Coronavirus: L’Unione Europea si disfa

Coronavirus: L’Unione Europea si disfa

di Soeren Kern 29 marzo 2020

Pezzo in lingua originale inglese: Coronavirus: The European Union Unravels
Traduzioni di Angelita La Spada

Di fronte a una minaccia esistenziale, gli Stati membri dell’Unione Europea, lungi dall’essere uniti per affrontare la pandemia come blocco unificato, stanno istintivamente tornando a perseguire gli interessi nazionali. Dopo anni di critiche al presidente americano Donald J, Trump per aver portato avanti una politica nazionalista all’insegna dello slogan “America First”, i leader europei stanno tornando a quello stesso nazionalismo che hanno pubblicamente affermato di disprezzare.

Da quando è diventata più chiara la minaccia rappresentata dal coronavirus, gli europei hanno mostrato ben poco quella preziosa solidarietà multilaterale che per decadi hanno venduto al resto del mondo come fondamento dell’unità europea. Il soft power dell’UE, che si dice sia un modello per un ordine mondiale post-nazionale, ha dimostrato di essere una vuota finzione.

NICKELSDORF, AUSTRIA - MARCH 18: Trucks are parked on the motorway leading to the Austrian-Hungarian border crossing near Nickelsdorf on March 18, 2020 in Nickelsdorf, Austria. After negotiations between Austrian and Hungarian authorities, Hungary opened the border for Rumanian, Serbian and Bulgarian citizens. Prior to the measures the queues on Austrian side were up to 60kms long. (Photo by Thomas Kronsteiner/Getty Images)
 Nelle ultime settimane, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno chiuso le loro frontiere, hanno vietato le esportazioni di forniture essenziali e hanno trattenuto gli aiuti umanitari. Nella foto: Il 18 marzo 2020, i camion vengono sottoposti a backup al valico di frontiera tra Austria e Ungheria. (Foto di Thomas Kronsteiner/Getty Images)

Nelle ultime settimane, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno chiuso le loro frontiere, hanno vietato le esportazioni di forniture essenziali e hanno trattenuto gli aiuti umanitari. La Banca Centrale Europea (BCE), garante della moneta unica europea, ha trattato con disprezzo senza precedenti l’Italia, la terza maggior economia dell’eurozona, nel suo eccezionale momento di bisogno. Gli Stati membri più colpiti dalla pandemia – Italia e Spagna – sono stati abbandonati a loro stessi dagli altri Paesi membri.

Mentre la pandemia da coronavirus infuria in Europa – dove più di 250 mila persone sono state colpite dal Covid-19 e 15 mila sono morte – i pilastri fondamentali dell’Unione Europea si stanno sgretolando uno dopo l’altro.

Di fronte a una minaccia esistenziale, gli Stati membri dell’Unione Europea, lungi dall’essere uniti per affrontare la pandemia come blocco unificato, stanno istintivamente tornando a perseguire gli interessi nazionali. Dopo anni di critiche al presidente americano Donald J, Trump per aver portato avanti una politica nazionalista all’insegna dello slogan “America First”, i leader europei stanno tornando a quello stesso nazionalismo che hanno pubblicamente affermato di disprezzare.

Da quando è diventata più chiara la minaccia rappresentata dal coronavirus, gli europei hanno mostrato ben poco quella preziosa solidarietà multilaterale che per decadi hanno venduto al resto del mondo come fondamento dell’unità europea. Il soft power dell’UE, che si dice sia un modello per un ordine mondiale post-nazionale, ha dimostrato di essere una vuota finzione.

Nelle ultime settimane, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno chiuso le loro frontiere, hanno vietato le esportazioni di forniture essenziali e hanno trattenuto gli aiuti umanitari. La Banca Centrale Europea (BCE), garante della moneta unica europea, ha trattato con disprezzo senza precedenti l’Italia, la terza maggior economia dell’eurozona, nel suo eccezionale momento di bisogno. Gli Stati membri più colpiti dalla pandemia – Italia e Spagna – sono stati abbandonati a loro stessi dagli altri Paesi membri.

I semi dell’Unione Europea furono piantati nelle ceneri della Seconda guerra mondiale. Nel maggio del 1949, Robert Schuman, uno dei padri fondatori dell’UE, annunciò con coraggio la creazione del nuovo sistema mondiale:

“Stiamo conducendo un grande esperimento, la realizzazione dello stesso sogno ricorrente che per dieci secoli si è riproposto ai popoli d’Europa: creare tra loro un’organizzazione per porre fine alla guerra e garantire una pace perenne”.

L’Unione Europea, in divenire da sette decenni, si sta ora disfacendo in tempo reale, tra settimane. Dopo che le acque della pandemia da coronavirus si saranno calmate, le istituzioni dell’UE continueranno quasi certamente a operare come prima. Troppo capitale politico ed economico è stato investito nel progetto europeo perché le élite possano fare diversamente. Ma per i cittadini europei, e molto meno per il resto del mondo, l’attrazione dell’Unione Europea, come modello di identità europea di tipo post-nazionale, si esaurirà.

