RICERCA EFFETTUATA SU “GOOGLE LIBRI” DAL LIBRO “IL POPOLO ITALIANO ” di ANGELO MAZZOLENI TERZA SERIE -roma-1873
Introduzione Pag.IX-XII
A voi, giovani, dall’animo incorrotto e dai severi propositi, a voi, anime elette, capaci di intendermi, indirizzo queste pagine dove ho pure confidati tanti segreti, scoverte tante magagne e ad un tempo nutrite tante speranze per questa Patria, le cui sorti future sono in gran parte affidate al vostro patriottismo e sopratutto al vostro valore morale.
Mi sono indirizzato a voi perché meglio che ad alta la mia parola poteva riuscire gradita ed efficace , voi che, non guasti ancora dall’egoismo e dalla corruzione, portate nella serena pupilla il soave riflesso di unaa coscienza intemerata.
Gli uomini che ora stanno sulla scena politica ed al governo della pubblica cosa,o logori troppo dalle passate fatiche, o consunti dalla propria ambizione, o sfiduciati per frequenti diserzioni d’amici, o corrivi nel transigere su ogni principio, pur di rispettare le convenienze e la disciplina del partito, mal saprebbero, inceppati come sono da mille riguardi personali, insorgere contro sé stessi, contro tutto il loro passato.
È la stessa rivoluzione continua nelle idee che costituisce i giovani avversari naturali dei vecchi, novatori impazienti gli uni, rigidi conservatori gli altri. Senonchè avvicinati i poli di queste due forze negative, si stabilisce una corrente che nell’attrito genera come scintilla il progresso. Questo progresso, s’io dovessi definirlo, lo direi la marcia dei popoli verso il loro continuo miglioramento o, in altri termini, l’attività umana in continuo moto verso l’attuazione di nuovi Veri sulle rovine di credenze e di istituzioni o viziate od insufficienti. Il moto è legge di natura, e come tutto è mutabile nella materia, così lo spirito sociale volge in una continua trasformazione per opera della scienza. La scienza è indagine, rivoluzione continua nel mondo ideale: accerta storicamente la tradizione ma senza formarne base di alcun Vero assoluto. Se la tradizione equivalesse a verità, la mente umana, ristretta nei limiti del passato, non avrebbe a tentare alcuna nuova conquista nel campo infinito della scienza.
Il progresso o la decadenza di un popolo non si determina esclusivamente dalle sue condizioni naturali o dalle sue forme politiche, ma è la risultante della coscienza morale dell’intera nazione, per la quale e religione e letteratura ed arti e politica, tutto deve concorrere a determinarne la portata, l’ultimo esponente.
Perchè oggi, costituita la Patria italiana, in mezzo ai grandi sviluppi economici, ai commerci crescenti, il popolo se ne sta inerte, accasciato, quasi dimentico della vita che lo attende? Perchè manca in lui l’ispirazione, la face di nuovi ideali, perché fra i pregiudizi dei passato, non osa abbracciare arditamente le nuove forme del progresso, la scienza in tutte le sue manifestazioni. Vi ha disaccordo nella scuola, divorzio fra questa e la famiglia, anarchia e disfacimento d’ogni principio morale.
È mestieri rifare in Italia, collo spirito pubblico, la vita interiore del suo popolo. Ecco l’intento ch’io mi proposi dapprima col libro la Famiglia, ed oggi con queste pagine che sono di quello l’applicazione ed il complemento (1). Opera ardita, audace, il so, ma sommamente nazionale, utile e necessaria. Mi vi accinsi con amore, colla fiducia del giovane che non misura gli ostacoli e conta solo sul proprio coraggio e sulla propria fede.
Non vi presento un trattato, nè un lavoro letterario propriamente detto, ma un libro che, nuovo nel contesto, svariato negli argomenti, è preludio ad un periodo di seria trasformazione politica e morale del paese. Senza adulazioni od offese, con eguale imparzialità verso gli amici come verso gli avversari, fino a dimenticare quasi le mie opinioni e le mie aderenze personali, mi proposi di richiamare, in mezzo all’opportunismo ed agli equivoci dei partiti, alla negazione d’ogni principio di riforma, il pensiero dei giovani sui più grandi e seri problemi di vita nazionale. ” L’intento – una Italia morale, grande, affratellata in unita di concetto, iniziatrice come sempre di civiltà (2)», ecco il pensiero
(1) In una recente pubblicazione, preziosa per i dati statistici che presenta e la copia di erudizione – La statistica e le scienze sociali – dell’onorevole deputato Morpurgo (Firenze, 1872), a pag. 120 si legge la seguente nota:
« Un libro recentemente pubblicato e meritevole dei premi onde venne onorato, La famiglia nei rapporti coll’individuo e colla società, per A. Mazzoleni, è forse manchevole nella parte importantissima dei mezzi adatti a rinvigorire gli affetti domestici e l’amor di famiglia. Del resto si dee confessare che il rimedio diretto è in questa materia ben difficile a consigliarsi; una sola interrogazione si presenta tosto al pensiero: Nelle scuole l’elemento morale ha una parte sufficiente e si dimostra di comprendere il nesso esistente fra la moralità di un popolo e i vincoli di famiglia? >
Mentre ringrazio l’onorevole Morpurgo delle cortesi parole a mio riguardo, credo di avere con queste pagine risposto alle savie ed assennate sue osservazioni.
