Maestre facili
È tutta questione di… onnipotenza.
Leggo di madri e colleghi/e indignate per l’abbigliamento delle maestre/colleghe/i. Anche se con la laurea, bisogna chiedersi come queste nuove figure si presenteranno a scuola, persino nell’abbigliamento, nei modi e dunque nella funzione.
Fatevi un giro nelle classi, in qualsiasi scuola, di ogni ordine o grado, per arrivare, persino, all’università e vedrete: innanzi tutto, quasi tutti gli insegnanti sono femmine umane. E poi, che femmine! Minigonne, tacco quasi 12, vestiti sgargianti e improbabilmente mattutini, collane ed orecchini che sembrano cordoni e lampadari, tatuaggi in ogni dove, di tutte le misure.
Se questo è il modo di comunicare importanza istituzionale ai giovani studenti, ditemi voi se è credibile la #buonascuola di #Renzi.
In ogni luogo, il proprio abito. Vale per tutti, perché è evolutivamente così, da quando esistiamo come specie sapiens sapiens, ma forse queste maestre confondono la loro casa con la più importante agenzia educativa di uno Stato, la scuola. Che facciano quello che vogliono altrove, anche fuori dalla camera da letto, ma non in classe.Non sono un uomo che esprime giudizi di valore gratuitamente, e con i miei studenti ho sempre presentato me stesso, ma su qualcosa è necessario rispettare le regole.
La nostra mente, specie in noi, homines videntes, immagina l’interiorità di una persona da ciò che appare. Quello che si vede è sostanza. Solo dopo aver frequentato una persona, siamo nelle condizioni di comprendere ciò che non si vede. E possiamo ammirare l’interno, oppure stupirci di quanto questo sia diverso dall’esterno, in peggio o in meglio. Non importa. Quello che importa, è il giudizio finale che riusciamo a dare della persona: frequentabile o meno, al di là dell’apparenza.
Dunque, sarebbe il caso di stabilire prima un rapporto di fiducia, stima e reverenza, presentandosi come espressione di una istituzione importante come la scuola, perché si avrà tutto il tempo, un anno scolastico intero, per dimostrare di saper parlare la stessa lingua dei propri studenti, entrando in empatia con il loro mondo anche attraverso l’abito.
E non mi sembra necessaria la laurea per comprendere questo principio.
Certo, è anche vero che con le ultime riforme (leggete, cioè, legge Gelmini) laureiamo cani, porci e…
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura. Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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