𝐃𝐨𝐩𝐨𝐭𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐞̀ 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐮𝐧 𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐝𝐚𝐥 𝐯𝐨𝐭𝐨
Ha perso il sorriso. L’ultimo atto di accusa nei confronti di Giorgia Meloni è che ha perso il sorriso, è afflitta e arrabbiata; dunque vuol dire che è in difficoltà, se la vede brutta.
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Dopotutto è solo un anno dal voto
di Marcello Veneziani
28 Settembre 2023
Ha perso il sorriso. L’ultimo atto di accusa nei confronti di Giorgia Meloni è che ha perso il sorriso, è afflitta e arrabbiata; dunque vuol dire che è in difficoltà, se la vede brutta. Non potendo attaccarsi ai fatti e ai misfatti si fa dietrologia, psicanalisi e patafisica, arguendo da uno sguardo, da un mancato sorriso, un segno di nervosismo e la prova che la premier sia nei guai e avverta la caduta del consenso. Ma la Meloni non è la Gioconda col sorriso immutabile e nemmeno l’Iraconda, con la bava di rabbia alla bocca…
A un anno dalla vittoria elettorale, è magro il bilancio dei suoi accusatori, perfino più magro del bilancio che presenta il governo Meloni. Hanno poche accuse da rivolgerle, ha fatto pochi passi falsi, e ha varato pochi cambiamenti per essere giudicata.
Non capisco perché le rimproverate di aver tradito le sue promesse di quando era all’opposizione: dovreste elogiarla, piuttosto, perché ha messo da parte i suoi cavalli di battaglia, le sue idee per le quali l’attaccavate quando era contro l’establishment interno e internazionale. Anche del suo cambio di tono, dalle barricate ai modi felpati, dagli slogan radicali ai ragionamenti moderati, doveste essere solo contenti. Perfino in tema di migranti non ha fatto nulla di ciò che voi temevate, non ha cacciato nessuno, non ha fatto blocchi navali, anzi ha lasciato che raddoppiassero gli sbarchi. Di tutto questo vi dovreste rallegrare, e invece le rinfacciate questo suo mutamento di rotta, di tono e di indirizzo. L’accuserete pure di aver tradito il fascismo? Ma se è venuta incontro alle vostre richieste…
A doversene lamentare, semmai, dovrebbero essere i suoi elettori, i tanti scontenti che votarono per lei col desiderio di voltare pagina e invertire la marcia. Non potete lamentarvi voi, seguaci e funzionari del mainstream, se Giorgia in questo primo anno di vita al governo non è stata abbastanza di destra sociale, popolare e nazionale né abbastanza securitaria e identitaria o abbastanza sovranista e nazionalista, conservatrice e decisionista.
Ma tu sei contento di questo primo anno della Meloni al governo, mi chiede bruscamente qualcuno? Diciamo che non sono affatto deluso, perché me lo aspettavo che andasse così. Quando la votai scrissi che non mi aspettavo nulla di quel che lei allora annunciava e i suoi elettori attendevano. Anche se lo avesse voluto o ne fosse stata capace, non avrebbe potuto cambiare nulla di sostanziale sulla linea economica, internazionale, euro-atlantica e sui grandi temi sensibili, inclusi i flussi migratori. Perciò suggerivo di votarla senza aspettative, magari solo per evitare che vincessero la sinistra e i cinque stelle, o che il potere restasse direttamente nelle mani dei tecnocrati. Accontentatevi di dire che finalmente va al governo il polo escluso, la destra-destra e che per giunta va al governo per la prima volta nella nostra storia una donna. Siate contenti almeno per queste cose…
In questo anno d’esordio dobbiamo riconoscere che la Meloni non ha sfigurato, sia a livello interno (ma era facile con avversari come Conte e soprattutto la Schlein) che a livello internazionale (anche lì non ci sono giganti), dove ha raccolto attenzioni e simpatie in mezzo mondo, perfino eccessive, se penso al suo feeling con Biden e con la von Der Leyen. Si è mossa con prudenza e padronanza, non ha fatto passi falsi, è parsa a suo agio nelle relazioni internazionali, senza scivoloni.
Gli unici che possono avere ragione di lamentarsi semmai sono i suoi elettori, o meglio gli elettori più motivati e più “destri”, che costituiscono la vasta platea degli scontenti nei social. I quali possono rimproverarle esattamente quel che agli occhi altrui è un titolo di merito: non ha cambiato nulla finora, non ha compiuto strappi, non ha scandalizzato nessuno, è stata misurata, moderata, rassicurante, ha governato in continuità con Draghi.
Vero è che si è rinchiusa nel suo clan, non si fida di nessuno al di fuori del suo cerchio. Vero è che nel suo governo c’è una buona metà di ministri che forse sarebbe meglio mandare a casa. Vero è che ha cercato con un po’ di retorica e con piccoli atti simbolici di dare un contentino illusorio ai suoi elettori frustrati.
Poi magari ha ragione che non ha vita facile, molti poteri, molti funzionari, molte pressioni si oppongono al suo governo. Senza buttarla sul vittimismo preventivo, è vero che per una destra è molto più difficile realizzare le cose, rispetto alla sinistra. A partire dalle nomine: è normale che la sinistra al governo nomini chi vuole, è invece considerato uno scandalo che lo faccia pure la destra. E a ogni minimo tentativo di rimettere in discussione linee, assetti, nomine preesistenti, scatta subito la campagna di delegittimazione e intimidazione. Però c’è da dire pure che il governo Meloni e molti suoi ministri si lasciano facilmente intimidire. E c’è da aggiungere che fare le vittime è a volte un alibi per la propria ignavia o incapacità di cambiare davvero le cose.
Quando sento dire che la destra sta imponendo la sua egemonia culturale a me scappa da ridere: della cultura non gliene frega molto, di strategie culturali manco l’ombra, e poi la mancanza acclarata di uomini, mezzi, strutture e piani rende improponibile il tema. Se qualcosa succede è nei social, nella società, o nei riposizionamenti spontanei di qualche opportunista, ma niente di più.
So che la metà dei nostri lettori, poco meno o poco più, è fortemente delusa dalla Meloni. So pure che l’altra metà, poco meno o poco più, è invece decisamente dalla sua parte. Personalmente non mi reputo né tra i primi né tra i secondi; sono realista, disincantato, ero preparato a questo, non vedo alternative. Anzi so che ogni tentazione radicale che sorge in queste situazioni, finisce ai margini o se conquista la scena, viene presto assorbita nel mainstream. Dunque lunga vita alla Meloni premier e meglio lei che i suoi avversari. Dopodiché, meglio osservare da fuori, da lontano, e occuparsi d’altro, se non vi dispiace.
La Verità – 27 settembre 2023