Tutta questione di…
La tristezza culturale della sinistra
È tutta questione di… cliché.
Dopo aver letto questa notizia (Lerner su Bello Figo: “È il futuro, se li mangia tutti. Presto altri come lui”-Lerner fa l’elogio del rapper di origini ghanesi: “Gli immigrati suscitano in noi una segreta ammirazione per i pericoli che riescono ad affrontare”), certo la mia conclusione non poteva essere diversa da quella espressa nel titolo.
Non penso sia interessante fare riferimento al mondo dei rapper, mentre ritengo utile, forse, notare con quanta vecchiezza intellettuale e pena cognitiva si affronta il tema dell’immigrazione. Che qualcuno in questa nazione, dopo aver visto alcuni servizi televisivi sulle condizioni di vita degli immigrati nei centri di “dis-accoglienza” ad opera delle cooperative, oppure a seguito di ciò che quotidianamente si incontra per strada, possa sostenere che si “ammirano” queste persone è davvero triste, e forse persino drammatico. Lo stesso dramma di questa povera gente, sfruttata a vantaggio di una finta accoglienza, lo si riviene in questi giudizi romantici e privi di ogni fondamento antropologico.
Sarebbe, forse, più onesto sostenere che gli italiani non comprendono il dramma altrui, perché si rendono conto che questa forma di “accoglienza” non è utile agli immigrati, mentre se si volesse davvero avviarsi verso una possibile soluzione si agirebbe governativamente in modo diverso. Si potrebbe, ad esempio, cominciare mettendo nelle condizioni queste persone di migliorare il proprio stile di vita nei loro Paesi, ma la FAO ed altre Agenzie internazionali, che esistono da oltre settant’anni, non mi sembra abbiano fatto qualcosa di veramente importante. Oppure, se lo hanno fatto, vi sono le Nazioni, che con le loro politiche e i loro capi di Governo, disfanno ad una velocità maggiore di quella con cui altri tentano di costruire. Insomma, vedo solo tanta demagogia, nei fatti e ancor più nelle parole di questi intellettuali. E se mettessimo nelle condizioni queste persone di fare i lavori che noi non vogliamo più fare, e procedessimo verso un’integrazione capillare, a bassi numeri, ma diffusa?
Forse, molti italiani che non capiscono, me compreso, potrebbero essere messi nelle condizioni mentali di accogliere davvero, senza stupidaggini intellettuali.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura. Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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