𝗖𝗶𝗮𝗺𝗽𝗶, 𝘂𝗻𝗮 𝗺𝗼𝗻𝗲𝘁𝗮 𝗮 𝗱𝘂𝗲 𝗳𝗮𝗰𝗰𝗲
Carlo Azeglio Ciampi si riparava sotto le sue folte sopracciglia e lasciava che esprimessero disappunto, sorriso, riguardo. Quest’anno ricorre il centenario della sua nascita, morto il 16 settembre di quattro anni fa. Mattarella è andato a Livorno, sua città natale, per rendergli omaggio e scoprire un busto in suo onore. Come sempre accade, e non solo davanti a un morto, Ciampi fu sepolto quattro anni fa sotto un diluvio di elogi funebri. Tutti lo esaltarono, meno Salvini che in modo franco ma un po’ brutale e irrispettoso, lo bollò come un traditore.
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Ciampi, una moneta a due facce
Carlo Azeglio Ciampi si riparava sotto le sue folte sopracciglia e lasciava che esprimessero disappunto, sorriso, riguardo. Quest’anno ricorre il centenario della sua nascita, morto il 16 settembre di quattro anni fa. Mattarella è andato a Livorno, sua città natale, per rendergli omaggio e scoprire un busto in suo onore. Come sempre accade, e non solo davanti a un morto, Ciampi fu sepolto quattro anni fa sotto un diluvio di elogi funebri. Tutti lo esaltarono, meno Salvini che in modo franco ma un po’ brutale e irrispettoso, lo bollò come un traditore. Non mi parve di leggere o ascoltare nessun necrologio onesto in cui venissero evidenziati i suoi pregi e le sue responsabilità. Perché un conto è rendere omaggio alla salma e onorare la memoria, un altro è farne la storia, con i suoi bilanci in chiaroscuro. Credo che ci sia un’enorme differenza tra il ruolo che Ciampi ha coperto nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica e ancor più nel passaggio dalla sovranità nazionale all’unione Europea. E il ruolo che ha avuto invece quando è stato Capo dello Stato. Un vero ribaltamento di prospettiva.
Nel primo caso Ciampi, prima in veste di governatore della Banca d’Italia, poi con incarichi governativi, è stato coprotagonista nel passaggio dalla sovranità politica alla sovranità economica, contribuendo a consegnare l’Italia alle oligarchie finanziarie transnazionali; un paese che svendeva la sua sovranità e i tesori di casa, come accadde nel famoso incontro segreto sullo Yatch Britannia, dove sotto la bandiera di Sua Maestà d’Inghilterra, si decise di cedere i pezzi forti dell’economia italiana nel nome della globalizzazione e della privatizzazione. Grave responsabilità ebbe poi Ciampi, con Prodi, nel modo con cui negoziammo l’euro e il famoso cambio di uno a due – un euro contro 1936 lire – che fu il principio delle nostre disgrazie economiche e finanziarie. E così il governo tecnocratico di Ciampi doveva essere il corridoio di passaggio dall’egemonia democristiana a quella dei postcomunisti sotto l’egida dei nuovi assetti europei decisi a Maastricht. Una specie di governo Badoglio della finanza, Con questo stesso spirito Ciampi fu eletto al Quirinale, sostenuto dal centro-sinistra e obtorto collo anche dal centro-destra.
Ma qui avvenne la Mutazione, il Cambio di paradigma. Ciampi, l’uomo della finanza internazionale, si rivelò un patriota, puntò a rivalutare il senso di coesione nazionale. E sul piano politico si rivelò un presidente di garanzia, equilibrato e al di sopra le parti. Infatti fu attaccato da sinistra e persino dal politologo illustre Giovanni Sartori perché non si prestò alle trame contro il governo Berlusconi e il centro-destra, come fecero il suo predecessore e il suo successore, ma si tenne rigorosamente al di fuori e al di sopra della mischia. Infatti sotto la sua presidenza ci fu un governo Berlusconi che durò un’intera legislatura dal 2001 al 2006, l’unico nella storia della repubblica. Riscoprì l’amor patrio e il Risorgimento, l’idea di continuità dello stato italiano nonostante le lacerazioni e le divisioni. Ciampi intraprese un tour patriottico e risorgimentale nei luoghi significativi d’Italia per rianimare la passione nazionale, incoraggiando iniziative di legge per dotare le scuole e gli uffici di bandiere tricolori. Si prospettò sotto la sua presidenza l’idea di ricordare il 7 gennaio la Festa del Tricolore. E non si tirò indietro nel ricordare le vittime delle foibe.
Ciampi rese onore ai soldati italiani caduti a Cefalonia, respinse la tesi sulla nella morte della patria, sostenendo che l’8 settembre del 1943 l’Italia non fosse morta, come avevano scritto Renzo De Felice ed Ernesto Galli della Loggia, ma fosse rinata. Tesi assai discutibile ma inevitabile, doverosa, per chi è presidente della repubblica. Lo ricordo appassionato, benché quasi novantenne, nelle riunioni del comitato per gli anniversari nazionali, di cui fu il primo presidente fino al 2010. Ciampi abbracciò, tra l’altro, la proposta che avanzai in quella sede di elevare il 17 marzo, data della proclamazione dell’Unità d’Italia, a festa nazionale. Cosa che accadde, ma solo in occasione del centocinquantenario, il 2011.
Anni prima, nel 2002, ricevetti a sorpresa una sua telefonata dal Quirinale in cui esprimeva inaspettati giudizi lusinghieri su un libro, La Cultura della destra, che avevo pubblicato in quei giorni con Laterza. Mi chiesi con una punta di cordiale polemica: dove ho sbagliato se il libro è piaciuto a Ciampi…? Non lo conoscevo di persona e lo avevo più volte attaccato per le sue responsabilità economico-finanziarie; fui tra i pochissimi a criticare la sua elezione al Quirinale, che mi parve il simbolo di una capitolazione del primato della politica e del popolo sovrano al primato della finanza e degli interessi economico-bancari transnazionali. Ma nel corso del suo settennato mostrò in più occasioni un fiero amor patrio e si prodigò nel tentativo di far nascere un patriottismo condiviso che superasse le eredità della guerra civile e poi del referendum tra monarchia e repubblica. Sarà il paragone con Oscar Luigi Scalfaro prima di lui e con Giorgio Napolitano dopo di lui, e ora con Mattarella, ma Ciampi al Quirinale si comportò da galantuomo, non fu uomo di partito e si pose davvero come il Presidente di tutti gli italiani, o perlomeno si sforzò d’esserlo. Insomma Ciampi ebbe due nomi e due facce, come le monete. Carlo contro Azeglio, patriota ed espatriota.
MV, La Verità 16 settembre 2020