Raffaele Cutolo resta in carcere

Raffaele Cutolo resta in carcere: «Ha ancora troppo carisma ed è un simbolo per i seguaci»

Mercoledì 10 Giugno 2020 di Gigi Di Fiore

Una vita in carcere, vero luogo della sua crescita criminale. Raffaele Cutolo vi è rinchiuso dal 1963, tranne due parentesi: la prima nel 1970 per la scarcerazione in applicazione della legge Valpreda e la seconda dopo un’evasione durata 15 mesi tra il 1978 e il 1979. In carcere «o prufessore» ha fondato la sua Nuova camorra organizzata, la struttura mafiosa piramidale della Campania, in carcere ha tessuto alleanze, ha manovrato la liberazione dalle Br dell’assessore regionale Ciro Cirillo nel 1981. In carcere ha ottenuto con la fecondazione artificiale di avere una figlia poco più di 12 anni fa. E in carcere, al 41-bis, Cutolo deve restare a 78 anni perché «ha ancora carisma e resta un simbolo». Parola del Tribunale di sorveglianza di Bologna, presieduto da Antonietta Fiorillo, che ha respinto il ricorso degli avvocati che, seguendo le possibilità concesse dal decreto Cura Italia per l’emergenza coronavirus, chiedevano gli arresti domiciliari per l’ex capo della Nco.
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Avranno sicuramente influito le polemiche sulle troppe scarcerazioni di boss mafiosi nell’emergenza dell’epidemia, ma la decisione su Cutolo fa di più: sostiene l’attualità della posizione criminale di Cutolo. È vero che la Nco, la sua organizzazione, il suo disegno criminale non esistono più e sono storia ormai anche giudiziaria. È vero che don Raffaele è in isolamento e non vuole neanche utilizzare l’ora di aria per la «socializzazione» ma i giudici scrivono, dando un’interpretazione sulla figura del «camorrista» per antonomasia nellla storia mafiosa campana del dopoguerra, che «la presenza di Raffaele Cutolo potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, gruppi rispetto ai quali Cutolo ha mantenuto pienamente il carisma».
Nella guerra con i gruppi contrapposti della Nuova famiglia, agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso la Nco venne sconfitta con centinaia di morti ammazzati. Ma sicuramente Cutolo ha mantenuto per boss e aspiranti boss il suo alone di rispetto criminale, anche per non aver mai voluto diventare collaboratore di giustizia nonostante le offerte di più magistrati. Un rispetto che, agli arresti domiciliari, potrebbe diventare un pericolo «nonostante l’età e la perdurante detenzione». Insomma, fa capire la decisione dei giudici di Bologna, anche se non possono essere dimostrati collegamenti concreti con clan attivi sul territorio campano, il carisma di Cutolo ne farebbe fuori dal carcere un simbolo di riferimento.
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La decisione su Cutolo è stata diversa da quella dei giudici di Sassari per Pasquale Zagaria, fratello di Michele boss dei Casalesi, che ha invece ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute. Su questo aspetto, i magistrati del Tribunale di sorveglianza di Bologna scrivono che il carcere di Parma può assicurare tutte le cure e l’assistenza necessarie a Cutolo, che soffre di insufficienza respiratoria. Un carcere dove non ci sono stati casi di coronavirus e aggiunge il Tribunale di sorveglianza: «La detenzione di Cutolo non si svolge con quella quota di afflittività tale da comportare una sofferenza che eccede il livello che, inevitabilmente, deriva dalla legittima esecuzione della pena». E viene ricordato il piano assistenziale personalizzato realizzato a Parma, con un letto con le sponde e materasso antidecubito oltre a un treppiede per gli spostamenti, la bombola per l’ossigeno, la presenza di visite quotidiane di medici e infermieri, oltre a un detenuto lavorante che tiene pulita la camera dove Cutolo è da solo. Nessuna malattia grave, né presupposti di urgenza che giustificherebbero gli arresti domiciliari, come aveva già scritto un mese fa Cristina Ferrari, magistrato di sorveglianza, nel provvedimento che avevo preceduto la decisione di Bologna.

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«Polmonite bilaterale» era la diagnosi dei medici per Cutolo a fine marzo, ma con tampone negativo al covid-19. Anche se rifiuta ulteriori accertamenti medici, con «assistenza e cura costanti», «’o prufessore» continuerà a scontare i suoi ergastoli in carcere.

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