Decadenza spacciata per progresso
È tutta questione di… serietà culturale
Quest’anno, ho deciso di non guardare il Festival, perché ho scelto di dedicarmi, nelle mie ore notturne (ancorché vada a letto molto presto, svegliandomi sempre molto prima dell’alba…), allo studio di alcune teorie scientifiche d’oltre Oceano. Solo un inciso, per scrivere, invece, che ho voluto ascoltare il dopo festival, su qualche rete televisiva, e dunque ascoltare le canzoni che la critica ha osannato, oppure denigrato. Inoltre, frequentando molto i social, sono andato a curiosare anche lì, ovviamente. Un interesse, il mio, che definirei quasi professionale, proprio perché ho a che fare quotidianamente con il mondo giovanile dei miei studenti, e che devo dunque cercare di comprendere. Insomma, è giusto che mi confronti attivamente con la realtà dei giovani, se voglio, in qualche modo e misura, tarare su di loro le mie conoscenze, e la disciplina che insegno.
Bene, l’idea generale che mi sono fatto, rispetto a quanto accaduto a Sanremo, è la presenza di un’alta professionalità artistica dei conduttori, maschi e femmine, assieme a canzoni che rispecchiano la mediocrità nella quale viviamo. Ma, l’aspetto che più mi ha colpito è la filosofia esistenziale che i commentatori hanno elaborato ed espresso sulla base delle canzoni, giungendo ad attribuire agli autori e conduttori del Festival la teorizzazione di una nuova visione del mondo, del tutto protesa alla inclusione, all’amore fraterno, alla solidarietà, alla benevolenza.
Insomma, meglio di Madre Teresa di Calcutta, San Francesco e Martin Luther King! Viene da dire: ma che fortuna, noi italiani, ad avere un festival che diventa la catechesi civile in cui troviamo San Francesco e qualche Regina Elisabetta! Grandi nomi che vengono banalizzati per renderli accessibili all’ignoranza crassa che caratterizza ormai sia la scuola che la società. Grandi “maestri cantanti”, senza i quali, pare, nessuno di noi potrebbe giungere ad apprezzare Dante.
Abbiamo governanti incolti, che umiliano, con il solo funzionamento fono-articolatorio, ogni forma di istruzione, ed ora siamo oltremodo felici, perché troviamo cantanti dotti, filosofi, storici e sociologi. Ma che fortuna! In questo modo, potremo presto abolire (siamo sulla strada da qualche anno, a dire il vero…) tutte le scuole nazionali, perché avremo Sanremo una volta all’anno, in grado di insegnarci a vivere, pensare ed amare. Insomma, una vera e propria bufala nazionale, che umilia effettivamente tutte le persone che sanno cosa significa pensare, interpretare e… scusatemi, parlare dopo aver studiato.
Ma, d’altra parte, stiamo scendendo talmente in basso, per voler arrivare a tutti, che gli spruzzi delle cloache si spacciano per stelle.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).