Donne, donnesse e donnole

Il rispetto del gentil sesso dovrebbe avvenire tutti i giorni, non solo l’ #8marzo.

Ma in una societĂ  che sembra avere perso i punti di riferimento, per noi ci sono donne come Beatrice Venezi che vogliono liberare la donna da chi vuole liberarla.

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Donne, donnesse e donnole. Liberare le donne da chi vuole liberarle

Di Emanuele Ricucci  7 Marzo 2021

Nella madre con il bambino non c’è uno stereotipo, vi è il centro della vita. Vi è la dolcezza di una madre che contiene la vita, contro l’odio di una donna arida che contiene la sua frustrazione. Donne e donnesse, ovvero le donne del politicamente corretto, in un’imposizione che dalla speculazione elettorale, corre alla psicosi della Cultura della debolezza, elevazione del capriccio invadente di pochi come regola per tutti, abbassamento all’impossibilità che si manifesta nel lamento per continui diritti, esaltazione della fragilità, di un’eterna minoranza che ha bisogno di paladini che la difendano, sinistra pappona che diventa supereroe sociale. Nella sconfitta la nuova vittoria. Cultura della debolezza, donna come donnola in via d’estinzione, resa fragile, protetta dalla asfissiante precauzione che le dice quando e come esistere. Come se la donna di una “visione alternativa” a quella femminista fosse una stupida prostituta incapace e autolesionista.

Nella madre che sorride al bambino vi è la pace, contrapposta al delirante disordine di chi non ha pace. Vi è l’asse su cui da millenni si reggono gli uomini, Natura, Bellezza e Assoluto.

Le donne, sono sicuro, vogliono liberarsi proprio da chi vuole liberarle, da chi le usa, da chi vuole inquadrarle in uno schizofrenico destino, quello della donna che deve fare anche l’uomo affinché gli uomini non servano più a nulla. Dare la vita non può essere uno stereotipo.

Per quanto viene da chiederci se Nostra Signora dell’acidità di stomaco, #lauraboldrini, sia nata da un incrocio mistico/spirituale.
Dunque, nella gravosa offesa all’intelligenza umana che l’oltranzismo femminista rappresenta, mi piace pensare che chiamando “direttrice” un direttore d’orchestra donna, le donne stuprate o infibulate in Africa, quelle umiliate come madri o dall’assenza di lavoro, infilate in qualche miniera a marcire, purtroppo, non cambieranno il proprio destino.
Non basta, sig** Boldrina/i/e/o/* l’ingegneria semantica per salvare il destino delle donne.

Un pensiero a voi, complici, sorelle, guerriere, spose, splendidi angeli, libere di esistere.

 

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