Reddito di cittadinanza

Reddito di cittadinanza: ecco perché i pregiudicati possono avere l’assegno

Giovedì 6 Febbraio 2020 di Gigi Di Fiore
Il pusher che vive vendendo droga viene scoperto con il reddito di cittadinanza. In teoria ne avrebbe diritto, non avendo un contratto di lavoro, né reddito che può dichiarare, né proprietà. Il parcheggiatore abusivo, che chiede l’obolo illecito agli automobilisti e a volte lo fa per conto di un clan della camorra, non ha reddito regolare, è nullatenente, e anche lui viene trovato con la card gialla del reddito di Stato e ne ha pieno diritto formale. Casi limite? Forse, eppure solo nella nuova versione targata marzo 2019 la legge sul reddito di cittadinanza ha introdotto l’esclusione al beneficio per chi «è sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, ovvero sia stato condannato, in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta» per terrorismo, attentati, sequestri, ma anche per truffa, o associazione mafiosa. Correttivo opportuno, se non fosse che la verifica di questi nuovi requisiti avviene sempre a beneficio già concesso.

Le auto certificazioni, così come il modello Isee, indispensabili per presentare le domande del reddito di cittadinanza servono ad accertarne solo i requisiti economico-patrimoniali. Dall’introduzione del beneficio, le domande accolte sono state 982mila, 415mila le respinte, 170mila quelle sospese per approfondimenti. Ma sempre e solo sull’esame delle singole condizioni economiche, lavorative e di introiti. Così, il limite nell’esame delle domande resta il controllo della situazione giudiziaria di chi presenta la richiesta.

«Non abbiamo dati sui redditi di cittadinanza concessi a pregiudicati o arrestati per associazione mafiosa» dicono alla Procura nazionale antimafia. Stessa situazione all’Inps, dove confermano: «L’ente non dispone di questi dati».
Eppure, come è accaduto nel blitz di due giorni fa nei confronti di 24 narcotrafficanti tra Campania e Lazio, all’Inps vengono inviate subito le segnalazioni su arrestati scoperti in possesso del reddito di cittadinanza. Due giorni fa, in questa situazione si trovavano sei arrestati. Ma questa verifica può oggi avvenire solo a reddito concesso, su posizioni che da un primo screening dell’Inps vengono ritenute «a rischio»È la Guardia di finanza che, negli ultimi mesi, ha verificato la situazione di centinaia di beneficiari del reddito di cittadinanza. Controlli a campione, partendo da un primo elenco di 600mila persone. Nei controlli sono incappati anche pregiudicati e truffatori, ma al Comando generale della Guardia di finanza dicono, proprio come all’Inps e alla Procura nazionale antimafia: «Non abbiamo dati aggregati di pregiudicati, condannati e arrestati in possesso del reddito di cittadinanza. Le situazioni scoperte sono state tempestivamente segnalate all’Inps e oggetto di comunicati stampa. Quei dati andrebbero aggregati per poterne avere una statistica attendibile».

Non esiste dunque una statistica su questo aspetto, che è un buco nero nel sistema del reddito di cittadinanza. Ma a chi spettano i controlli? Nella fase preventiva a Inps e Agenzia delle entrate; in quella successiva alla concessione del beneficio, alla Guardia di finanza insieme con l’Ispettorato nazionale del lavoro. E gli scambi di dati tra questi organismi non sempre sono agevoli.

Nelle legge si prevede che l’Ispettorato nazionale del lavoro può accedere alle banche dati dell’Inps. E specifica la circolare dell’Ispettorato, che spiega come avvengono i controlli: «L’Inps ha predisposto una piattaforma informatica sulla quale devono confluire tutti i dati utili alla individuazione dei soggetti percettori del reddito e all’accertamento dei reati». Ma, come conferma lo stesso documento, quei dati e quelle verifiche riguardano soltanto l’aspetto economico-patrimoniale che emerge dai sistemi informatici di Agenzia delle entrate, Registri immobiliari, Conservatorie. Chi non dichiara redditi e si muove nel sommerso dell’illecito sfugge ai controlli.

Insomma, nel sistema si prevede solo la patologia di chi, avendo proprietà e guadagni superiori al tetto fissato, non potrebbe ottenere la card. Sfugge, invece, la previsione del sommerso illegale, il panorama di chi guadagna con attività illecite da codice penale ma ottiene il beneficio del reddito di cittadinanza. Una falla nel sistema che potrebbe essere in parte risolta introducendo, tra i documenti necessari a ottenere la card, anche il casellario giudiziario e i carichi pendenti. Ma tutto diventerebbe, naturalmente, più complesso. Rispetterebbe però la filosofia del beneficio che, come ripetono anche le circolari dell’Inps, è «misura di politica attiva del lavoro e garanzia del diritto al lavoro, contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale». Bei principi, che nulla hanno a che vedere con chi vive trafficando in droga, chi fa parte di clan mafiosi o si mette abusivamente in tasca ogni sera centinaia di euro per far parcheggiare le auto.

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