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Un anno fa, come oggi, Franco Battiato varcĆ² āla porta dello spavento supremoā
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Battiato, tra il cinico e il sapiente
Un anno fa, come oggi, Franco Battiato varcĆ² āla porta dello spavento supremoā, come recitava una sua canzone scritta con Manlio Sgalambro. A un anno dalla sua morte, vorrei soffermarmi sulla visione che ha illuminato e accompagnato il cantante siciliano lungo la sua vita e la sua opera.
Battiato ĆØ davvero un unicum nella musica leggera, non ci sono altri cantanti che abbiano seguito un percorso iniziatico come lui, con tutte le cadute, le contraddizioni e le ingenuitĆ del caso. Un anno fa alla sua morte, per sintetizzare questa sua originalitĆ parlai di āmistica leggeraā.
Il fascino della sua musica e delle sue parole ĆØ che ti porta nellāaltrove; e in quellāaltrove ĆØ possibile allāascoltatore trovare la chiave della vita, la luce dellāEssere o la favola per trascendere dalla vita stessa, immaginare altri mondi e sognare altre dimensioni, altri destini. E a fianco a questo cammino, la dolce magia dei ricordi: āLo sai che piĆ¹ sāinvecchia/PiĆ¹ affiorano ricordi lontanissimiā, ma poi āRovine inseguono i ricordi ā canta in Lontananze dāazzurro ā Ma io voglio vivere il presente senza fineā.
Il cammino di Battiato si situa tra due antipodi: lāarmeno Georges Ivanovic Gurdjieff e il siculo Manlio Sgalambro. Vale a dire il visionario metafisico, lāasceta, il sapiente e lo scettico radicale, il cinico assoluto, lāiconoclasta cosmico.
Il primo ĆØ il suo maestro lontano, insieme ad altri grandi autori della Tradizione (come RenĆ© GuĆ©non); lāaltro ĆØ lāamico vicino, conterraneo, disceso da Gorgia di Lentini.
A loro e al loro allievo, dedica un interessante studio Lucio Giuliodori (Sincretismi dellāindicibile. Battiato, Gurdjieff, Sgalambro, edito dallo stesso autore).
Il centro di gravitĆ permanente, la canzone di Battiato del 1981, ĆØ una citazione da Gurdjieff. Nel turbinio di gesuiti euclidei, cori russi, imperatori della dinastia dei Ming, vecchie bretoni e free jazz punk, Battiato immette nella platea profana della musica leggera, suoni, evocazioni, mondi remoti dal presente, echi di sopramondi o di esperienze favolose. Lāalbum ĆØ La voce del padrone, che evoca una famosa casa discografica del passato (ricordo alcuni mitici dischi a 78 giri della preistoria del disco). Il messaggio di Battiato, attinto dal pensatore armeno, ĆØ che lāanima non ĆØ una dotazione di partenza ma una meta; occorre un risveglio, nel senso in cui ne parlano le dottrine orientali come il Buddhismo; non ĆØ estranea la tradizione alchemica, la trasformazione di elementi grossolani in elementi sottili. Ma occorre un duro lavoro per arrivarci e non ricadere nella pazzia della pura teoria.
Lāidea dellāanima come meta si rispecchia nellāidea dellāimmortalitĆ come possibilitĆ futura; unāidea difficilmente comprensibile, perchĆ© ĆØ arduo immaginare che lāimmortalitĆ sia solo a parte post, dopo il cammino umano e terreno e diventi una specie di conquista sul campo per pochi eletti. Importante ĆØ pure la lezione di Gurdjieff su unāidea che fu del pensiero antico: āTutte le cose sono reciprocamente legateā, sono interdipendenti. Viceversa Sgalambro lo esorta alla āconoscenza del peggioā e gli insegna che āTutto si dissolveā. Per il cinico Sgalambro āla maggior parte degli uomini ĆØ superfluaā e il suo pensiero ricorda Talleyrand quando davanti a un povero che chiedeva lāelemosina dicendo āAnchāio devo pur vivereā, rispondeva con inarrivabile cinismo: āNon ne vedo la necessitĆ ā. Sgalambro porta in dote a Battiato lāemisfero in ombra del pensiero, la maledizione di esistere, e Baudelaire che ĆØ forse il ponte tra la maledizione e lāapertura metafisica.
Gurdjieff gli insegna la via della cristallizzazione fino a raggiungere il proprio corpo astrale, che ĆØ poi lāanima declinata in altro modo, ma sempre col sottinteso che sia per pochi eletti e non, come pensa il cristianesimo, per tutti. Ma alla fine il suo insegnamento e quello di Sgalambro coincidono nel ritenere che lāuomo macchina, come dice Gurdjieff, āĆØ polvere e ritorna polvereā.
Giulodori che considera Battiato uno sciamano e un ācorriere psichicoā, ricorda cosāera la favolosa āera del cinghiale biancoā, composta con Giusto Pio su un tappeto persiano: il simbolo dellāautoritĆ spirituale presso i celti, di unāetĆ dellāoro. E a chi gli chiedeva se propendesse piĆ¹ per lāOriente o per lāOccidente, Franco rispondeva salomonicamente ānel mezzoā.
Giuliodori sostiene che lāincontro con Sgalambro fu in realtĆ il frutto di āun radicale fraintendimento di entrambiā; se ĆØ vero, fu comunque consapevole. Ma a Battiato āservivaā un autore ateo, empio che gli mostrasse il nulla e il buio dellāuniverso, come pendant con i Maestri che invece gli indicavano la ricerca della luce. Per dirla nel linguaggio alchemico, Sgalambro era la sua nigredo, la sua āopera al neroā per raggiungere poi lāalbedo e la rubedo. Sgalambro riteneva che ācon la morte il corpo si libera dellāanimaā; ma pur dicendola al contrario, riconosceva un destino ulteriore allāanima che pure negavaā¦
Battiato forse davvero non vedeva lāora di morire. Nel brano Vite parallele il testo occhieggia al destino post mortem: āMi farĆ² strada tra cento miliardi di stelle/La mia anima le attraverserĆ / E su una di esse vivrĆ eternaā e poi seguita āSbucherĆ² da qualche parte/ Sono sicuro/ Vivremo per lāeternitĆ /Ma giĆ qui/ Vivo vite parallele/Ciascuna con un centro, con unāavventuraā. Poi professava di credere nella reincarnazione ma diceva di temere lāoblio e concludeva: āGiriamo sospesi nel vuoto intorno allāinvisibile/Ci sarĆ pure un motore immobileā. Poi nella canzone ultima, E torneremo ancora, Battiato ribadisce āLa vita non finisceā¦La nascita ĆØ come il risveglioā¦ Torneremo ancora, ancora e ancoraā, finchĆ© non saremo liberi dalla ruota dellāesistenza. Intanto resta la domanda che si fa in Mesopotamia: āChe cosa resterĆ di me, del transito terrestre?ā Un oceano di silenzio.
La VeritĆ (18 maggio 2o22)