Ascoltami fratello
Tu che mi ascolti, tu che mi leggi, tu che conosco bene o appena o che conobbi un tempo; tu che non conosco affatto, invisibile lettore o casuale passante, postero addirittura, anche di svariati secoli; tu sei il signore riconosciuto di queste pagine. Mi rivolgo a te con tutta l’anima, il cuore aperto e la mente tesa, come se fossi nelle tue mani. Non so da quali pensieri emergi, da quale giornata provieni, e non so quali siano i tuoi assilli; e so per certo che non sarò io a risolverli. Mi dispero per questa incapacità, non di modificare la tua vita come forse vorresti, ma almeno di parlarti in totale confidenza, delle cose che tu hai più a cuore. Vorrei stabilire con te un legame unico e vero, assoluto. Vorrei essere concentrato, e volgermi solo all’essenziale. Se qualcosa ti appare falso, superfluo, ridondante, non considerarlo un espediente per sedurti ma una caduta di tono e un segno di debolezza, o perfino un fallimento. Mio, e forse tuo. Non voglio conquistarti con ogni mezzo e tantomeno compiacerti ma solo destare la tua attenzione a condizione di essere nel vero, solo se restiamo autentici, spietatamente veri, tu e io.
Vorrei aiutarti nell’educazione alla vita, alla morte, alla felicità. Avrei voglia di chiederti quel che chiedo a me: sai che stai invecchiando, ricordi che dovrai morire? Stai mettendo qualcosa da parte per il Grande Viaggio? Che ti porti, hai messo qualcosa in valigia per il cambio di stagione, quando il corpo non ci sarà̀ più̀ e forse resterà solo l’anima, bagaglio a mano di esile trama? o pensi che per andare incontro al nulla si debba partire con nulla e pensare a nulla? intravedo nuove religioni nel futuro. Se un dio si farà̀ uomo e scenderà̀ di nuovo sulla terra, non dovrà più testimoniare con la croce per redimere la sofferenza umana. Ma dovrà̀ redimere dal nulla, precipitando come gli uomini nel vuoto, per insegnare poi a risalire.
Non sarà il dolore ma sarà il niente da riscattare nell’epoca ventura. il benessere oscurerà l’essere nel bene. Sull’orlo del dolore sorse la religione della consolazione, sull’orlo del nulla dovrà̀ sorgere la religione del tempo che verrà. Sarà il perdersi nel nulla la vera croce dell’uomo di domani come lo vedo profilarsi ora; il dolore incita, abbatte e spaventa, ma sarà l’annientamento l’oggetto principale dell’angoscia futura. tanta fame di avere e di fare, intorno a un centro vuoto. Dovrà risorgere dal niente, non dalla croce, il figlio di dio, dopo che sarà precipitato nel vuoto, attraversando campi di energie, stati virtuali e orizzonti magnetici, astri e gravitazioni, abissi di luce e di senso. Sarà redentore dal nulla: libera nos a nihilo. Perdonami se azzardo a sporgermi nel futuro senza essere profeta. Lo faccio perché sento vivo il legame con i miei posteri ignoti, come lo avverto con gli sconosciuti antenati. Siamo connessi.
Vorrei vivere in te e farti vivere in me, e vorrei che quel che scrivo fosse in realtà dettato dalla tua anima, rivolto interamente alla tua vita. Questa missiva non ha altro scopo che unirci in profondità, fino a sentirci nella stessa barca del destino: se questo è l’amore, considera queste pagine un atto unico d’amore, interrotto solo dalla vita che viene meno o forse assume forme invisibili.
MV, Vivere non basta (Mondadori, 2011)