(2) Lettera di G. Mazzini (16 settembre 1870) all’autore. Sciolgo così un voto che mi richiama colla memoria del grande Italiano, il suo apostolato, la sua fede nel trionfo della libertà mercè la religione del dovere nella famiglia e nela patria.ultimo che ispirò e condusse l’autore a scrivere queste pagine.
ecco il pensiero ultimo che ispirò e condusse l’autore a scrivere queste pagine.
Ed ora che ho così manifesto l’animo mio, mi rivolgo nuovamente ai giovani perchè compatti s’affrettino alla lotta, rinforzando i pochi che, stremati di forze, restano a combattere su di un terreno ingrato, in attesa, trepidanti, di nuove reclute con forze più fresche e più vigorose.
Distolto sovente da altre cure, non ho potuto dare al mio lavoro tutta quella morbidezza e pastosità nelle tinte, quale avrei pure desiderato, non essendo io fra quelli che, in odio della grammatica, considerano le forme ed i precetti dell’arte, rettoricumi da porsi ormai tra le sferre di casa.
Aggraditelo, com’è, questo povero libro, cresciuto in mezzo a cento sofferenze e disinganni, sì da lasciargli quell’impronta melanconica che forse non gli farà guadagnare le simpatie di tutti i lettori. – Aggraditelo, in una parola, coll’intendimento e coll’affetto di chi lo scrisse, ed abbiatelo siccome l’espressione sincera ed imparziale di un patriota onesto non il fremito convulso del settario intollerante o il mellifluo abbandono del conservatore ottimista.
Vitam impendere Vero, – imprimetela bene nei vostri petti questa divisa, e divenga la norma del vivere vostro.
— L’avvenire vi appartiene : fate, fate, fate!
Milano., marzo 1873. A. MAZZOLENI – Deputato al Parlamento Nazionale
CAPITOLO II – Pag.19-23 OTTIMISTI E PESSIMISTI.
” I padri nostri molto hanno fatto; ma
finchè non sapremo persuaderci che
il tempo, sviluppando nuovi diritti,
accumula sempre nuovi doveri,
finchè staremo paghi ad abbracciare
que’ sepolcri , I’ Italia, prima una
volta fra le nazioni, rimarrà pur
addietro; perchè nè cielo nè sole
assicurano le palme dell’icitelletto.”
G. MAZZINI.
Ultima venuta al convito delle moderne nazioni, l’Italia nostra non è nuova – anzi le sue stesse tradizioni, i suoi monumenti, le sue cattedrali, le sue città illustri, i suoi porti, i suoi commerci, le sue industrie, le ricchezze d’ogni genere, tutto attesta in lei un’antichità remotissima, ed una civiltà per la quale le altre nazioni appaiono al paragone nate da ieri (1 – Tito Livio, lib. V, 83. – Dionigi d’Alicarnasso, Festo, Varrone e Màcrobio provano ad evidenza che il nome di Saturnia dato all’Italia, la fa risalire alla più remota antichità. – Esiodo chiama la Saturnia diva , l’attrice dei Nunci che traeva i cupidi sguardi de’naviganti. — L’Italia nostra fu anche nei tempi eroici e favolosi chiamata Gianicola, Enotria, Cumesana, Apennina o Taurina, Vitullia, Esperia.
Parlano dell’antichità italiana nei tempi preistorici le recenti scoperte archeologiche, le terremare e le palafitte dell’Emilia e dell’Italia centrale e meridionale, illustrate con tanta dottrina da Strobel, Bleicher, Pigerini, Gastaldi, Canestrini, Nicolucci, De Rossi, Ceselli, Igino Cocchi, per tacere di molti altri.
