ora la sua linea radicalizza la posizione assunta dai dem negli ultimi anni, in tema di migranti e accoglienza, diritti civili e pregiudiziale antifascista. Solo sul piano emotivo e dell’immagine il nuovo corso sembra competere con i grillini, anche nell’ipotesi di riaffiancarsi a loro».

Il suo concittadino Francesco Boccia è il capogruppo dem al Senato.

«Quello è un segno di continuità col passato e di inevitabile alleanza con la linea Franceschini, grande elettore della Schlein».

Il progressismo di Elly ha spiazzato Giuseppe Conte. Ci sarà una nuove torsione del M5S, magari verso il centro?

«È possibile, conosciamo la duttilità assoluta o se preferite il trasformismo acrobatico di Conte, ma non so fino a che punto le sparse membra del grillismo potranno seguirlo. L’avvicinamento con i dem può generare problemi di concorrenza».

Sul piano culturale, la deriva orwelliana del pensiero unico, che ora vuole riscrivere i grandi classici in chiave conformista, ha generato una risposta trasversale della cultura libera. Nei suoi saggi, «La cappa» e «Scontenti», guarda a questa stagione con realismo…

«Sì, il dato che emerge è che nonostante un governo di destra, l’egemonia… demenziale (il dem più preoccupante) prosegue imperterrita, contro la realtà, il buon senso e il sentire comune. La cultura è ancora sotto la Cappa e la relativa cupola».

In Puglia c’è la cesura temporale del ventennio di Michele Emiliano e Antonio Decaro, entrambi alla fine del secondo mandato. Che scenari si possono ipotizzare a sinistra e a destra?

«Siamo nell’era della fluidità in ogni senso e dunque sono possibili vari scenari. La soluzione più naturale sarebbe un’alternanza al potere locale: ma il centrodestra è piuttosto fragile sul piano delle candidature. Partita aperta».