Che Italia!
È tutta questione di… fallimento.
In questi ultimi giorni, mi sono ritrovato a dialogare con una persona che seguo su Twitter, un donna ingegnere, napoletana, che stimo per quello che scrive, e per come lo sa scrivere. A volte, non siamo d’accordo, specialmente in ottica politica, ma dimostra sempre di essere lealmente in cerca di equilibrio.
Faccio riferimento a questa considerazione, perché entrambi, lei ed io, ci stiamo rendendo conto che, in questo periodo storico, un peccato che non viene perdonato è il ragionare e riflettere sulle cose che accadono, senza dare per scontate le informazioni che si reperiscono sui media ed in rete. Ebbene, si ha l’impressione che questa pratica di personale ed autonoma riflessione sia imperdonabile, rispetto a ciò che si deve dire, credere e pensare. È vero che io ho sempre sostenuto e sostengo, anche durante le mie lezioni e conferenze, che nessuno di noi pensa davvero solo con la propria testa, perché il nostro pensare è sempre e soltanto culturale. Ma, ciò non significa trovarsi nelle condizioni di essere additati come sovversivi, fascisti, oppure comunisti, per il solo fatto che si dubiti di ciò che ci viene proposto/imposto come vero, persino reale.
In effetti, ci stanno abituando ad una demenza culturale, caratterizzata da assenza di reali argomentazioni (questa è la funzione della TV trash), che accompagna e sostiene la banalità individuale. Penso alle Sardine, alle dichiarazioni di un certo Casalino (la cui sola presenza costituisce un’umiliazione per le centinaia di studenti universitari, professionisti e ricercatori…), oppure a quelle di un certo Scanzi, che parla un italiano davvero elegante e raffinato. Certo, non è questione partitica, ma legata ad un degrado socio-culturale largamente diffuso e volutamente alimentato, affinché le persone si allontanino dal pensare con la neocortex e utilizzino i villi intestinali, facendo appello alle emozioni. Ma, la scienza dice, sono espressioni impulsive di manifestazioni cognitive, ossia diventano il luogo primigenio dei giudizi razionali che le seguono.
Ecco perché sarebbe l’ora di contornarsi, nella propria vita privata e quotidiana di buoni vaccini, e il primo è quello di spegnere la televisione, ed utilizzarla come strumento per collegarsi a Netflix o Prime Video. Cerchiamo di difenderci da questo degrado esistenziale, altrimenti saremo costretti molto presto ad affidarci totalmente a qualche ulteriore e meraviglioso virus reale, per sperare nel meglio.
Ogni ricostruzione è sempre sanificatrice.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).