Dal web di Marina Benefico
Il “Giorno del ricordo”
Troppo spesso, in Italia, un normale, sano, direi indispensabile, amor patrio è visto come una pericolosa involuzione dello spirito. All’estero, invece, il confronto con le altre etnie ci mostra che il nazionalismo di noi profughi giuliano-dalmati è ben poca cosa rispetto ai nazionalismi altrui. Anzi, la stessa parola “nazionalisti”, se applicata a noi, mi appare abusiva. Dove sono gli estremisti giuliano-dalmati? Quali episodi di violenza abbiamo noi espresso in tutti questi anni? Il popolo franco-quebecchese piange ancora i suoi 12 patrioti impiccati dagli inglesi quasi due secoli fa. I serbi piangono ancora la disfatta subita ad opera degli Ottomani, più di mezzo millennio fa. Molti croati all’estero, in Australia, in Germania, in Canada e altrove, durante l’epoca di Tito, ordivano trame di rivincita guerriera, educando i figli al culto dell’antica Patria, la Croazia, da riscattare, un giorno, col sangue. Noi giuliano-dalmati residenti all’estero abbiamo invece educato i nostri figli al rispetto, alla lealtà, e all’amore per la nuova Patria che li ha visti nascere. In Canada, negli Stati Uniti e nel mondo intero, gli esuli d’Israele continuano a commemorare i loro esodi avvenuti migliaia di anni or sono. E noi esuli istriani, fiumani, dalmati non potremmo piangere un esodo che ha stravolto la vita dei nostri genitori e la nostra, spazzandoci via lontani dal solco che i nostri antenati avevano tracciato per noi? Nella nostra terra natale, posta com’è tra gorghi etnici, l’identità nazionale non è mai stata un dato pacifico ed esangue. Bensì una scelta d’amore e di passione. Ed io ho mantenuto la fedeltà alle origini, facendo miei l’amarezza ed il senso d’ingiustizia per il forzato esodo della nostra gente dalla terra natale, anche se io quei luoghi li ho lasciati in tenerissima età. E forse sta proprio qui il carattere direi sacrale della mia fedeltà alle origini: in questa assenza, nel mio legame con la terra dei padri, di elementi fisici, talvolta banali e prosaici. Ecco perché questi luoghi mitici, per me, non sono fatti del ricordo di una realtà quotidiana, ma sono egualmente gremiti di volti, mai visti da me eppur così vivi, e di nomi struggenti di persone e di luoghi, uditi per una vita intera dalle labbra dei miei genitori. Questa terra è fatta d’immagini assolute, sorte in me dai loro racconti, e soprattutto di profonde emozioni, di senso della storia e di destino, e di un impulso direi atavico alla lealtà, alla fedeltà, all’amore per la terra. “La terra ci possiede”, dicono gli aborigeni canadesi. Ebbene, il campanile di Pisino, mia città natale, il cimitero, il torrente “Foiba” che sparisce in un baratro dantesco, il Castello, e tutti quei frammenti dolorosi di una memoria collettiva sono entrati nella mia anima, a partire dalla mia più tenera infanzia trascorsa nei campi profughi. Essi sono diventati la mia stessa coscienza.
Claudio Antonelli