Ricordansi ancora le antiche città di Segena, Aurinea, Populonia dei Tusci. Metaponto de’Pelii, Nasso de’Calcidesi d’Eubea, Siracusa de’Corintii, Erice e Segeste de’Troiani, Gela de’Rodii, Taranto de’Lacedemoni, Ibla de’ Megaresi — che somiglianti a fulgide stelle, fra lo splendido azzurro del bel cielo d’Eanotria, irradiarono l’antico mondo con tanta luce di civiltà.
Intorno agli antichi popoli Rutuli, Volsci, Gabj, Fideni, Sabini, Marsi, Osci , si consultino gli antíchi Strabone, Svetonio e Gellio e tra i moderni il Muratori (Rerum Italicarum); — (De Antiquissima Italorum sapientia) – il Guarnacci (Origini Italiche) e il dotto fiorentino Micali che scrisse la storia dei popoli italici avanti i tempi romani , siculi, osci, sanniti, etrusci, euganei, liguri ecc.).
Se non che rimasta la patria nostra, per le cause di cui discorrerò in appresso , in ritardo col movimento delle altre nazioni, venne o troppo poeticamente adulata dagli uni, per le sue passate grandezze, o troppo leggermente calunniata da altri, per gli errori e l’ozio presente. – Affermata ora politicamente la nostra unità, importa fra questi due estremi, stabilire il termine vero del valore nostro, procedendo, senza esagerazioni, ad un esame critico e ad una specie d’inventario delle nostre forze per rilevare, in confronto d’altri paesi, quello che eravamo prima del 1859 e quello che siamo diventati oggi; – i progressi fatti, la sintesi della nuova vita nazionale, lodando ove sia d’uopo, censurando ove v’abbia il bisogno.
Ci denunziarono al mondo civile; come un popolo di inetti, boriosi solo di un passato che più’ non ci appartiene perchè di dominio della civiltà, e quindi patrimonio comune degli uomini, – un popolo di accattoni e di infingardi, gente da carnevale (carnaval-nation), per tacere di cento altri epigrammi che i giornali si sono data premura di raccogliere e di strombazzare ai quattro venti, quasi fosse sempre oro tutto quanto d’oltre Alpi o d’oltremare cola in mezzo a noi. – Ci dissero una razza snervata, parassita, senza energia, dedita solo al lusso ed al dolce far niente, irrequieta, chiassosa senza scopo, senza un concetto politico o religioso.
Lungi dall’appartenere alla scuola dei fanatici declamatori usi ad inebriarsi coll’alcool di passate grandezze, e lungi dalle opposte esagerazioni di quelli che, denigrando per sistema, hanno preso da qualche tempo il brutto vezzo di deprimere ingiustamente il paese nostro innanzi agli stranieri ed a noi stessi, per poi scattare come molle ,e mandar fuoco, allorchè a qualche bello o tristo umore, fuori d’Italia, venga il ticchio d’insolentirci o di farci dispetto – senza, dico, le illusioni di primati inalienabili e senza l’ingrato ritornello della pochezza nostra e del nostro ozio consuetudiuario – dirò, lealmente, quello che io penso sulle presenti condizioni del popolo italiano.
« L’Italia, diceva assai bene il compianto e benemerito nostro Maestri al Congresso di Statistica in Firenze, » non deve cercare nè adulazioni nè lodi e neppure consolazioni di ciò che le manca, perchè ha l’austero coraggio di scrutare i proprj mali e di confessare apertamente le proprie infermità. — E non si va forse errati, soggiungeva, nel ritenere come in questa ambizione febbrile ed inquieta del bene, l’Italia si accusi spesso dei mali inerenti ad ogni vita nuova e talvolta de’ suoi stessi smarrimenti, che sono dovunque il fato della umanità. »
Agli individui ed alle nazioni sono per nuocere tanto le lodi immeritate come gli ingiusti od esagerati rimproveri, epperò mi propongo in queste pagine di presentare un quadro dal vero, delle condizioni presenti del nostro paese, accennando coi mali, i mezzi opportuni a rimoverli. – Una critica savia ed illuminata dà luogo a riflettere ed insegnare, mentre le lodi sovvertono ed addormentano, paralizzando ogni attività. Lo ha provato di recente la Francia, la quale ebbe a scontare, nel breve giro di pochi mesi, gli errori e le colpe del governo imperiale, – dura lezione invero per i principi non meno che per i popoli! – La guerra franco-ger¬manica fu un’espiazione per la Francia e un grave insegnamento per noi (G.Mazzini. La Roma del popolo, n.1).
