Germania: Il ritorno dello stato poliziesco della Stasi?
di Judith Bergman 19 febbraio 2018
Pezzo in lingua originale inglese: Germany: Return of the Stasi Police State?
Traduzioni di Angelita La Spada
La nuova legge impone alle piattaforme dei social network, come Facebook, Twitter e YouTube, di censurare i propri utenti per conto del governo. I social media sono obbligati a rimuovere o a bloccare qualsiasi contenuto “illecito”, entro 24 ore dalla ricezione di un reclamo da parte di un utente – a prescindere dal fatto che il contenuto sia appropriato o meno.
Le piattaforme dei social media hanno ora il potere di dare forma all’attuale discorso culturale e politico decidendo chi parlerà e cosa dirà.
Si noti la facilità con la quale il capo della polizia ha affermato di aver sporto denuncia contro una esponente politica di spicco dell’opposizione al governo per zittirla. Questo è ciò che fanno le autorità negli stati di polizia: attraverso la censura e i procedimenti penali mettono a tacere gli oppositori delle politiche di governo, come Beatrix von Storch, che ha criticato aspramente la politica migratoria della cancelliera Angela Merkel.
La nuova legge tedesca sulla censura, che ha introdotto la censura di stato sulle piattaforme dei social media, è entrata in vigore il 1° ottobre 2017. Questa nuova norma impone ai social network come Facebook, Twitter e YouTube di censurare i loro utenti per conto dello Stato tedesco. I social media sono obbligati a rimuovere o a bloccare qualsiasi contenuto “illecito”, come i commenti offensivi e diffamanti o i contenuti che incitano all’odio, entro 24 ore dalla ricezione di un reclamo da parte di un utente – a prescindere dal fatto che il contenuto sia accurato o meno. Il termine concesso ai social media per la rimozione è esteso fino a 7 giorni per i casi più complicati. Se non provvederanno a farlo, il governo tedesco può elevare multe fino a 50 milioni di euro, per mancata osservanza della norma.
Ma alla nuova legge sulla censura non è stata data piena attuazione fino al 1° gennaio 2018, per dare il tempo alle piattaforme dei social media di prepararsi al loro nuovo ruolo di polizia privata del pensiero dello Stato tedesco. Tali piattaforme hanno ora il potere di dare forma all’attuale discorso culturale e politico decidendo chi parlerà e cosa dirà.
E così il 1° gennaio 2018 la legge è stata attuata immediatamente. Twitter ha esordito sospendendo per 12 ore l’account della vicepresidente del Partito Alternativa per la Germania (AfD), Beatrix von Storch, dopo che lei aveva twittato quanto segue in risposta a un tweet della polizia di Colonia, che augurava buon anno in arabo:
“Che diavolo sta succedendo in questo Paese? Perché un sito ufficiale della polizia posta un tweet in arabo? Pensano di poter placare così le orde barbare di uomini musulmani che fanno stupri di gruppo?”
(Nella notte di Capodanno 2015-2016, oltre un migliaio di uomini principalmente musulmani hanno molestato sessualmente circa 1.200 donne a Colonia.)
Anche Facebook ha sospeso l’account della von Storch per aver postato lo stesso commento lì. Il social network le ha detto che il suo post aveva violato la legge tedesca, perché considerato un “incitamento all’odio”.
E la faccenda non è finita qui. La polizia di Colona ha denunciato la vice-leader di AfD per “incitamento all’odio”, che è punibile ai sensi dell’art. 130 del Codice penale tedesco. Secondo il capo della polizia di Colonia, Uwe Jacob, i tweet multilingue scritti in occasione di eventi importanti sono un elemento essenziale della strategia di comunicazione della polizia:
“La campagna è stata accolta davvero bene dalla maggior parte della gente, ma qualcuno è stato infastidito dal fatto che avessimo postato dei tweet in arabo e in farsi, come alcuni esponenti di spicco della destra che poi hanno pensato di scrivere dei tweet che incitavano all’odio. E noi abbiamo solo sporto denuncia”.
Si noti la facilità con la quale il capo della polizia ha affermato di aver sporto denuncia contro una esponente politica di spicco dell’opposizione al governo per zittirla. Questo è ciò che fanno le autorità negli stati di polizia: attraverso la censura e i procedimenti penali mettono a tacere gli oppositori delle politiche di governo, come Beatrix von Storch, la quale ha criticato aspramente la politica migratoria della cancelliera Angela Merkel.
