Asini che non volano
È tutta questione di… fallimento.
Un hotel a cinque stelle è di lusso, come, alla fine, sembra aver dimostrato di essere una parte di questo Movimento. Forse si è mosso troppo, e le direzioni prese non si sono rivelate sempre le scelte migliori, o quelle che molti elettori pentastellati avrebbero auspicato. Quindi, le dimissioni (Di Maio lascia, ma attacca: “I peggiori nemici all’interno” Il ministro Luigi Di Maio si dimette da capo politico dei 5S: “Ho portato a termine il mio compito. È giunto il momento di rifondarsi” Giorgia Baroncini – Mer, 22/01/2020 “Questa splendida creatura ora sarà rifondata. Oggi si chiude un’era”. Lo ha dichiarato Luigi Di Maio annunciando le sue dimissioni da leader politico del Movimento 5 Stelle. “Ho portato a termine il mio compito.) da capo politico dei Cinque Stelle, al di là delle motivazioni pubbliche, alle quali gli italiani oramai credono assai poco (e rispetto a qualsiasi politico…), potrebbero essere lette nei modi seguenti.
Da un certo punto di vista, ci si dimette, così a ridosso di una tornata elettorale regionale, investita di aspettative nazionali (a mio avviso, a torto), perché si teme una grande sconfitta (come afferma lo stesso Berlusconi, che di politica contemporanea se ne intende da sempre…) e i quartieri generali vicini a Di Maio gli hanno consigliato questa mossa.
Da un altro punto di vista, la stessa mossa, facendo riferimento all’idea che lo stesso Di Maio ha espresso, ossia la necessità di una rifondazione del Movimento, potrebbe invitare qualche elettore affezionato a dare fiducia ulteriore, proprio in vista di un cambiamento interno.
In tutti e due i casi, mi sembra che, nonostante siano pochi i mesi di vicinanza al PD, Di Maio abbia imparato assai bene l’arte di cambiare la facciata per non cambiare nulla, e in questo caso la facciata è lui stesso, che rimane Ministro degli Esteri e lascia la dirigenza del Movimento. Eppure, non penso che si tratti di una questione solo personale, oppure di nemici interni, come egli stesso afferma (disconoscendo totalmente i processi sociali e le dinamiche relazionali che caratterizzano il mondo, da sempre…), mentre penso che si tratti solo di una strategia politica. E, come possiamo vedere tutti, il livello di disperazione elettorale nel quale versano quasi tutti i partiti, tranne la Lega, è palpabile quotidianamente, nei media e nelle chiacchiere metropolitane, alle quali ognuno di noi può assistere.
Insomma, si sta facendo di tutto per inglobare in qualche partito le sardine (ed ho già scritto quello che penso di loro…); di tutto per indurre le persone a continuare a credere in una politica che disattende le richieste popolari legate al lavoro, alla famiglia, alla formazione continua, etc; di tutto, per recuperare quella massa di astensionisti che probabilmente continueranno ad essere tali.
Eppure, alcune cose stanno cambiando davvero, secondo me. E nel popolo, non certo in questi politici. Il popolo, ora, sta aprendo bene gli occhi, e diventa sempre più difficile fargli credere che gli asini volano, specialmente quando si è reso conto che gli asini lo governano, e non volano affatto.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).