Pontelandolfo: onore ai martiri del 14 agosto 1861.
Tre incendi hanno interessato Pontelandolfo in questi ultimi giorni. Dai momenti drammatici vissuti alla località Peppelongo, alla devastazione di una parte dell’area montana di straordinaria bellezza, alla località Lombardara. Tre incendi che ci fanno ricordare altrettanti incendi rovinosi, epocali, subiti dalla comunità Sannita nei secoli. Corre l’anno 1138 quando Ruggero il Guiscardo, Re dei Normanni, incendia il Castello di Pontelandolfo e pone fine, dopo circa 150 anni, alla pacifica e laboriosa Signoria dei Benedettini Cassinesi, che si erano attirati le sue ire per avergli promesso fede, e, poi, rinnegata con l’arrivo dell’Imperatore Lotario di Lamagna e di Papa Innocenzo sulle alture di Montecassino. Inizia per Pontelandolfo un lungo periodo di feudalità, intriso di odiosa dominazione e di vassallaggio a momentanei padroni, che durerà ben 670 anni. Il 1° Novembre del 1462 Ferdinando o Ferrante d’Aragona assedia e incendia il Castello di Pontelandolfo e ne toglie la feudalità al Conte Niccolò Monforte da Gambatesa, reo di essersi schierato dalla parte degli Angioini, per affidarla a Diomede Carafa, Cavaliere Napolitano, primogenito di una lunga dinastia. Il lungo periodo di feudalità aragonese-spagnola e di altri dominatori termina con l’estinzione definitiva della feudalità, nell’anno 1808, quando muore Francesco Carafa, Principe di Colobrano, ultimo feudatario di Pontelandolfo. Il paese si vede risorto a novella vita, poiché i feudatari, anziché badare al miglioramento del feudo e al sollievo dei loro sudditi, attendevano alla oppressione e allo sfruttamento degli sventurati residenti. Da che Pontelandolfo cominciò a sorgere da quel torpore ed avvilimento, in cui giaceva sotto il ferreo giogo del Feudalesimo, tutto lasciava sperare che le sorti della comunità volgessero al meglio, ma una nuova sciagura, la più orrenda tra quelle patite, si abbatté inesorabilmente sul paese. All’alba del 14 agosto 1861, in piena fase risorgimentale e di illusoria fede nel bene, che potesse derivare dall’Unità d’Italia, faticosamente e da poco conseguita, per ordine del criminale di guerra il generale Cialdini, un corpo di spedizione punitiva, composto da 500 bersaglieri piemontesi al comando del tenente-colonnello vicentino Pier Eleonoro Negri, mette a sacco e fuoco l’abitato di Pontelandolfo, i cui cittadini, a torto dipinti come avversari del nuovo Governo Italiano per aver fraternizzato con i reazionari filoborbonici della banda Giordano, colti inermi nel sonno, vengono barbaramente trucidati. Per la terza volta e nello spazio di otto secoli circa, Pontelandolfo è stata fortemente incendiata e tal disgrazia l’ha sempre patita per opera di terzi, e non per propria colpa. Tre volte incendiata, tre volte rasa al suolo, tre volte umiliata, tre volte Pontelandolfo, con orgoglio, ha saputo risorgere dalle ceneri fino ad approdare, a testa alta, sulle sponde del Terzo Millennio.
Gabriele Palladino