Napoli e le paranze della camorra 2.0, Di Fiore racconta come si è evoluta la criminalità
di Gigi Di Fiore
Questo libro fu scritto prima che le storie di camorra facessero a gara, nella loro rappresentazione mediatica, con quelle del don Vito Corleone di Mario Puzo. Prima che la guerra di Scampia diventasse film e fiction di successo, prima che il gergo criminale si facesse idioma giovanile, oltrepassando steccati sociali e ritrosie etiche. La camorra e le sue storie venne pubblicato da Utet nell’ottobre del 2005. Pensai a questo testo per mettere ordine ad una storia organica della camorra di Napoli e provincia, che utilizzasse una narrazione scorrevole senza inventare nulla. Undici anni fa, gli scaffali delle librerie erano inondati da saggi e storie sulla mafia siciliana. In quel momento, la camorra era forma criminale solo residuale nelle narrazioni, argomento più di folklore che di lettura e approfondimento storico.
Negli anni Ottanta del secolo scorso, il silenzio editoriale sulla camorra era stato rotto dal famoso libro di Joe Marrazzo su Raffaele Cutolo, che divenne visibile ad un pubblico più ampio solo dopo il film che da quel soggetto ne ricavò Giuseppe Tornatore: «Il camorrista». Poi, poco dopo, arrivò un originale studio di Isaia Sales. A loro si affiancavano le ricerche accademiche di Marcella Marmo sulla camorra ottocentesca. In quel 2005, mancava una lettura sulla camorra di taglio storico che, basandosi su documenti, utilizzasse anche esperienze in presa diretta, racconti di testimoni e protagonisti. La mia intenzione era mettere ordine ad alcune intuizioni accennate in precedenti lavori, agganciando la storia criminale alla storia, senza definizioni, del Sud e dell’Italia. Non a caso, nei miei saggi sulla storia del Risorgimento non ho mai ignorato il ruolo e la presenza della camorra e della mafia, pure descritte in questo libro e spesso trascurate dagli studiosi della grande storia. Qui si fanno nomi e cognomi di politici, imprenditori e uomini impegnati in varie attività, che si sono relazionati, in vario modo, agli affiliati organici ai clan camorristici. In 11 anni, tante cose sono cambiate. Anche l’attenzione dei media nazionali sulla camorra, dopo l’enorme successo del libro di Roberto Saviano.A Forcella, alla Sanità, ai Quartieri spagnoli, aree di Napoli che definii in questo libro «quartieri-Stato», negli ultimi due anni è esploso un altro fenomeno criminale: sono comparse le cosiddette «paranze dei bimbi», gruppi di ventenni con velleità di potere, privi di solidi agganci con i vecchi boss in carcere. In pochi mesi, si è assistito ad una sorta di frenesia criminale priva di strategia: omicidi incomprensibili commessi d’impulso, piccoli spazi di territorio controllati attraverso atti di violenza senza motivo. Sono i ventenni 2.0, che uccidono e se ne vantano su Facebook: più che vivere la realtà preferiscono quella virtuale degli smartphone e dei social network. Ventenni che scimmiottano i loro riferimenti ideali, rappresentati dai boss protagonisti delle fiction celebrative dell’etica del male. Ventenni privi di esempi criminali reali cui riferirsi, perché quelli in carne e ossa nel centro storico napoletano non ci sono più. Lo scorso anno, a Napoli è stato ricordato il trentesimo anniversario dell’omicidio di Giancarlo Siani.
Quando uscì questo libro, ne erano trascorsi venti. A differenza di quel 2005, Napoli sembra però avvolta da una preoccupante assuefazione alle presenze criminali. Nel 2015, il clima di assuefazione è sembrato più evidente dopo gli agguati mortali nel centro storico. È il dopo repressione giudiziaria che continua a latitare. La rioccupazione di spazi sociali lasciati liberi dai protagonisti criminali. La battaglia da combattere resta soprattutto quella extragiudiziaria e lo hanno dimostrato gli anni trascorsi dalla prima edizione de La camorra e le sue storie. Sono indispensabili gli arresti, ma serve il controllo e l’intervento sociale sul territorio. Una battaglia che coinvolge davvero tutti. Più eroi del quotidiano e meno eroi da innalzare a simboli. Servono esempi di tutti i giorni. Rispetto all’edizione del 2005, ci sono cento pagine in più per raccontare le vicende delle «paranze dei bimbi» e le controverse storie di Quarto e Giugliano. Per il resto, il saggio resta ancora e soprattutto una ricostruzione storica della camorra napoletana dalle origini a oggi. Credo che, rileggendolo, undici anni dopo il libro conservi la sua freschezza e la sua caratteristica di documento d’interpretazione e racconto sempre di attualità.