Contro la famiglia

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È tutta questione di… partecipazione.

Con questo video ho rivolto i miei auguri, per questo nuovo anno, a tutta la rete. Ora, voglio commentare più diffusamente, sempre nei limiti della vostra tollerabilità, la riflessione personale sottesa a queste mie parole.
Come ci ricorda Emily Dickinson, parafrasando una sua famosa poesia, la verità va detta obliqua, perché il successo è nel cerchio, altrimenti potrebbe accecare la nostra vista. Il titolo di questo mio intervento, invece, non segue il consiglio della grande autrice, proprio perché desidero fare altrimenti.

Una verità italiana, una fra le tante, sta proprio in quello che pensiamo sulla famiglia. Il valore esageratamente positivo che le attribuiamo, ingannandoci a vicenda sulla positività di tale valore. La famiglia è antropologicamente il luogo all’interno del quale troviamo protezione, giustificazione e legittimazione, rispetto a tutte le azioni, positive o negative, che compiamo. È il luogo della difesa per eccellenza. È l’occasione in cui l’inganno e l’autoinganno convivono, in nome del legame di sangue, grazie al quale tutte le nefandezze sono salvate, tollerate e poco osteggiate. Così si perpetua l’atteggiamento familistico presente nella nostra società. Grazie ad esso, si giustifica ogni situazione esistenziale, tanto famigliare quanto sociale.

E quando diciamo che “i panni sporchi vanno lavati in famiglia”, intendiamo proprio questo. Ma non li laviamo quasi mai. Oggi, e sempre di più, questi panni sporchi insudiciano l’intera società. Accade in politica, all’interno delle Istituzioni dello Stato, nella scuola e in tutte o quasi le altre agenzie educative.

Certo, in famiglia avviene anche qualcosa di positivo. Ma ad una condizione: che vi siano regole in nome delle quali gli errori ricevono la stessa disapprovazione che dovremmo trovare nella società. Non può esserci un rapporto a senso unico, dalla famiglia verso la società, che sia valido e produttivo, che non vada anche in direzione opposta. Dovrebbe esistere un doppio senso di marcia, quasi sconosciuto nella nostra attuale società.

Ecco perché il mio augurio video è legato al concetto di verità, come occasione di dialogo e di incontro e mai come occasione di giudizio inappellabile, insindacabile e giustificabile per il semplice fatto di essere basato sul sangue, oppure su rapporti corrosi dal malaffare. E se non accettiamo la nostra debolezza, la nostra fragilità, non saremo nella condizione di farci forza davvero, costruendo un avvenire imperfetto, l’unico possibile in questo mondo, perché umano.

Tutto il resto che si dice, sulla famiglia oppure sulla ragione umana, sono solo ciance. Ecco perché continuo a scommettere sull’Uomo, così come è, gracile e fragile.

 

 

alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).

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