Esempi recenti del perseguimento unilaterale dell’interesse nazionale da parte dei leader europei, molti dei quali abbracciano il globalismo, ma nei momenti di disperazione abbracciano il nazionalismo, includono:

Francia. Il 3 marzo, la Francia ha sequestrato tutte le maschere di protezione delle vie respiratorie. “Le distribuiremo agli operatori sanitari e ai francesi colpiti dal coronavirus”, ha scritto il presidente francese Emmanuel Macron su Twitter. Il 6 marzo, il governo francese ha costretto la Valmy SAS, un’azienda produttrice di mascherine con sede nei pressi di Lione, a cancellare un ordine di milioni di dispositivi di protezione effettuato dal Servizio sanitario nazionale del Regno Unito.

Germania. Il 4 marzo, la Germania ha vietato l’esportazione di dispositivi di protezione come occhiali, mascherine, camici, tute e guanti. Il 7 marzo, il quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung ha riferito che le autorità doganali tedesche hanno impedito a un camion che trasportava 240 mila mascherine di far ritorno in Svizzera, che non è un Paese membro dell’UE. Il governo elvetico ha convocato l’ambasciatore tedesco per chiarimenti in merito al divieto di esportazione. “Nell’ambito di questi contatti, è stata fatta pressione sulle autorità tedesche per rendere immediatamente possibili le spedizioni bloccate”, ha detto il portavoce del governo svizzero. Dopo la reazione avuta da parte degli altri Stati membri dell’UE, il 19 marzo, la Germania ha invertito la rotta e ha revocato il divieto di esportazione.

Austria. Il 10 marzo, l’Austria è diventato il primo Paese dell’UE a chiudere le proprie frontiere interne con altri Stati dell’Unione Europea. Il cancelliere Sebastian Kurz ha annunciato controlli lungo il confine con l’Italia e un divieto di ingresso alla maggior parte dei viaggiatori provenienti da lì. “La massima priorità”, ha detto Kurz, “è quella di prevenire la diffusione e quindi l’importazione della malattia nella nostra società. Pertanto, l”ingresso in Austria è sospeso per le persone provenienti dall’Italia, ad eccezione di quelle in possesso di un certificato medico che attesti l’assenza del contagio”. Il governo ha inoltre annunciato un divieto a tutti i viaggi aerei o ferroviari verso l’Italia. La decisione di Vienna ha minacciato di annullare la cosiddetta Area Schengen, entrata in vigore nel 1995 e che sancisce la libera circolazione dei cittadini dei Paesi firmatari senza esibire passaporti o subire controlli doganali negli aeroporti e ai valichi di frontiera dei 26 Paesi europei.

Slovenia. L’11 marzo, il governo ha chiuso alcuni valichi di frontiera con l’Italia e in quelli rimasti aperti ha attivato controlli sanitari per contrastare la diffusione del virus.

Repubblica Ceca. Il 12 marzo, il primo ministro Andrej Babiš ha chiuso le frontiere del Paese con Germania e Austria e ha inoltre vietato l’ingresso alle persone provenienti da altri Paesi a rischio. Il 22 marzo, il governo ha dichiarato che le restrizioni alle frontiere possono durare fino a due anni.

Svizzera. Il 13 marzo, il governo elvetico ha imposto controlli alle frontiere con altri Paesi europei. La Svizzera, sebbene non sia un membro dell’UE, fa parte dello Spazio Schengen.

Italia. Il 13 marzo, la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ha respinto le richieste di assistenza sanitaria da parte dell’Italia di essere aiutata a far fronte alla pandemia. Dopo che le sue dichiarazioni hanno sconvolto i mercati finanziari, la Lagarde ha dichiarato che la BCE è “pienamente impegnata a evitare qualsiasi frammentazione in un momento difficile dell’area euro”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto affermando che l’Italia si attende solidarietà e non ostacoli dall’Europa.

Danimarca. Il 14 marzo, il primo ministro Mette Frederiksen ha imposto controlli alle frontiere su tutto il traffico terrestre, marittimo e aereo almeno fino al 13 aprile.

Polonia. Il 15 marzo, il governo ha chiuso le frontiere del Paese a tutti tranne ai cittadini polacchi o a chi è in possesso di un permesso di soggiorno polacco.

Germania. Il 16 marzo, la Germania, il Paese più grande e potente dell’UE, ha introdotto controlli ai suoi confini con Austria, Danimarca, Francia, Lussemburgo e Svizzera. La decisione è arrivata dopo che nel Paese sono stati registrati mille nuovi casi di Covid-19 in un solo giorno.

