Col buonismo non si risolvono i problemi
Francesco Alberoni – Dom, 04/08/2019
Ogni giorno ricevo sul cellulare l’immagine di bambini neri ammalati, denutriti, che ti guardano con i loro grandi, bellissimi occhi tristi e mi creano una immensa pietà.
Le organizzazioni chiedono soldi per curarli, per nutrirli e io mi sento in colpa a non dare nulla. Ma poi, parlando con gli amici e i conoscenti, girando per le strade, ascoltando le storie di persone impoverite, mi accorgo di quanta immensa miseria e sofferenza ci sia proprio accanto a noi qui, in Italia. Giovani che non trovano lavoro, gente licenziata, fabbriche che chiudono, mamme che non riescono a curare i propri figli perché si alzano presto al mattino, prendono un treno, vanno in ufficio e ritornano sfinite la sera. Vedo gente con la casa distrutta dal terremoto e sanno che non verrà ricostruita, vedo vecchi soli, ammalati e senza cure, vedo gente che un tempo era agiata e oggi va alla Caritas per mangiare e mi domando se anche costoro non hanno bisogno della stessa pietà. E mi prende la collera quando sento dire che la miseria dell’Africa nera – e, quindi, anche di quei bimbi – è colpa nostra, di noi europei, del colonialismo o perché li rifiutiamo, non li accogliamo in Italia. E chi allora ha la colpa della crisi che colpisce l’Italia e l’Europa? Chi è responsabile della scomparsa delle nostre fabbriche, della classe operaia, dell’immiserimento della classe media? Il nostro egoismo? Il colonialismo? No, la ragione è un’altra: la nostra incapacità di competere sul mercato mondiale, la nostra chiusura provinciale, il non volere vedere, il non volerci rendere conto dell’impetuoso sviluppo e del progresso che avviene in tutto il mondo, dalla Corea al Vietnam, dall’India all’Etiopia.
Non è con la carità e colpevolizzandoci che risolveremo i problemi della popolazione del mondo. Ma crescendo noi stessi, inventando noi stessi, diventando noi potenti e poi aiutandoli con programmi economici e scientifici razionali. E infatti per il mondo povero (anche se per interessi economici) fanno molto di più i cinesi quando costruiscono autostrade in Eritrea, in Sudan, in Egitto, quando respingono il deserto in Algeria e fanno ospedali e fabbriche nell’Africa nera.