𝐃𝐫𝐚𝐠𝐨 𝐈 𝐑𝐞 𝐝’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚
Viva il Re, è tornato il Regno d’Italia. Dopo settantacinque anni ingloriosi e rissosi di Repubblica, l’Italia è tornata allo splendore della Monarchia.
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Drago I Re d’Italia
Viva il Re, è tornato il Regno d’Italia. Dopo settantacinque anni ingloriosi e rissosi di repubblica, l’Italia è tornata allo splendore della Monarchia. Non c’è stato bisogno di un nuovo referendum, è bastato il suo nome, il suo ritorno in Patria, poi l’intrigo di corte del ciambellano fiorentino e l’acclamazione del Parlamento con poche defezioni ha fatto il resto.
Drago I, al secolo Mario Draghi, è ormai il nuovo sovrano d’Italia. Presidente del consiglio a tempo indeterminato, Presidente della Repubblica in pectore, Presidente dell’Europa in fieri. È venuta in Italia perfino Angela Merkel a fare le consegne a lui, prima di andarsene dopo il suo lungo regno germano-europeo.
Cani e gatti, sinistra e lega, renziani, berlusconiani e grillini si sono stretti intorno a lui. E lui è disceso tra i sudditi, si è fatto premier, ha concesso la sua augusta persona alle sorti del suo paese d’origine. È stato incoronato in Quirinale dalla Queen Mother, Mattarella, sempre più confinato nel ruolo di Regina Madre, in attesa di quiescenza.
Prima di lui eravamo passati da una fase di transizione, che potrebbe definirsi la Contea, dal suo predecessore il Conte Giuseppi II, successore di se stesso, in versione progressista, dopo il suo primo mandato da Giuseppi I in versione populista. Ma non c’è stato il tradizionale rito di passaggio della campanella, perché con Draghi abbiamo fatto un salto di grado e di status. Draghi è stato incoronato e da allora regna, come i Savoia, per grazia di Dio e volontà della nazione. Però trattandosi di un’epoca atea e apatriottica, regna per grazia dell’Europa e volontà delle fazioni.
Sua Maestà Drago Draghi ha il carisma della sovranità, è super partes, si esprime con grazia regale e stile sobrio, è autorevole e clemente, essenziale ed elegante nella comunicazione, e tratta i partiti come baronie bizzose ma prone alla Corona.
Nessuno osa contestare il suo Regno, perfino l’opposizione lo invoca al Quirinale, implorando che lui conceda poi la grazia del voto. Acclamato come Re Covery, dal cospicuo fondo che dovrà gestire, Sua Maestà Draghi è riuscito a immunizzare un paese riottoso servendosi di un Generale di sua Fiducia, Figliuolo, come ha voluto graziosamente battezzarlo. Il vaccino susciterà dubbi di durata ed efficacia ma di sicuro ha inoculato nel paese la fiducia nella monarchia draghiana. Ora l’Italia attende che il Sovrano dispensi ai sudditi, tramite il suddetto Recovery, i benefici necessari per risollevarsi e riprendere il cammino.
Di Draghi non oseremo dire nulla, lungi da noi l’idea di oltraggiare la Corona e vilipendere il Sovrano. Ci limitiamo perciò a esercitare la nostra critica su due aspetti riflessi che ci sembrano rilevanti.
Il primo riguarda il governo della Corona. Nonostante sia guidato dal Sovrano Eccellentissimo in persona, al di sopra di ogni critica e di ogni dubbio, quello che fu presentato come il Governo dei Migliori, in realtà è un governuzzo di cabotaggio medio, come se ne videro già tanti ai tempi delle repubbliche. A una più attenta analisi e valutazione, possiamo dire che i suoi ministri si dividono in tre fasce: Abili, Inabili e Mediocri. Gli abili, naturalmente, sono nei dicasteri più prossimi alla Corona, in particolare nei dicasteri economici. Gli inabili sono purtroppo in alcuni dicasteri chiave, come gli Interni, gli Esteri, la Salute. I restanti sono Mediocri. Ma la media dei ministeri è nella media dei precedenti, e il risultato generale è la mediocrità.
L’altro aspetto, forse più grave, riguarda l’intera politica che col Regno di Drago I è passata alla semiclandestinità, a un’ingloriosa irrilevanza e marginalità. Sarà per lo splendore regale di Drago I, ma i partiti sono oscurati, a volte oscurantisti, e si bisticciano tra loro per guadagnare briciole di visibilità, mossi da capricci infantili.
I partiti sono ormai ridotti a feudi, signorie, ducati senza giurisdizione né sovranità, ormai esautorati dal regno unito draghiano. E i loro rappresentanti al governo trovano visibilità solo se accettano un ruolo alla corte di Re Draghi: vedi il Marchese del Grillo, al secolo Di Maio, il Visconte demizzato Franceschini, il Duca della Lega Giorgetti, il Baronetto del Cavaliere, Sir Brunetta, il Camerlengo della Sinistra ospedaliera, Speranza, più altri nobili e cortigiane delle varie conventicole.
Non potendo decidere, la politica bamboleggia tra temi falsi o secondari: le leggi in materia sessuale e omosessuale, le scomuniche sul fascismo e ai no vax, le proroghe dei pass o dei tamponi, il voto ai sedicenni, i redditi di parassitanza, più vari ius, eccetto lo ius primae noctis, riservato alla Corona. Non incide più, e perciò si limita ai giochi, ai trastulli, ai vizi di corte.
Ma tutti tengono a far sapere che sono con il Re e per il Re, più realisti del Re e più draghisti del Drago. Europeisti, governisti, lealisti. Siamo entrati ormai nella dragosfera, da qualunque parte voi entriate.
C’è chi ipotizza di attribuire al Re il potere assoluto, ovvero l’assommarsi di tutti i poteri: Capo dello Stato e a interim capo del governo, e a interim Capo della Commissione europea. Senza limiti temporali, settoriali o territoriali. Un impero. Sempre sperando che lui non si annoi e non se ne vada di nuovo fuori dall’Italia. Acclamato ormai come Sovrano del Regno Unito, non resta che alzarsi in piedi e intonare God save the King. E Dio salvi gli italiani dal ridicolo servilismo, maschera antica dei cinici più infidi.
MV, Panorama (n.43)