𝐅𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐒𝐚𝐧 𝐍𝐢𝐜𝐨𝐥𝐚, 𝐞̀ 𝐮𝐧 𝐢𝐧𝐟𝐢𝐥𝐭𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐏𝐮𝐭𝐢𝐧
Acchiappate San Nicola, è un collaborazionista filo-russo, un infiltrato di Putin, fatelo sparire dalla piazza antistante alla Basilica a lui dedicata.
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Fuori San Nicola, è un infiltrato di Putin
Acchiappate San Nicola, è un collaborazionista filo-russo, un infiltrato di Putin, fatelo sparire dalla piazza antistante alla Basilica a lui dedicata. È il messaggio che circola a Bari, la città dove è Santo Protettore. Il povero San Nicola non ha pace da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Prima gli hanno rubato gli ori che poi sono stati miracolosamente ritrovati nella campagna barese. Ma adesso non ha fatto in tempo a riavere la refurtiva che è partita la crociata contro la statua del Santo a Bari perché fu donata da Putin, in segno di antica amicizia tra Bari e Mosca, noi e la Russia, di cui San Nicola è pure patrono.
Su la Repubblica barese, nei giorni scorsi, è apparso un articolo che prende lo spunto da due non meglio identificate donne ucraine recatesi da San Nicola per pregare che avevano reagito male nel vedere la statua del Santo firmata da Putin. E sull’onda di questo episodio propone la rimozione della statua a causa del suo donatore.
La statua, secondo il quotidiano e a parere di uno storico dell’arte, Michele Bacci, sarebbe “un tentativo di egemonismo culturale” da parte russa. Come dire che i russi mandano avanti San Nicola per conquistare da Bari l’intera Italia e l’Europa. Quindi, suggeriscono gli illuminati baresi, bisognerebbe rimuoverla. Non abbatterla, per non farsi dire che è un caso di cancel culture; ma più ipocritamente nasconderla, collocarla in un posto non di passaggio, non in vista, in qualche convento, magari di clausura. Dunque non cancel culture ma covert culture, che è più consona agli ipocriti. “Accantonare quella statua – scrive la Repubblica – avrebbe il significato di una inequivoca condanna dell’aggressione e una solidarietà con le vittime della popolazione civile. Una reazione di carattere non violento…” Fermiamoci qui, e riflettiamo su questo caso esemplare di correttismo politico.
Dunque, una statua dedicata a San Nicola andrebbe eliminata solo perché il donatore è stato Putin: come fanno gli stolti che quando qualcuno indica loro la luna, guardano il dito che la indica e non la luna. Cogliere il nesso tra un Santo, la sua millenaria tradizione, il suo significato per i popoli e per i fedeli, l’elevazione di una statua in sua devozione, e chi ne è stato il donatore, è già di per sé una meschinità. Si confonde il sacro col profano, si usa un santo vissuto millenni fa per colpire un autocrate presente. Il proverbio di saggezza antica ed elementare – scherza coi fanti ma lascia stare i santi – viene calpestato e per colpire i fanti vengono deportati i santi. Per essere coerenti dovremo rimuovere tutte le statue dedicata a Dante, a Mazzini, ai grandi del passato elevate durante il regime fascista, solo perché le ha volute Mussolini?
La rimozione e la censura ricadrebbero non certo sul “committente” Putin ma sui fedeli nostrani, sulla città devota e sul santo. Non si coglie il nesso né l’effetto tra la rimozione punitiva della statua e la guerra in corso. Sono riti superstiziosi, idolatri e iconoclasti che ricordano le pratiche più oscure del passato remoto quando si bruciavano le immagini per colpire i corpi viventi dei loro effigiati o si infilavano aghi nei simulacri per compiere fatture di morte contro persone odiate.
Ma tutto questo viene fatto non cancellando la statua ma rimuovendola; infatti si rivendica a questo gesto ipocrita “il carattere non violento”. Arresti domiciliari per San Nicola made in Russia con l’accusa di “intelligenza col nemico”, concorso esterno alla mafia russa.
Ma torniamo a lui, al povero San Nicola, che è stato nei secoli il ponte greco tra la Russia e l’Occidente, tra Santa Claus e Babbo Natale, tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, tra Mosca e Bari via Bisanzio. Un santo conteso tra Bari e Venezia, un santo rubato nelle sue reliquie, un santo venuto dal mare di cui ancora di celebra l’arrivo a Bari. San Nicola ha un’identità e una riconoscibilità così forte, così radicata nei secoli a Bari e in alcuni centri del sud che davvero è impensabile che qualcuno possa associarlo a Putin o addirittura all’attacco all’Ucraina (in cui peraltro il suo culto è esteso).
Ma questa proposta conferma, come da manuale, qual è la malattia isterica del politically correct: giudicare il passato con gli occhi del presente, anzi ridurre la storia, la religione, la tradizione al metro odierno e agli avvenimenti correnti. Ricorda quell’onda di insofferenza e disprezzo che si è abbattuta sulle processioni e sulle feste patronali perché in (rari) paesi del sud si facevano inchini al boss mafioso del posto: ovvero cancelliamo millenarie tradizioni solo perché da qualche parte viene reso omaggio al mammasantissima locale. Ancora una volta si guarda al dito, non alla luna. Si condanna l’eccezione per sradicare la regola, si colpisce la degenerazione per colpire il culto e le popolazioni devote. L’isteria antiputiniana ha assunto aspetti grotteschi e si estende a tutto ciò che è russo: ogni grande yatch che batte bandiera russa e non è direttamente riconducibile a un magnate viene attribuito a Putin, che disporrebbe solo da noi di una flotta vacanziera che potrebbe fare concorrenza a Msc crociere. E che dobbiamo in fretta smantellare e confiscare perché non venga riconvertita in flotta armata puntata contro le nostre coste.
Come vedete, in questi casi come per San Nicola, l’intolleranza va a braccetto con l’idiozia, la rimozione del passato si unisce al grottesco. Dopo secoli di miracoli, doni ai bambini e protezione, vedersi accusati e puniti per collaborazionismo; se fossimo nei sacri panni di San Nicola avremmo voglia di prenderci le reliquie e tornarcene al luogo d’origine. Ma, a differenza nostra, lui è un Santo, ha santa pazienza, vede le cose dall’alto e sa che gli idioti passano, come le guerre e i loro capi, ma i santi restano.
MV, La Verità (1 aprile 2022)