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Ribelli e scontenti sbarcano a Parigi
di Marcello Veneziani
Pubblicato il 24 Aprile 2023
Dopo ventunāanni lāItalia ĆØ tornata in questa settimana protagonista al Festival du Livre a Parigi, dedicato al tema Passions italiennes. Un centinaio di scrittori italiani sono stati invitati, e lāavvento del governo Meloni ha garantito che non ci fossero solo intellettuali di sinistra. Era accaduta la stessa cosa nel 2002: cāera un governo di centro-destra e furono invitati scrittori di vario orientamento. Di quelle āpassioni italianeā ne abbiamo parlato ieri al Salone parigino con Beatrice Venezi, in chiusura della settimana italiana, sul tema: āE vissero ribelli e scontentiā. Lei parlerĆ dei musicisti ribelli, io degli scrittori scontenti e imperdonabili, come intitolai due libri in cui scrivo di loro. Peraltro di ribelli e scontenti a Parigi e in tutta la Francia ce ne sono tantiā¦
Al Festival del libro vado in compagnia di sei fratelli maggiori per spiegare lāItalia e la sua vocazione allo scontento. Per la precisione sono: Curzio Malaparte, il DāAnnunzio del giornalismo letterario e delle polemiche civili; Leo Longanesi, il genio fulminante della scrittura breve e dellāintuizione lunga; Cesare Pavese, lāesule dalla storia nel mito; Flaiano, lāamaro osservatore della dolce vita; Leonardo Sciascia, il Voltaire al limone, illuminista al sole di Sicilia; Pierpaolo Pasolini, lāapocalittico comunista antimoderno.
Sei scrittori del novecento italiano, di estrazione diversa, di spessore e sensibilitĆ diversi, qualcuno di destra, qualcuno di sinistra, tutti bastian contrari. Ma hanno alcuni tratti in comune. Per cominciare, non erano cortigiani, non erano partigiani, non erano organici, non spargevano ottimismo. Poi avevano unāaltra cosa in comune: venivano tutti dalla provincia. Chi dalla profonda Sicilia, chi dal Friuli, chi dalle Langhe, chi dalla Romagna, chi dalla provincia toscana, chi dallāAbruzzo. Non ĆØ una coincidenza fortuita: gran parte della letteratura italiana ĆØ provinciale, e quanto piĆ¹ ĆØ locale nei suoi linguaggi, retaggi e paesaggi, tanto piĆ¹ ĆØ universale nei suoi sentimenti, temi e significati. A differenza della Francia, che ruota intorno a Parigi, lāItalia ĆØ un arcipelago di province attorno a una Capitale estinta secoli fa, giĆ prima di diventare capitale. Le province italiane ruotano intorno al sontuoso catafalco, godibile perfino, che proviene dallāantica Roma, dallāImpero e dai secoli cattolici; medievali, rinascimentali, barocchi. La provincia in Italia ĆØ una categoria dello spirito.
Oltre che provinciali, un altro tratto accomuna i sei autori: erano perdutamente italiani. Non retoricamente, pomposamente o fieramente italiani, ma perdutamente italiani. CioĆØ criticamente, disperatamente, veracemente italiani. In ogni arcitaliano si nasconde un antitaliano, e loro in fondo furono sia lāuno che lāaltro. Ma potremmo anche dire che in ogni rivoluzionario si nasconde se non un reazionario, quantomeno un conservatore. In fondo questo paese ĆØ il regno degli ossimori; e rivoluzionari conservatori, ciascuno a suo modo, furono i sei scrittori suddetti.
Il capostipite degli scrittori scontenti ĆØ nientemeno che Dante Alighieri. Eā il loro padre spirituale e caratteriale, morale e umorale; scontento del suo tempo, fondatore dellāItalia e primo antitaliano, amante della sua patria ma da esule sdegnoso; universale e pure cosƬ tosco, cosƬ āflorentinoā. Dante fu in guerra con la sua epoca nel nome della nostalgia e della profezia: nostalgia del Sacro Romano Impero e della civiltĆ dei padri; profezia del Veltro e dellāItalia che verrĆ .
SarĆ per le dominazioni straniere, sarĆ perchĆ© siamo un paese cattolico e il meglio della vita verrĆ dopo, in cielo, piĆ¹ che in questa valle di lacrime; sarĆ perchĆ© abbiamo un acuto spirito critico e pratichiamo lāarte dellāironia come distacco, denuncia e divertimento, passando dalla Ribellione al Cazzeggio, ma la modalitĆ propria dellāitaliano, e dello scrittore in particolare, ĆØ lo scontento. Quel broncio che si leggeva giĆ nella faccia di Sciascia, avvolta nel fumo, o nel volto spigoloso di Pasolini con le lenti scure, nel disincanto mascherato da occhiali neri e baffi neri di Flaiano, nello sguardo malinconico di Longanesi, nel narcisismo tenebroso di Malaparte, per non dire della tristezza pallida e assorta di Pavese. Altri ve ne furono che condivisero quello scontento, quellāodioamore italo-provinciale: da Giuseppe Berto a Guido Morselli, da Indro Montanelli a Luciano Bianciardi, solo per dirne alcuni, ciascuno a suo modo.
Gli intellettuali sono scontenti, come le oche, secondo un paragone di Pasolini: ma la scontentezza, quando non ĆØ lagna, odio del mondo o alibi della propria indolenza, ĆØ principio dāintelligenza e motore di ricerca. Sia lode allo scontento creativo.
Gli scontenti summenzionati non sono i piĆ¹ grandi scrittori che abbia avuto lāItalia e non sono pensatori ma letterati; sono perĆ² i testimoni di un passaggio dāepoca, dalle passioni del primo novecento, e le guerre, ai disincanti del secondo novecento; e del passaggio dallāItalia antica, credente e rurale allāItalia moderna, cinica e mutante.
Si potrebbe compilare un vasto campionario della scontentezza, ma ci affidiamo a una battuta di Longanesi: āE vissero infelici perchĆ© costava menoā. Una folgorante sintesi dellāinfelicitĆ come avarizia di vita, paura di vivere e di esporsi, soluzione piĆ¹ facile per tirare a campare, senza spendere e spendersi troppo. Ma anche un breve scampolo di una piĆ¹ profonda filosofia dellāamarezza: gioie e dolori dolgono entrambi, ma in tempi diversi. Tanto valeā¦
Per finire, un piccolo cadeau ai libri, a Parigi e agli scrittori francesi. Diceva Paul ValĆ©ry che i libri hanno gli stessi nemici dellāuomo: il fuoco, lāumiditĆ , il tempo e i propri contenuti. ComāĆØ vero. Eppure cāĆØ chi scrive col fuoco, chi scrive sullāacqua, chi scrive per lāeternitĆ e chi ha solo forme, senza contenuti. In tempi e modi diversi, il libro e lāuomo sono entrambi mortali, e molti pure mortiferi.
La VeritĆ ā 23 aprile 2023