Ungheria. Il 16 marzo, il primo ministro Viktor Orbán ha chiuso i confini al traffico passeggeri, consentendo l’ingresso nel Paese solo ai cittadini ungheresi.

Spagna. Il 16 marzo, il ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska ha stabilito l’introduzione di controlli a tutte le frontiere terrestri.

Serbia. Il 16 marzo, il presidente Aleksandar Vučić ha dichiarato lo stato di emergenza a causa del coronavirus. Ha biasimato l’UE per aver limitato le esportazioni di attrezzature mediche e ha chiesto aiuto al suo “amico e fratello”, il leader cinese Xi Jinping. “La solidarietà europea non esiste”, ha dichiarato Vučić. “È una favola su carta. Ho inviato una lettera speciale all’unico Paese in grado di aiutarci, la Cina”. La Serbia ha chiesto di diventare membro dell’UE nel 2009. I negoziati di adesione sono iniziati nel gennaio del 2014.

Repubblica Ceca. Il 17 marzo, le autorità ceche hanno sequestrato 110 mila mascherine che la Cina aveva inviato all’Italia. Il 23 marzo, Praga ha consegnato all’Italia il materiale sequestrato. “Ci sono 110 mila mascherine a bordo dell’autobus come regalo per l’Italia, che dovrebbero sostituire il materiale che probabilmente era un regalo cinese per i connazionali italiani”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri Zuzana Stichova.

Germania. Il 18 marzo, la cancelliera Angela Merkel, in un raro discorso televisivo, ha esortato tutti i tedeschi a osservare le regole imposte e finalizzate a ridurre i contatti sociali per evitare quante più nuove infezioni possibili. “La situazione è grave”, ha dichiarato la Merkel, “e dovete prenderla sul serio. Dall’unificazione tedesca, anzi dalla Seconda guerra mondiale, non c’è stata alcuna sfida che richiedesse al nostro Paese un agire comune e solidale di questa portata”. Il discorso della cancelliera alla nazione è stato il primo di questo tipo da quando è salita al potere nel 2005. Non ha fatto alcuna menzione dell’Unione Europea né degli altri Paesi membri dell’UE.

Belgio. Il 22 marzo, il coronavirus ha alimentato tensioni tra il Belgio, che è in lockdown, e i Paesi Bassi, che non lo sono. “Nei Paesi Bassi, i negozi sono ancora aperti e sono ancora consentite riunioni a cui siano presenti 100 persone – si tratta di terreni fertili per la propagazione del virus”, ha detto Marino Keulen, sindaco di Lanaken, città belga di confine. Le autorità belghe hanno installato barricate lungo il confine e stanno vietando l’ingresso nel Paese alle auto con targhe olandesi. Keulen ha definito i controlli alla frontiera come un “segnale all’Aja” per incrementare rapidamente” le sue azioni di risposta e allinearsi con i Paesi vicini. “Il governo olandese è incompetente e ridicolo nella sua risposta alla crisi generata dal coronavirus”, ha dichiarato Leopold Lippens, sindaco della città belga costiera di Knokke-Heist. “I Paesi Bassi non stanno facendo nulla, quindi dobbiamo proteggerci da soli”.

Spagna. Il 25 marzo, dopo non aver ottenuto l’aiuto da parte dell’Unione Europea, il governo spagnolo ha chiesto aiuto alla NATO per acquistare 1,5 milioni di mascherine e 450 mila respiratori. La NATO non è in possesso di questo materiale e si è limitato a inoltrare la richiesta spagnola agli altri 29 alleati, molti dei quali sono anche membri dell’UE.

Polonia. Il 25 marzo, le autorità polacche hanno impedito l’esportazione di centinaia di migliaia di confezioni di igienizzante per mani in Norvegia, che non è membro dell’UE. L’azienda norvegese Norenco produce disinfettante per mani e destinato al mercato scandinavo in una fabbrica della Polonia. L’amministrazione delegato della Norenco, Arne Haukland, ha detto che dopo aver fatto richiesta di una licenza di esportazione, cinque uomini si sono recati in fabbrica e hanno chiesto che fossero loro mostrate le scorte di igienizzante. Ha inoltre affermato che l’azienda ha in seguito ricevuto una lettera in cui le si ordinava di vendere le confezioni di igienizzante alle autorità locali della città di Lubin a un prezzo fisso, in base alle leggi varate in Polonia all’inizio di marzo per l’emergenza coronavirus. Il sequestro aggraverà il problema di approvvigionamento degli ospedali norvegesi.

Francia. Il 25 marzo, il presidente Emmanuel Macron, in un discorso alla nazione pronunciato all’esterno di in un ospedale militare della città di Mulhouse, nella parte orientale della Francia, ha invocato l’unità nazionale anziché quella europea: “Quando ci si impegna in una guerra, lo si fa uniti, ci si mobilita per l’unità. Vedo nel nostro Paese fattori di divisione, dubbi e chi oggi vorrebbe dividere il paese. Per questo dobbiamo avere una sola ossessione, essere uniti per combattere il virus. Faccio appello a questa unità e a questo impegno”.

