Gente matura
È tutta questione di… far circolare amore.
Sono in auto, in una strada molto trafficata di Milano, in prossimità di un passaggio pedonale e mentre vedo tutte le auto che non si fermano, noto una signora sul marciapiede alla mia destra con un bambino per mano. Senza nemmeno troppa fatica, freno e permetto così alla signora di attraversare. Lei, con un fare altero, fiera del pargolo che tiene per mano, trascinandolo velocemente lungo la strada, si volta, mi guarda con atto di sfida e un grugno decisamente disumano.
Io rimango esterrefatto, anche se non più di tanto, perché ultimamente sto assistendo, come sicuramente sarà capitato anche a voi, ad atteggiamenti di questo tipo. Nessun grazie, nessun sorriso, nessun cenno con la testa o con la mano per dimostrarsi riconoscente di fronte ad un comportamento che, indubbiamente, fa parte del mio dovere di autista ed è previsto dal Codice della strada. Ma prima ancora, si tratta di un dovere civile! No, nulla di tutto questo. Anzi, una madre cattiva che con il suo sguardo sembra volermi dire: “Idiota che non sei altro, anche se mi fai passare ti guardo male”.
Perché vi sto raccontando questo fatto? Perché non possiamo certamente lamentarci della maleducazione, insensibilità, aggressività e tutto quello che volete metterci in più, dei nostri ragazzi, quando crescono educati, si fa per dire, da mamme di questo genere. E vi racconto di una madre, ma lo stesso discorso potrebbe essere fatto per un padre, in qualsiasi luogo della nostra nazione.
La sanità mentale di una persona si esprime anche quando, questa, attraversa la strada. La persona la dimostra anche nella sua capacità di sorridere quando si trova al supermercato, nella possibilità di rimanere in coda sotto il caldo senza spingere, oppure sbuffare, quando tutte le altre persone accanto stanno facendo la stessa cosa: in coda anche loro.
E probabilmente esiste un motivo per cui molte persone continuano a comportarsi in questo modo. Anche se i social network ci fanno credere di essere collegati con il mondo, in realtà, siamo sempre più soli, e in questa nostra solitudine alimentiamo una megalomania con un Ego sempre più debordante, che occupa spazi e territori comuni. Crediamo di essere soli al mondo, di essere i migliori in tutto, spesso anche quando gli altri non ci frequentano proprio perché invece siamo tutt’altro che i migliori. E così, anche attraversando la strada, insegniamo ai nostri pargoli, probabili futuri individui della classe dirigente e politica di quello che resterà di questa nazione, che loro sono il mondo, mentre tutto il resto è da buttare via.
Così, le cose non vanno proprio bene.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura. Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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