𝐃𝐞 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐮𝐧𝐝𝐢𝐬 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐦𝐚𝐬𝐜𝐡𝐢𝐨
L’ultimo attacco alla società maschilista l’ha fatto Bergoglio e sembra un’estrema unzione. Bisogna smaschilizzare la Chiesa, ha detto il suo principale; anzi per lui uno dei più grandi peccati della Chiesa coincide con tutta la sua storia, struttura e tradizione, anche popolare: la prevalenza del maschile.
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De profundis per il maschio
di Marcello Veneziani
04 Dicembre 2023
L’ultimo attacco alla società maschilista l’ha fatto Bergoglio e sembra un’estrema unzione. Bisogna smaschilizzare la Chiesa, ha detto il suo principale; anzi per lui uno dei più grandi peccati della Chiesa coincide con tutta la sua storia, struttura e tradizione, anche popolare: la prevalenza del maschile. Bergoglio da tempo ha abdicato al ruolo di Santo Padre per assumere il ruolo di Influencer. Le chiese sono deserte e lui s’inventa una chiesa fluida, nomade, che si muove inseguendo i flussi d’opinione. Ha lasciato il carisma, l’autorevole tradizione, il senso del sacro, del rito, del simbolo e della liturgia; reputa una battaglia persa esortare alla fede, alla catechesi e alla riscoperta di Dio, e si pone il problema di influire sulla società contemporanea facendosi a sua volta influenzare dalle sue tendenze prevalenti, fino a sposarle, con rito civile. Compiace l’onda social del momento, cavalca l’Opinione Dominante di cui si fa veicolo clericale, avalla una versione pretesca del femminismo, reputa la Chiesa la continuazione dei social con altri mezzi. Instagram, Telegram, Papagram…
In attesa che dopo di lui arrivi una papessa, magari nera, lesbica o trans per testimoniare la svolta della cristianità, resta sul tappeto la questione maschile e femminile. Stavolta non vorrei esprimere le mie idee in merito, e nemmeno descrivere le tendenze in atto nella nostra società; ma riferire, semplicemente riferire, con qualche annotazione postuma, un diverso parere rispetto al Dogma Femminista che si è imposto in questi giorni sulla scia del sangue di Giulia e delle altre donne massacrate in questi ultimi giorni.
Attingo quest’opinione dal libro di uno psichiatra e psicoterapeuta, che già si distinse per l’affilato pamphlet Psicopatologia del radical chic. Parlo di Roberto Giacomelli e del suo libro Oltre il maschio debole, pubblicato da Passaggi al bosco. Il libro mi è stato segnalato da un amico. Provo a farne una sintesi, naturalmente rischiando di essere sommario, riportando le sue tesi. L’indebolimento progressivo dell’archetipo maschile, dice lo psichiatra, ha generato maschi fragili ma anche donne profondamente scontente. Non è nata una società matriarcale, come quelle antiche, ma un vuoto di potere che ha generato caos. Le donne sono più insoddisfatte e sole che nelle società patriarcali. Le donne sono costrette a svolgere più ruoli, anche non congeniali: supplire ai padri assenti, vedersela da sole a educare i propri figli, caricarsi di mansioni che indeboliscono la loro femminilità e la loro maternità. C’è dietro questo, secondo Giacomelli, un disegno, “un interesse supremo del Sistema”, che usa manodopera femminile perché meno costosa, più soggetta allo sfruttamento. Le donne, incalza, sono abbandonate a se stesse mentre è disintegrata la famiglia; nella società del consumo compulsivo, nota, le donne preferiscono “una fatua libertà”. In realtà, sostiene Giacomelli, le donne oggi hanno acquisito solo il potere di acquisto di oggetti, inaridendosi e sacrificando i sentimenti e le relazioni parentali. Le definisce “maschi imperfetti”, mentre le differenze tra i sessi si confondono e prevale l’atomismo. A ciò concorrono fortemente le nuove teorie gender che indeboliscono le polarità maschile e femminile. Così le donne diventano aggressive, i maschi deboli, spesso depressi, devitalizzati. Questo clima, per lo psichiatra, spinge all’omosessualità e all’impotenza; o meglio alla regressione verso l’omosessualità latente e potenziale dell’età adolescenziale. Depotenziano il maschile e rendono più rabbiosa l’insoddisfazione femminile. Anche le donne patiscono la perdita del loro archetipo di riferimento, prive di guide e riferimenti, non riescono più a esprimere la loro integrale femminilità. Intanto i corpi femminili vengono ancora usati come oggetto di seduzione pubblicitaria; ma sul piano sociale i caratteri femminili “vengono abbandonati per una fisicità volgare ed informe”. Maschi indeboliti e femmine indurite, questo il risultato. Infine un richiamo alla condizione della donna dopo il 1968 che avrebbe reso nevrotiche le donne, concentrate solo su se stesse, fino all’affermazione del femminismo, “ultimo stadio di un processo degenerativo”. Da qui un conflitto permanente tra solitudini. La rovina dei maschi deprivati dai padri, trascina anche le donne, mentre crescono la sindrome ansiosa e le somatizzazioni. Maschi regrediti a puer, sempre più femminei, depilati e vestiti in modo coerente con questa immagine (al contrario delle donne, sempre più virilizzate), poco affidabili come padri e come partner. Gli uomini forti delle altre generazioni, dice Giacomelli, erano autoritari ma non avevano bisogno della violenza per imporsi; i nuovi invece diventano persecutori, aguzzini delle loro donne quanto più sono fragili. Così le donne, pur con tutte le criticità rilevate, “sono l’ultimo cardine di una famiglia disgregata e distrutta”; sono il sesso forte, eccellenti in alcune attività prima riservate agli uomini; ma infelici, frustrate. Non vado oltre.
Che dire? Da un verso è l’opinione diffusa ma inespressa di tanta gente, non solo uomini, in cui confluiscono luoghi comuni, buon senso, esperienza di vita, facili cliché e nostalgia del tempo andato. Sarebbe facile sottolineare che è una lettura con troppe semplificazioni e generalizzazioni, che non evidenzia i lati negativi della società passata e propone un modello ormai impraticabile. E allora perché proporre queste pagine come una specie di Vannacci della psichiatria?
Perché quando tutte le grandi agenzie del nostro tempo, tutti i media, tutti gli influencer, da Ferragni a Bergoglio, dalle femministe al ministro Valditara, ripetono la stessa cosa, è cosa buona e giusta allargare lo sguardo a un altro parere, radicalmente diverso. Salvo poi discuterlo, analizzarlo e confutarlo. Ma, vivaddio, riprendiamo lo spirito critico, vediamola anche da un’altra postazione; il senso della libertà e dell’intelligenza sta nel non adeguarsi, non ripetere, vilmente, a pappagallo, quello che dice il mainstream. Sollevare dubbi, a costo di scandalizzare. Ogni tanto confrontatevi col radicalmente diverso se volete capire il vostro tempo e viverci non da pecore o da robot ma da uomini vivi e pensanti.
La Verità – 3 dicembre 2023