𝐄𝐫𝐨𝐢 𝐞 𝐛𝐚𝐧𝐝𝐢𝐞𝐫𝐞 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐥𝐮𝐨𝐠𝐨 𝐨 𝐟𝐮𝐨𝐫𝐢 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨
Girando l’Italia per conferenze e presentazioni di libri, mi capita spesso di imbattermi in palazzi istituzionali con uno striscione ormai sbiadito a caratteri cubitali: Verità per Giulio Regeni. L’ultima l’ho vista l’altro giorno a Parma. Posso capire l’emozione del momento, lo choc per la morte violenta e le torture subite dal giovane friulano in Egitto. Ma la sua vicenda risale al gennaio del 2016, sono passati ben sette anni. Quante tragedie, quante ingiustizie, quante stragi, quanti misteri c’erano, ci sono e si sono aggiunti in questi anni? Possibile che i palazzi di città, le prefetture, le istituzioni non abbiano altro messaggio da comunicare alle proprie popolazioni, non abbiano altra storia da ricordare, altri striscioni da esibire, altra memoria da tramandare? Ci sono poi mille verità che non conosciamo della nostra storia recente; possibile che dobbiamo sempre ricordarne una, solo una, perché in quel caso scattò la mobilitazione del mondo radical-progressista- lo stesso che considera Patrick Zaki come una specie di simbolo e di eroe intellettuale pur essendo di levatura modesta con una storia conclusasi positivamente, anche grazie al governo Meloni?
La chiave del vittimismo è fondamentale anche nella diffusa tendenza ad abbracciare cause internazionali e simulare patriottismi per conto terzi. Dalle Torri Gemelle in poi, in Italia, dove siamo assai carenti di patriottismo, adottiamo bandiere e patriottismi altrui, appena quei paesi risultano ai nostri occhi vittime di aggressioni e di stragi. Cominciammo col “siamo tutti americani” ai tempi dell’attacco a New York, e cominciammo a sventolare bandiere americane nelle nostre piazze in segno di solidarietà; poi abbiamo proseguito nel carosello dei patriottismi altrui. Di recente, la bandiera più adottata era quella ucraina, poi è venuta quella d’Israele o è tornata nelle piazze la bandiera palestinese. Le bandiere sono simboli importanti nella storia delle nazioni, e ogni bandiera merita rispetto universale e una speciale, particolare considerazione da parte dei compatrioti. Questa adozione provvisoria e multipla di bandiere altrui, appena vediamo quei popoli vittime di soprusi, fa perdere il significato della bandiera che è pur sempre un richiamo identitario; ed invece con questo uso provvisorio ed “esterno”, a turno, ne sviliamo il significato, riducendo l’appartenenza nazionale a qualcosa di irrilevante e di episodico, come se ci trovassimo in uno stand di una fiera campionaria delle Nazioni Unite o nella mentalità da Giochi senza frontiere.
Vedendo il vittimismo come unica chiave di solidarietà, sia nel caso di Regeni che nel caso dei patriottismi di passaggio, con bandiere provvisorie, risale la nostalgia per una memoria storica salda e vigorosa, in cui si sappia distinguere tra eroi e no, tra tradizioni e momenti; e si sappia rispettare tutte le nazioni, ma a partire dalla propria, esercitando l’amor patrio con la propria patria e la propria bandiera e non con le patrie e le bandiere altrui.
(Dal corsaro della sera)