Ma non sarà dagli errori di questo o di quel partito politico, sibbene dal carattere e dalla vita nel suo complesso, che io prenderó le mosse a considerare il popolo italiano nelle ultime sue fasi storiche, nella sua vita politica, economica e morale, nelle sue virtù come nei suoi vizi, completando il mio lavoro con una rassegna
od inventario delle forze vive del paese, – fortunato se, come spero, distrutti non pochi pregiudizi a nostro riguardo, mi sarà dato di mostrare quello che realmente siamo e quello a cui potremo arrivare, volendolo, coll’istruzione e col lavoro.
La nostra storia contemporanea dà infatti a tutte le vecchie idee, a tutti i vieti pregiudizi di razza e di clima la più solenne smentita ( La ringiovanita Italia, scriveva il 1° gennajo 1872 il Messaggiero Ufficiale dell’Impero di Russia, dopo la sua unificazione effettuò così rapidi progressi in tutte le vie della civiltà, dopo un sonno secolare, da affermare, al cospetto delle nazioni sorelle, la nobile ed antica sua stirpe).
Ben è vero che si dice da tluno, – e non senza qualche fondamento, – avere l’Italia nostra deluse le aspettazioni del mondo incivilito, non essendosi mostrata moralmente nè politicamente quale avrebbe dovuto dopo il riacquisto della propria indipendenza. — Vivit, at est vitae nescius ipse suae. -¬
Vha una, stanchezza, uno spossamento senile che contrasta coll’indole vivace del popolo italiano e coll’arditezza propria di una giovane nazione la quale non dovrebbe conoscere, e meno temere, difficoltà, attingendo unicamente dalle sue forze, valore e gagliardia di propositi.
Le discordie continue, il disordine nelle amministrazioni, il dissesto nelle finanze dello stato, l’instabilità in tutto, le turbolenze e le ire dei partiti, l’ingratitudine e la slealtà verso gli uomini, la scaltrezza e l’egoismo, le camarille e le consorterie organizzate, il peculato, la pauperie che va diffondendosi, la corruzione generale, sono i mali che si appalesano nella vita della giovane nazione.
Nè in questi studi mi verrà meno il coraggio di denunciare pubbliche e private magagne, sfidando anche le antipatie, od il dispetto di quelli a cui non piace sentirsi ripetere certe dolorose verità, forse con troppo spartana burbanza. Lo ripeto ancora una volta, che io non scrivo nell’interesse di questo o di quel partito, ma unicamente, e all’infuori d’ogni mira personale, spinto dal desiderio di giovare al mio paese, il quale, come ha saputo far sagrificio di tanti interessi locali, per dare fondamento alla propria unità, vorrà anche consolidarla coll’opera efficace del lavoro e della morale, che ne sono la più sicura e salda garanzia.
L’Italia coll’occupazione di Roma avendo affermato, se non compiuto, il suo programma di politica estera, deve ora attendere alle interne riforme e a questo intento convergere i fuochi di tutti i partiti.
« L’Italia ebbe la sua Iliade, poi la sua Odissea. – È tempo che anche quest’ ultima abbia termine; e Ulisse, il vero vincitore di Troia, ritorni in Italia, e distrugga i Proci. Ulisse non è altro che quel senno il quale presiedette alla nostra risurrezione nazionale; i Proci sono quelle cattive passioni e quei vizi che furono altre volte la ruina della nazione nostra, e contro cui Penelope non resisterà a lungo, se Ulisse, dopo essere rimasto ramingo per anni e anni, non farà presto ritorno nelle aule de’ suoi padri » (S. Jacini. Sulle condizioni della cosa pubblica in Italia dopo il 1866. — Lettera agli elettori di Terni).
L’ epoca delle lotte e delle inconsulte agitazioni di piazza è finita: incomincia ora un periodo più serio, quello della ricostituzione politica, economica e morale della famiglia italiana. — Il mio libro pertanto, anticipando questo lavoro, se non avrà altro merito, gli si concederà almeno quello, modestissimo, della bontà e santità dello scopo. Il nosce te ipsum è, come per l’uomo, così per la società, prima condizione di sapienza e di progresso. Per il popolo italiano è divenuto oggi una vera necessità politica e morale.
L’anno 1870 si è chiuso segnando due grandi fatti : la caduta del potere temporale dei papi, e il compimento del traforo delle Alpi: – due grandi vittorie della civiltà, esclusivamente italiane. L’anno 1871 fu una gara, una ressa, quasi febbrile, di esposizioni industriali, agricole, artistiche; di congressi scientifici, economici e letterari.
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