Dolcemente il cielo | Michele Ruffino suicida a 17 anni vittima di Bullismo
20 marzo 2018 Alessandro Bertirotti
Voleva fare il pasticciere, ma ora i suoi dolci sono diventate le stelle. Quelle che ognuno di noi potrà ancora ammirare. Una si chiama Michele e potremo riconoscerla ogni volta che saremo in grado di insegnare come vincere la cattiveria. Quella gratuita, senza senso,senza capo né coda. Ammesso che la cattiveria gratuita abbia mai un senso, visto che siamo noi l’unica specie che gode nell’essere cattivi, senza ragione e per il solo gusto di esserlo.
Sto lavorando in questo periodo con un giovane adolescente, Riccardo, dotato di sensibilità e intelligenza non comuni, per potenziarne le caratteristiche. Proprio lui mi faceva notare come sia “sorprendente la capacità umana di interessarsi della vita altrui”. Una osservazione che mi ha fatto riflettere, specialmente dal punto di vista antropologico-mentale. Infatti, Riccardo sostiene che nel bullismo la “cattiveria del bullo, che non è abbastanza forte per gestire la propria rabbia, si ripercuote e si deposita nella vita altrui. E lì rimane, a meno che qualcuno non riesca ad estirparla, definitivamente. Altrimenti, andrà a modificare l’interavita della vittima, con epiloghi tragici”.
Penso che la sua analisi sia giusta, anche dal punto di vista sociale, oltre che mentale.
Eppure, continua, è grazie a queste manifestazioni di rabbiosa tristezza che possiamo davvero capire a quale livello siamo giunti, tenendo presente che da questo punto di vista la nostra specie non sembra essersi affatto evoluta. Il bullismo è quel macroscopico fenomeno sociale che misura il disagio generale nel quale siamo caduti tutti noi, le famiglie e i genitori che non riescono a crescere in modo adeguato.
Dal mio punto di vista, è necessario capire, di fronte a queste manifestazioni, che le cause sono antiche, si formano nel corso della crescita assumendo espressioni apparentemente innocue, come la presunzione, la finta accettazione delle cose che non piacciono, gli sbalzi improvvisi di umore, e così via.
Anche se biologicamente siamo portati all’aggressività – e questo è un dato evolutivo al quale non siamo ancora in grado di sottrarci – siamo comunque una specie in grado di utilizzare le emozioni attraverso il funzionamento della mente. Quindi, il ruolo dell’educazione, delle giuste informazioni sul vivere comune, quando non circolano a scuola e nelle famiglie, diventano fondamentali.
Guardiamo il cielo, alziamo la testa e ricordiamoci che ora una stella, luminosa come tutte le altre, poteva brillare in terra, più vicino a noi. Insegniamo ai nostri figli a riconoscere le stelle ad altezza d’uomo, ancora prima di volgere gli occhi al cielo.