Nel frattempo, in Italia, un sondaggio nazionale pubblicato il 18 marzo ha rilevato che l’88 per cento degli italiani ritiene che l’UE non stia aiutando il loro Paese. Solo il 4 per cento pensa il contrario, mentre l’8 per cento non ha espresso un’opinione. Più di due terzi degli italiani (67 per cento) ha dichiarato che far parte dell’Unione Europea è uno svantaggio per il loro Paese.

In un articolo titolato “Il Coronavirus minaccia l’unità europea”. Bill Wirtz, un commentatore politico che vive in Lussemburgo ha osservato:

“Man mano che il coronavirus si diffonde, i Paesi dell’Area Schengen stanno chiudendo le loro frontiere. Poco importa che questi Paesi credano che una risposta europea coordinata sarebbe inefficiente o che pensino che i loro elettori non lo capirebbero. Il semplice fatto che le frontiere siano riemerse in Europa è un fallimento dell’integrità dell’accordo di Schengen che ha abolito i controlli alle frontiere interne…

“Non esiste una risposta coordinata dell’UE, e man mano che le raccomandazioni cadono nel vuoto, Bruxelles sta affrontando una crisi di fiducia. Non esiste una risposta alla crisi da parte dell’Unione Europea, una sperimentazione o una ricerca coordinata. Peggio ancora, le istituzioni dell’UE sono testimoni di una guerra tra Paesi, che stanno cercando di limitare le esportazioni di attrezzature mediche per tenerle per sé. In tempi di crisi, sono emerse la vera influenza e la reale capacità dell’UE, ed entrambe sono molto ridotte.

“Allo stato attuale, i Paesi stanno affrontando una crisi di letti ospedalieri, di attrezzature mediche e di tutte le risorse. Se il virus perde forza e si giunge alla conclusione che l’UE è stata uno spettatore impotente nell’occhio del ciclone (ed è già così), allora l’accordo di Schengen e le frontiere aperte potrebbero far fronte a una difficile ripresa”.

Darren McCaffrey, editorialista politico di Euronews, ha scritto:

“Nelle ultime due settimane, la solidarietà è crollata in seno al blocco. I Paesi hanno iniziato a imporre controlli alle frontiere ai vicini Paesi dell’UE e perfino la Germania ha preso provvedimenti per gestire il flusso di persone che entrano ed escono dal suo territorio.

“Martedì, si è formata una coda lunga 35 km alla frontiera tra Polonia e Germania, dove centinaia di europei – lettoni, estoni e lituani – erano bloccati a bordo di camion, auto e bus.

“Poiché l’UE deve adottare misure per prevenire la diffusione della malattia, molti si preoccupano dell’essenza dell’Unione Europea e delle sue quattro libertà [la libera circolazione dei cittadini, dei beni, dei servizi e dei capitali].

“Cos’è l’UE, se i suoi cittadini non possono muoversi liberamente? Cos’è il mercato unico se i beni non possono attraversare le frontiere dell’Europa senza ostacoli?”

In un articolo titolato “Prima le nazioni: L’Ue tenta di darsi un ruolo nella lotta contro il coronavirus”, il quotidiano tedesco Der Spiegel osserva:

“Man mano che la pandemia prende piede in Europa la decennale unione sta mostrando i suoi punti deboli. Mentre l’UE è riuscita a sopravvivere al Brexit e alla crisi dell’euro, la crisi generata dal coronavirus potrebbe tuttavia rivelarsi una sfida insormontabile.

“Invece di cercare soluzioni congiunte, il Continente si balcanizza e torna alle soluzioni nazionali. Anziché aiutarsi a vicenda, i Paesi dell’UE stanno facendo incetta di mascherine come gli europei in preda al panico stanno ammassando carta igienica. Le prime decisioni prese da alcuni Stati membri dell’UE di evitare di esportare attrezzature mediche in Italia – il Paese dell’UE che è stato colpito più duramente dalla pandemia – ha perfino messo in ombra la mancanza di solidarietà europea mostrata dal primo ministro ungherese Viktor Orbán nella crisi dei rifugiati.

“Gli europei sono perfino divisi sulla questione di come combattere il virus. Mentre la Germania lavora per impedire a quante più persone possibili di contrarre il virus e infettarsi, i Paesi Bassi puntano sull’immunità di gregge per combattere il Covid-19. Il segnale è chiaro: quando le cose diventano serie, ogni Stato membro si prende cura di se stesso per primo – anche 60 anni dopo la creazione della comunità”.

Soeren Kern è senior fellow al Gatestone Institute di New York.