Carnevale, la festa, il gioco e il massacro

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La funzione principale del Carnevale, lo spiega uno dei massimi cultori della Tradizione, RenĆØ GuĆ©non, era comunque quella di ā€œcanalizzareā€ e rendere ā€œinoffensiveā€, oltrechĆØ delimitate nel tempo e nel luogo, alcune manifestazioni esplosive o alcune tensioni ā€œsatanicheā€ (Simboli della scienza sacra).

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Carnevale, la festa, il gioco e il massacro

Il Carnevale ĆØ il crocevia tra sacro e profano, tra pagano e cristiano, tra antico e moderno, tra nobile e plebeo, in cui lā€™uno sconfina nellā€™altro e uno si fa beffe dellā€™altro. Una festa che coglie tutto lā€™humus popolare romano, lā€™indole ironica e comica dei romani, il forte senso della caricatura e del grottesco. Ma anche la dimestichezza con lā€™eterno e con la storia, lā€™intreccio di religioso e irriverente, la celebrazione rituale del corpo, del sesso e del cibo, lā€™elogio della follia fino allā€™esorcismo collettivo di paure e spettri. E i brindisi infiniti alla morte ubriaca, nella speranza che, alterata dalle libagioni, anche la morte perda luciditĆ  e non svolga il suo compito ferale. Unā€™antica impronta dionisiaca, quel Dioniso che a Roma diventĆ² Liber Pater e quindi Bacco, ispira alle sue origini i Saturnalia, con le sue prime trasgressioni e le prime maschere fino al mitico Meo Patacca. Poi lā€™anima trasgressiva e orgiastica delle origini viene gradualmente metabolizzata nella Roma cristiana e papalina, che non abolisce le feste pagane ma tende piuttosto a riconvertirle dentro la propria sfera per controllarne gli effetti.
Il Carnevale di Roma, ā€œgran theatro del mondoā€, si intreccia al mondo delle maschere e dei travestimenti ma anche alle gare dei cavalli, derivazioni dellā€™antica Equiria, la festa equestre che cadeva il 27 febbraio e si ripeteva poi quindici giorni dopo, dedicata in origine al dio Marte. E poi continuata nella Roma cattolica fino al principio dellā€™Ottocento, come ricordava anche Goethe nel suo Viaggio in Italia, con la gara dei cavalli prima tra il Testaccio e il Campidoglio e poi sulla via Lata, lā€™attuale via del Corso, da piazza del Popolo a piazza Venezia. Riti di passaggio dallā€™inverno alla primavera, come ricordava Alfredo Cattabiani.
Il Carnevale romano costituiva non soltanto una festa liberatoria ed euforica, ma aveva anche un suo lato eversivo e poco rassicurante. Franco Cardini parla di ā€œfesta inquietanteā€ e di ā€œfase pericolosa dellā€™annoā€ perchĆ© esplodevano violenze e allā€™indomani si facevano macabri ritrovamenti. Non a caso nel 1560 furono proibite le maschere a Roma in seguito a fatti di sangue, che si ripeterono nel 1579. E lā€™atmosfera minacciosa del Carnevale romano la colse anche lo stesso Goethe, assistendo alla ā€œfesta dei moccolettiā€ segnata dalla minaccia di ammazzare chi aveva la candelina spenta, e vi era chi spegneva apposta la candelina del vicino per compiere assassini rituali. Insomma cā€™era un versante sinistro del carnevale romano.
Per questo si puĆ² condividere sino a un certo punto lā€™idea che il Carnevale anche a Roma fungesse da valvola di sfogo per le intemperanze e il disordine. AnzichĆ© imbrigliarle e domarle, il Carnevale romano in alcune fasi storiche favoriva entrambi, dandone un teatro e una messinscena adatta; diventava un poā€™ come lā€™odierno carnevale di Rio, una specie di zona franca e tempo sospeso in cui poter compiere delitti in altri periodi dellā€™anno vietati.
La funzione principale del Carnevale, lo spiega uno dei massimi cultori della Tradizione, RenĆØ GuĆ©non, era comunque quella di ā€œcanalizzareā€ e rendere ā€œinoffensiveā€, oltrechĆØ delimitate nel tempo e nel luogo, alcune manifestazioni esplosive o alcune tensioni ā€œsatanicheā€ (Simboli della scienza sacra). Una sorta di rovesciamento rituale, non solo limitato al piano politico e sociale, per consentire un controllo delle spinte sovversive e contestatrici, ma anche un evento iniziatico, per circoscrivere e neutralizzare lā€™affiorare dei demoni e degli spiriti nefasti. A Carnevale ĆØ dato libero ma limitato accesso alla follƬa e al caos, allā€™inversione dei ruoli sociali, anagrafici e perfino sessuali; il principio che lo sorregge ĆØ lā€™eccezione che serve a confermare la regola, consentire uno sfogo per rafforzare lā€™ordine, la gerarchia e riportare la trasgressione nellā€™alveo dei rapporti ā€œnormaliā€, nellā€™osservanza dei doveri civili e delle pratiche religiose. Semel in anno licet insanire. Naturalmente non manca accanto al controllo dellā€™aspetto destabilizzante, anche lā€™aspetto puramente ricreativo e festoso, il divertimento e lā€™allegria carnascialesca. Nei saggi sullā€™Umorismo Pirandello sosteneva che la matrice del comico fosse ā€œil sentimento del contrarioā€; e la festa del Carnevale ĆØ proprio dedicata al mondo a rovescio, il mondo al contrario. Una festa del comico e del grottesco, in piazza, in cui tutti sono attori e spettatori, vittime e carnefici. Una festa di popolo, realmente comunitaria, dove la tradizione perdeva lā€™austero sussiego delle Chiese e dei Palazzi e scendeva chiassosa e festosa per i vicoli e le piazze di Roma. Un rito collettivo e un patrimonio dā€™umanitĆ  da non dimenticare che ora viene meritoriamente riportato alla luce. Tra tante posticce tradizioni reinventate nel nostro paese per finalitĆ  turistiche, unā€™antica, genuina e radicata tradizione popolare come il Carnevale romano non puĆ² essere inghiottita nellā€™oblio. Lā€™anima di un popolo ha bisogno del suo carnevale, come la veritĆ  ha bisogno di una maschera per svelarsi.