Dialoghi politici
È tutta questione di… povertà mentale.
In questi recenti giorni passati, abbiamo assistito ad esilaranti, edificanti e davvero utili dialoghi fra esponenti politici e mediatici, che si sono dedicati a comprendere che tipo di persone votano un partito al posto di un altro.
Non entro, ovviamente, nel merito della questione, perché sarebbe qualche cosa per me di infimo, umiliante e deprimente. Lascio, invece, che su queste grandi questioni di progettualità nazionale, di contenuto politico a favore dello sviluppo economico di questa meravigliosa Italia, siano proprio quelle stesse persone a continuare a parlare.
Qui, mi limito soltanto ad evidenziare, casomai ce ne fosse ancora bisogno, il livello etico-morale, e persino cognitivo, che caratterizza la comunicazione politica e quella mediatica nel nostro Paese. In altri termini, mi chiedo: ci rendiamo conto di quali sono le riflessioni politiche che questi personaggi esprimono nella loro elaborazione dei risultati elettorali?
Siamo ben consapevoli di essere in mano ad individui che non sono soltanto inetti per il Paese, ma sostanzialmente tristi, deprimenti e deludenti. E non salvo nemmeno il ministro Salvini, che persino replica. Anzi, alcune volte sarebbe opportuno tacere, perché il silenzio ha spesso significati più profondi delle parole.
Per concludere, una semplice considerazione, che non è nemmeno antropologica, ma oserei dire relativamente banale: le persone non votano coloro che pensano essere all’origine del loro malessere esistenziale, professionale, relazionale e politico. E per percepire questo malessere non è necessario andare a scuola, perché anche una qualsiasi scimmia, sia in cattività che in ambiente naturale, è in grado di sapere quando sta male oppure quando sta bene.
A volte, anche se non sempre, l’educazione ricevuta (a scuola e per la strada, oppure nei campi, e in miniera o in fabbrica), può fornire quel grado di consapevolezza grazie al quale si capiscono perfettamente di chi sono le colpe della propria condizione di vita.
Punto.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).