𝐃𝐚 𝐥𝐚𝐝𝐫𝐨 𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐯𝐨: 𝐥𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐭𝐫𝐞𝐧𝐭’𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐝𝐨𝐩𝐨
Il trenta aprile di trent’anni fa cominciò l’assalto del Popolo al Palazzo.
Continua a leggere⤵️
Da ladro a servo: la politica trent’anni dopo
di Marcello Veneziani
Pubblicato il 30 Aprile 2023
Il trenta aprile di trent’anni fa cominciò l’assalto del Popolo al Palazzo. Fu a Roma, davanti all’hotel Raphael, quando una pioggia di monetine colpì l’omone che rappresentava anche fisicamente il Potere. Bettino Craxi era probabilmente il miglior politico del tempo e il più efficace modernizzatore e riformatore dell’Italia di quel tempo; puntava a liquidare il cattocomunismo e a rilanciare l’Italia nel mondo. In quelle monetine si riconobbe una parte consistente dell’Italia, della destra missina e della sinistra giustizialista; prendeva corpo un nuovo fenomeno trasversale che avrebbe caratterizzato la politica, non solo italiana: il populismo, l’antipolitica e l’odio verso la “casta”. C’era un errore di visione e di prospettiva in quell’odio: si attaccava e si delegittimava la casta politica e si lasciavano inviolate e sempre più potenti le altre caste: quella tecno-burocratica, quella finanziaria, quella giudiziaria. Più altre sottocaste, tra cui il potere mediatico o quello culturale. Il risultato fu peggiore della situazione pregressa: la casta politica con tutti i suoi difetti e abusi era rispetto alle altre caste un argine o quantomeno un riequilibrio. Ma la casta politica veniva attaccata perché in realtà era la politica a venir messa fuori gioco; e politica vuol dire sovranità politica, popolare e nazionale, ormai un ingombro rispetto agli assetti extraterritoriali della globalizzazione, gli interessi oligarchici e privati, le direttive e i vincoli dell’unione europea, l’egemonia dei poteri sovranazionali. Da quella crisi che passò sotto il nome di Tangentopoli, la politica uscì più debole e sottomessa. E più fragile, più indifesa fu la cittadinanza rispetto al potere.
Trent’anni dopo, a che punto ci troviamo? La marcia del populismo scontento del potere è avanzata, ha cambiato i suoi connotati, i suoi obbiettivi e i suoi bersagli. La gente è tendenzialmente più vicina agli outsider rispetto agli insider, propende per gli oppositori rispetto all’establishment.
Ma qual è la sostanziale differenza tra la contestazione in moneta sonante del 30 aprile di 30 anni fa rispetto a oggi? La principale accusa di quel tempo era la corruzione, i politici erano considerati – anche con fondate motivazioni – corrotti, ladri, tangentari. Oggi quest’accusa non è più preminente, non è la corruzione politica il male principale della nostra epoca e nemmeno il malaffare, l’ingerenza della politica in ambiti imprenditoriali privati, col relativo potere ricattatorio e la richiesta mafiosa di pedaggi da pagare, come il mitico brigante Ghino di Tacco che venne associato proprio alla figura di Bettino Craxi.
Oggi alla politica si contesta l’inefficacia, l’impotenza, l’inadeguatezza, la subordinazione ai poteri ”forti” e in particolare alla megamacchina degli interessi mercantili, farmaceutici, militari, finanziari, o dei colossi del web. Oggi la politica non è più vista come prepotente e invasiva ma come servile e sottomessa a disegni e poteri sovrastanti; un carro di mimi e di illusionisti, che sceneggiano antagonismi ideologici e offrono falsi obbiettivi simbolici e finti risarcimenti emotivi per non affrontare la realtà e le sue urgenze; e per eliminare ogni resistenza, ogni dissenso riguardo ai problemi veri, alle tendenze di fondo e ai poteri reali. Si sceneggia l’antifascismo, la retorica dei diritti sessuali e civili, si allestisce il racconto sui migranti da frenare o da accogliere, si alimenta l’angoscia per l’ambiente, mentre il corso degli eventi procede per la sua strada, senza che la politica sia in grado di interferire.
Rispetto a trent’anni fa, la scontentezza si è radicalizzata, non è più circoscritta alle quattro facce del potere politico, e a quattro filoni di tangenti e corruzione; ma si è fatta globale e radicale, include le caste che fino a ieri si erano avvantaggiate del discredito della politica e ne avevano preso il posto. Anche in questo caso il popolo degli scontenti è trasversale, e i suoi picchi maggiori, almeno negli ultimi anni, si sono condensati intorno al Movimento 5Stelle, alla Lega, a Fratelli d’Italia, quando non è rimasto fuori dalla politica e dal voto. Ma l’orientamento prevalente nel popolo degli scontenti di oggi è l’ostilità agli assetti dominanti della cappa e all’ideologia politically correct che ne fa da supporto e da religione. Di conseguenza gli scontenti sono più incompatibili con la sinistra, percepita come il braccio politico e ideologico di quella cappa e di quegli assetti. Oggi però che è al governo la destra, la geografia del potere si complica e immette variabili e itinerari alternativi.
In ogni caso si tratta di un flusso assai mobile, inquieto, con una grande forza centrifuga che si sposta periodicamente e abbastanza velocemente nelle sue collocazioni, nei suoi gusti e disgusti, ma anche negli obiettivi da colpire. Il politico non è più “il ladro”, “corrotto e corruttore” ma è il servo, il traditore che vende il suo popolo sovrano ai poteri sovrastanti in cambio del simulacro del potere. Egli è colui che tradisce gli elettori; il nemico principale è il burattinaio, colui che tira i fili; mentre il politico è visto come il burattino, anche quando ha incarichi di comando. Non è mai decisore ma esecutore, il potere ha perso visibilità, si è fatto opaco, e per taluni oscuro. Il governo si è fatto governance.
Insomma, ne hanno fatta di strada le monetine lanciate trent’anni fa contro Craxi. Nell’era dei social e della moneta elettronica, il dissenso si è smaterializzato, si fa a suon di like e di blog, non è più tintinnante e solido come le monetine lanciate de visu, ma è diffuso e invisibile, come il potere che contesta.
La Verità – 30 aprile 2023