Fuori una, la Gran Bretagna!
tutta questione di… crisi.
Quasi tutti noi siamo portati a credere che l’evoluzione della specie consista in un miglioramento di condizioni di vita rispetto a quelle nelle quali ci troviamo. E questo è indubbiamente vero. La mia riflessione però oggi riguarda il metodo che l’evoluzione utilizza per questo miglioramento.
L’esempio storico ed attuale che mi fornisce l’occasione di fare questo ragionamento è l’uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna. Secondo la teoria di Michael Tomasello, noto e contemporaneo antropologo cognitivo, l’evoluzione della nostra mente e della specie avviene attraverso il meccanismo del “dente di arresto”, ossia con la relazione di quella situazione in cui una ruota dentata che procede in una direzione si ferma di fronte un gancio che non permette alla ruota di procedere né di tornare indietro, nella direzione inversa.
E proprio quando la ruota si ferma, e quindi non va avanti né indietro, la nostra specie si trova nelle condizioni di dover riflettere rispetto alla situazione nella quale è venuta a trovarsi. In effetti, in questa situazione è necessario riflettere, vale a dire pensare da dove si viene, valutare gli errori e i successi antichi, per decidere in quale direzione continuare a far muovere la ruota, ossia i nostri progetti evolutivi, quelli coscienti almeno.
Ritengo che gli inglesi siano stati i primi a rendersi conto di questa situazione, o quantomeno a porla coraggiosamente come problema reale, insoddisfatti di una serie di atteggiamenti che indubbiamente la Commissione Europea ha portato avanti in tutti questi anni senza rendersi minimamente conto che stava andando contro il sentire di un popolo. Un popolo che ha dato i natali alla Magna Charta Libertatum (un vero e proprio contratto nel quale si riconoscevano diritti reciproci fra sudditi e re), non dimentichiamolo, e parliamo del 1215. Gli inglesi non sono proprio gli ultimi arrivati per quello che riguarda i diritti civili dell’umanità.
Dopo questa decisione, è ovvio che molte altre nazioni si sentiranno nelle condizioni intellettuali ed emozionali di ragionare sulla loro presenza all’interno di questa Unione Europea. Nello stesso tempo, altre nazioni, che si trovano al di fuori dell’Europa, e che hanno alimentato questa situazione socio politica, dovranno anche loro prendere delle decisioni dimostrando con maggior evidenza anche gli interessi più beceri.
Insomma, dal mio punto di vista, inizia un periodo di ulteriore e maggiore crisi mondiale. Ci saranno morti e feriti, come accade in tutte le tappe importanti della nostra evoluzione umana, perché in realtà si ottengono le cose migliori quando vengono a mancare le certezze, e la specie umana è costretta a risolvere la crisi individuando nuove opportunità, non facendo riferimento alle certezze che l’hanno portata all’arresto.
Sarò quindi fuori dal coro europeo, ma non poteva esserci medicina migliore per questa Europa “unita”, così come è strutturata e condotta, che la mutilazione di un arto che si credeva saldamente attaccato al proprio corpo.
Alessandro Bertirotti, antropologo della mente, è nato nel 1964. Si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È Vice Segretario Generale dell’Organizzazione Internazionale della Carta dell’Educazione CCLP Worldwide dell’UNESCO, membro del Comitato Scientifico Internazionale del CCLP e Membro della Missione Diplomatica, per l’Italia, Città del Vaticano, Repubblica di San Marino e Malta, del CCLP Worldwide presso l’Unione Europea. È docente di Psicologia Generale presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Genova.
Il suo sito è www.alessandrobertirotti.it
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