Amato a scoppio ritardato

AMATO A SCOPPIO RITARDATO

Sulle “rivelazioni” di Giuliano Amato circa l’abbattimento dell’aereo Itavia a Ustica nel giugno di quarantatré anni fa, vorrei dire due cose. Una l’hanno già rilevata in tanti: perché dirlo solo ora, cosa è cambiato, cosa impediva di dirlo prima? E giù le congetture sulle motivazioni che hanno spinto l’ex premier a raccontare oggi la sua versione, non risolvibile con un puro caso di civetteria senile, e di ritrovato, tardivo protagonismo. Oltre la vanità che altro si nasconde?
Ma c’è un’altra cosa che non ci torna: perché insistere, come hanno fatto Amato e i media, sulla matrice francese dello sciagurato missile quando dalla ricostruzione storica dello stesso Amato, emerge chiaramente che la decisione di abbattere l’aereo su cui volava Gheddafi (chissà se avvisato e salvato da Craxi oppure no), era stata partorita in ambito NATO e col placet degli Usa? L’esecutore materiale è stato, per ragioni territoriali, francese, ma il mandante è la Nato, e la conferma avviene col successivo attacco aereo statunitense sulla Libia di Gheddafi. Quell’errore che costò la vita a 82 persone, italiani, non ha matrice francese. Infine, è ridicolo che la Repubblica, a cui Amato ha affidato la sua rivelazione, risolva il caso già nel titolo, pretendendo che Macron chieda scusa… Primo, Macron non c’entra nulla e questo chiedere scusa per conto terzi e a tempo largamente scaduto, è un po’ grottesco; secondo, siamo ancora al delirio che chiedere scusa possa assolvere da una grave colpa. Magari potrà servire, una volta appurata le verità (ma basta la parola di Amato?) per il risarcimento danni e ai fini assicurativi; ma le scuse, così tardive, da parte di un postero ignaro, non servono a nulla. Insomma questa giustizia a scoppio ritardato, puzza di ipocrisia da troppe parti.

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