Se tale politica indubbiamente ha fatto guadagnare alle autorità tedesche molti punti con il vecchio regime della Stasi della Germania dell’Est, con ogni probabilità essa viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di cui la Germania è Parte così come la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. L’art. 10 della CEDU sancisce che
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera…
2. L’esercizio di queste libertà (…) può essere sottoposto alle (…) restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.
Nella sua giurisprudenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato che l’art. 10
“…protegge non solo le informazioni o le idee considerate inoffensive ma anche quelle che offendono, sconcertano o disturbano; tali sono le pretese di quel pluralismo, di quella tolleranza e mentalità aperta senza i quali non esiste una società democratica. Sono altresì protette anche le opinioni espresse con parole forti o esagerate”.
Per quanto concerne le accuse mosse contro i politici, il fatto ancora più importante è che secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo:
“L’entità della protezione dipende dal contesto e dall’obiettivo delle critiche. In questioni di interesse pubblico o che sono oggetto di polemiche, durante i dibattiti politici, nelle campagne elettorali (…) ci si possono aspettare parole forti e critiche aspre che saranno tollerate in misura maggiore dalla Corte”.
Quando politici di spicco vengono incriminati penalmente per aver messo in discussione le azioni delle autorità, come in tal caso le azioni della polizia, non abbiamo più a che fare con una democrazia, ma con un vero stato di polizia.
Nei primi giorni e nelle prime settimane di gennaio, con la nuova legge sulla censura, sono stati sospesi anche altri account su Facebook e Twitter. Uno di questi account era quello della rivista satirica Titanic, che è stato bloccato per aver preso in giro il tweet della von Storch sulle “orde barbare” di uomini musulmani. La polizia privata del pensiero di Twitter, nella foga di censurare, aveva trascurato il fatto che il Titanic stava solo scherzando. La chiusura dell’account del Titanic ha avvisato alcuni politici – appena tre mesi dopo l’entrata in vigore della legge – della natura problematica della legge. Il leader dei Verdi, Simone Peter, e il segretario generale dell’Fdp, Nicola Beer, sono stati entrambi critici della legge. “La legge è confusa e deve essere sostituita da una decente”, ha detto Beer.
Un altro politico, Martin Sichert, deputato dell’AfD al Bundestag per Norimberga e numero uno locale dell’AfD, si è visto cancellare un post su Facebook per aver violato gli “standard della comunità”. Nel post, corroborato da link a fonti oggettive, Sichert ha richiamato l’attenzione, tra le altre cose, sul modo in cui le donne vengono trattate in Afghanistan. Ha inoltre sottolineato la questione degli abusi sessuali commessi sui bambini in Afghanistan:
“È spaventoso e allo stesso tempo vergognoso che il nostro Stato impedisca che i cittadini prendano coscienza di ciò che accade, semplicemente censurando le opinioni fattuali, i riferimenti pubblicamente disponibili e i collegamenti a fonti attendibili”.
Sichert e la von Storch sono le persone più famose che si sono viste zittire sui social media. Ce ne sono molte altre le cui storie sono sconosciute ai media.
In base alla legge sulla censura, chiunque può chiedere a un operatore di un social network di cancellare un post, anche se quel messaggio testuale non lo tocca personalmente in alcun modo. Se il provider del social network non risponde entro 24 ore, la persona che ha chiesto la cancellazione del post può rivolgersi all’Ufficio Federale per la Giustizia, e compilare un modulo disponibile sulla homepage del suo sito web. Questo Ufficio è responsabile del perseguimento delle violazioni e la corte distrettuale di Bonn è l’unica autorità autorizzata a esaminare le controversie in merito alla responsabilità penale dei commenti espressi sui social media e a infliggere ammende ai social media per non aver cancellato tali commenti entro le 24 ore previste dalla legge.
È deplorevole che la Germania, che riesce a malapena a stare al passo con le minacce del terrorismo e con l’ondata di crimini violenti, investa una tale quantità di risorse per zittire la libertà di espressione dei propri cittadini sui social media. Il Dipartimento federale di Giustizia ha affittato nuovi uffici a Bonn per ospitare una cinquantina di nuovi avvocati e funzionari onde attuare la nuova normativa e garantire che i provider dei social media cancellino “i post offensivi” entro 24 ore. “Era anche importante che noi creassimo un nuovo sistema di gestione dei dossier”, spiega Thomas W. Ottersbach dell’Ufficio Federale per la Giustizia, a Bonn.
“Questo è l’unico modo per garantire che le scadenze siano rispettare e che possa essere effettuata una valutazione statistica, perché è importante controllare quali reclami si accumulano e se si tratta esclusivamente di casi isolati”.
Il vecchio stato poliziesco tedesco è tornato.
Judith Bergman è avvocato, editorialista e analista politica.