𝐂𝐡𝐢 𝐯𝐮𝐨𝐥𝐞 𝐜𝐚𝐧𝐜𝐞𝐥𝐥𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐞 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢?
Il Papa che così spesso si discosta, in atti, parole e omissioni, dalla tradizione cristiana e dal magistero della Chiesa, il parroco che fa il presepe inclusivo, femminista e fluido, il preside che lo vieta per non offendere atei e islamici, il musulmano che lo incendia in una chiesa, l’istituto universitario che vuole ribattezzare il Santo Natale “festa d’inverno” per essere più laico, gelido e inclusivo, compiono gesti o atti negazionisti della tradizione, cedimenti demagogici al conformismo progressista e segni dissacranti, che denunciamo e condanniamo ogni giorno
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Chi vuole cancellare le tradizioni?
di Marcello Veneziani
23 Dicembre 2023
Il Papa che così spesso si discosta, in atti, parole e omissioni, dalla tradizione cristiana e dal magistero della Chiesa, il parroco che fa il presepe inclusivo, femminista e fluido, il preside che lo vieta per non offendere atei e islamici, il musulmano che lo incendia in una chiesa, l’istituto universitario che vuole ribattezzare il Santo Natale “festa d’inverno” per essere più laico, gelido e inclusivo, compiono gesti o atti negazionisti della tradizione, cedimenti demagogici al conformismo progressista e segni dissacranti, che denunciamo e condanniamo ogni giorno. Ma possiamo realmente, onestamente attribuire a quei gesti, a quelle parole, la colpa del tramonto del sacro, della civiltà e della fede in Occidente, l’avvento del nichilismo ego-narcisista in una società che non crede in nulla? Arrivo a dire: magari se il problema fosse tutto lì, circoscritto a quegli episodi, quei personaggi e quelle scelte di singoli o di gruppetti, o alla sciagurata azione o predicazione di taluni. A volte, anzi, sembra che il processo sia esattamente capovolto: non sono quei gesti e quei soggetti a farci scivolare nella società del Nulla, ma è la società del Nulla a favorire, armare e giustificare quei gesti e quei soggetti. Il loro è solo un tentativo, magari opportunistico e conformistico, di adeguarsi alla corrente, di mettersi al passo dei tempi, fingendosi anticipatori ed emancipatori. Papa incluso.
O quantomeno, i loro atti, le loro parole sono spie di un degrado, fattori secondari concomitanti, al più vistosi gesti simbolici e iconoclasti, ma non sono le cause di quel declino che viviamo ormai da tempo, che viene da lontano e colpisce vastità di popoli, nell’epoca dell’individualismo consumistico di massa.
Michele Serra ha scritto ieri su la Repubblica un commento alla proposta di legge di vietare chi vuol vietare i presepi; confesso di essere in buona parte d’accordo con lui: “Le tradizioni – scrive Serra – sono una cosa bellissima: una specie di scia naturale che ci accompagna lungo il tempo, oltrepassa le mode, sopravvive alla morte delle persone. Fanno sentire protetti dall’evanescenza della vita. C’è un solo modo per rendere ripugnanti e innaturali le pratiche della tradizione: imporle per legge. Le tradizioni imposte per legge diventano in un istante odiose. Non un dono, ma una soma che viene voglia di scrollarsi di dosso, come il cavallo scosso che non vuole obbedire a chi lo frusta”….. Vero, di primo acchito concordo con lui, anche se le tradizioni hanno pure bisogno di essere difese, tutelate; sono fragili e deperibili, vanno difese dall’onda di conformismo e di negazioni che induce a cancellarle con lo stesso passivo automatismo con cui molti in passato le seguivano. Inoltre le tradizioni vanno insegnate, si deve educare alle tradizioni con gli esempi, le pratiche, i riti e le riflessioni. Resta vero come lui dice che le tradizioni non possono essere imposte per legge o decretate d’autorità; però questa proposta di legge, in realtà, ha l’obiettivo opposto, non di imporre tradizioni ma di impedire che vengano vietate. Ovvero lascia aperta la possibilità di allestire presepi, non sancisce alcun obbligo di presepe (che sarebbe letteralmente grottesco). Per certi versi lo spirito di quella legge è nel vietato vietare, che ricorda un famoso slogan sessantottino…
Ma resta vero un principio di fondo: la forza delle tradizioni è che esprimono un comune sentire, realmente condiviso, trasmettono una continuità vitale entrata ormai negli usi, costumi e caratteri di un popolo. Quando sono vigorose e vigenti nessuno può scalfirle; è quando si ammalano, quando deperiscono, che vengono più facilmente assaltate e vilipese. E’ il proverbiale calcio dell’asino al leone morente, un tempo ruggente e possente re degli animali.
E qui tocchiamo il tema cruciale da cui siamo partiti: ma davvero crediamo che le tradizioni siano cancellate da quei gesti meschini, superficiali e magari sconsiderati, da quegli atti di pura negazione e di puro cinismo pur ammantati di solidarietà umanitaria e di retorica dell’inclusione? No, processi più lunghi e radicali, modelli di vita e di consumo largamente seguiti, sono ormai entrati nella testa della gente, mutazioni e degenerazioni radicali hanno nel tempo svuotato, svilito e ucciso molte tradizioni e ancor più la fiamma che le teneva vive: la fede e la fedeltà, l’amor di Dio e della comunità di appartenenza, i legami famigliari e la sensibilità verso i simboli, le liturgie, i miti e i riti.
C’è un mondo intero che volta le spalle alle tradizioni, alla storia, al sacro e alla realtà come l’avevamo conosciuta. Non possiamo attaccarci a singoli, minuscoli episodi illudendoci di salvaguardare le tradizioni semplicemente opponendoci ai loro gesti.
Allora resta il problema che il risveglio di tradizioni resta comunque affidato a un risveglio spirituale, morale e civile, più profondo e radicale, che può essere suscitato, o più realisticamente tentato, con la forza degli esempi, dei pensieri e a partire dai singoli, dalle piccole comunità, da rinnovate energie. Si tratta di volgere in positivo quell’energia oggi rivolta solo in negativo, contro chi apertamente e vistosamente attacca le tradizioni. Torneremo a breve sul tema, ma una cosa possiamo dire: non attribuiamo a singoli, piccoli atti la responsabilità di grandi svolte e grandi mutamenti. Non c’è grandezza in tanta piccineria…
La Verità – 22 dicembre 2023