Autonomie diverse o separate?

Autonomie diverse o separate?

È tutta questione di… riflessione.

Autonomia_01In questo periodo, oltre alle altre, ma solite cose di cui parla la politica nazionale, in pieno accordo con quella internazionale, giunge alle nostre orecchie l’idea, quasi costantemente riprodotta, dell’autonomia differenziata.

Di per sé, la cosa, ossia l’idea, non è peregrina ma utile, perché ricalca la naturale evoluzione dei diversi sistemi viventi in questo mondo, se consideriamo come “sistema vivente” anche gli agglomerati di esseri umani, all’interno delle istituzioni che dovrebbero rappresentarli.

Come potete leggere, ho inserito il “se” e il tempo “condizionale”, perché specialmente nel caso della nostra nazione, questi due elementi grammaticali e sintattici sono sempre un obbligo: promesse elettorali non mantenute, solita propaganda mediatica e inutilità di un sistema nazionale al servizio di quello internazionale, o meglio, di alcune nazioni estere.

Come ho già scritto, vedremo cosa riuscirà a fare questo governo a conduzione femminile, visto che io ho sempre sostenuto che le femmine della nostra specie sarebbero state le sole a permetterci una certa efficace evoluzione verso le solidarietà. Certo, l’essere femmina non garantisce nulla in sé, perché esistono femmine evolutesi in donne che è meglio nemmeno incontrare a svariati chilometri di distanza.

Scritto questo, il valore dell’autonomia (da “auto nomos“, ossia “personali ed autodeterminate regole di comportamento-gestione”) è premessa necessaria per uno sviluppo personale, secondo riferimenti e valori che si sono decisi essere condivisi, all’interno di un preciso gruppo culturale umano. Non possiamo, quindi, che essere d’accordo.

Autonomia_00-768x509l nostro problema, ossia quello italiano, è però, sempre in ottica antropologico-mentale, individuare quali sono realmente i valori di riferimento, e mi sembra che potremmo correre il rischio di realizzare una “separazione” e non una “differenziazione”.

Nello stesso tempo, è oltremodo vero che l’Italia è tutto fuorché una nazione, ossia l’insieme di sentimenti di appartenenza comune ad uno stesso territorio geografico, a meno che non si vada a fare il tifo in qualche stadio.

Ho, dunque, la netta sensazione che ci si trovi di fronte a qualche cosa che avrà un impatto amministrativo forse funzionale, all’interno delle diverse zone geografiche italiane, mentre sarà una penalizzazione rispetto all’impegno civile verso la solidarietà in un popolo, quello italiano, già fortemente e sempre più diviso.
alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info)